Don Riccardo, con la Parola rendi la tua testimonianza di fede più bella”
"Grazie, Eccellenza Reverendissima, per il suo accompagnamento - afferma don Riccardo Di Ciano -, la sua guida e la sua vicinanza. Grazie perché Vostra Eccellenza è stata la stella che ha brillato e ha continuato a brillare soprattutto quando era notte, infondendo nel mio cuore coraggio e speranza e indicando il cammino da seguire"
L'arcivescovo Valentinetti impone le mani su Riccardo Di Ciano, neo presbitero della Chiesa di Pescara-Penne
PER L’ARCIVESCOVO VALENTINETTI IL 25° SACERDOTE ORDINATO, “FORSE L’ULTIMO”
Ieri sera, nella Cattedrale di San Cetteo a Pescara, il giovane diacono 26enne pescarese Riccardo Di Ciano è stato ordinato sacerdote dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti, che ha presieduto una santa messa solenne concelebrata dai sacerdoti dell’Arcidiocesi. Ma per il presule, quest’ultima, non è stata un’ordinazione sacerdotale come le altre: «Entrando nella Cattedrale – esordisce l’arcivescovo Valentinetti – ho avuto un brivido di emozione, perché in 25 anni di episcopato e 20 anni a servizio di questa Chiesa locale questo è il 25° sacerdote che ordino a servizio della Chiesa di Pescara Penne. Ma il brivido è anche perché forse, non devo mettere limiti alla Provvidenza, è l’ultimo che ordinerò, in quanto per ora non avremo altre ordinazioni e quindi io, se tutto va come dovrebbe andare, tra due anni sarò in pensione. Ma ringrazio il Signore di questi doni. Sono tutti bravi ragazzi. Li chiamo ragazzi perché sono, in gran parte, molto giovani. E il Signore ricompensi le famiglie e le parrocchie di questi sacerdoti. Ma è uno stimolo per pregare il Padrone della messe, perché mandi operai nella sua messe. Perché ci sia chi ama Dio sopra ogni cosa».
L’OMELIA DI MONS. VALENTINETTI: “GUAI A UNA FEDE CHE AMA DIO, TRALASCIANDO I FRATELLI”

Dopo la presentazione del candidato al sacerdozio, l’arcivescovo di Pescara-Penne ha pronunciato l’omelia in gran parte dedicata al neo presbitero, ispirandosi alla Parola di Dio della ventitreesima domenica del tempo ordinario: «Carissimi fratelli, carissime sorelle, carissimo Riccardo – afferma monsignor Valentinetti -, quando ho scelto questo giorno per la tua ordinazione presbiterale, non sono andato a guardare la pagina del Vangelo, che come hai ascoltato e come avete ascoltato, è molto esigente almeno su tre livelli. Il livello di un amore profondo per il Signore Gesù, il livello di saper portare la propria croce dietro Gesù e il livello di una ricerca della sapienza, la quale è stata sottolineata anche dalla prima lettura del Libro della Sapienza che abbiamo proclamato. Mamma e papà staranno pensando… “Ho perso un figlio”. No, non è così. La Parola del Vangelo di questa domenica va compresa molto bene. Gesù vuole essere amato e vuole essere amato di un amore viscerale, di un amore che non conosce confini, né di spazio né di tempo, un amore che dà la vita. Così come tu, questa sera, sarai ordinato per dare la vita per il Signore Gesù e per la Chiesa. Ma in questo dare la vita e in questo amore, Gesù vuole essere il primo. Ma questo è vero per te, per me, per i confratelli presbiteri e diaconi presenti, ma è vero anche per tutti i battezzati. Gesù vuole essere il primo da amare però, è qui che dobbiamo comprendere bene la parola del Vangelo, non vuole essere l’esclusivo. Vuole essere il primo, sì, con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze, ma non vuole essere solo Lui».

Da qui il monito espresso dall’alto prelato: «Guai a una fede, a una religione che ama Dio e esclude i fratelli – avverte l’arcivescovo -. I due grandi comandamenti, “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente, con tutto te stesso” e “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. E chi è il prossimo tuo? Tua mamma, tuo papà, tuo fratello. Per noi tutti, dunque, questo amore dev’essere prima di tutto viscerale, ma non esclusivo. Del resto, come potremmo rescindere i legami di sangue? Come potremmo rescindere i legami di generazione? Come potremmo rescindere i legami di affettività che sono costruiti dal grembo materno, fino ad arrivare alla maturità e alla pienezza della vita? Ma amare il Signore per primo e non esclusivo, significa avere il coraggio di portare la croce, perché l’amore chiede la vita interpretata dal mistero della croce. Ma non una croce “doloristica”, che fa paura, sanguinolenta, ma una croce amorevole. Quella croce che sul Calvario riesce a dire parole come “Donna, ecco tuo Figlio. Figlio, ecco tua madre”. Una croce che interpreta la vita, l’amore per la verità, l’amore per la giustizia, l’amore per i poveri, l’amore per i malati, l’amore per gli ultimi, l’amore per gli immigrati, l’amore che va a scoprire tutte le fasce della vita a cui un presbitero è mandato, l’amore per quelle persone che ti saranno affidate nel tuo ministero pastorale. Quella è la vera croce. Dentro un’interpretazione amorosa e bella di questa dimensione della vita, la croce non fa paura, non è insopportabile».

A tal proposito, monsignor Tommaso Valentinetti ha dato una testimonianza personale, per poi rivolgersi direttamente a Riccardo Di Ciano: «Non vorrei annoiarvi – racconta il presule -, ma se dovessi raccontarvi venticinque anni di croce, se dovessi raccontarvi quarantotto anni di croce – sono al quarantottesimo anno di vita sacerdotale – se dovessi raccontare gli eventi della vita all’interno delle Diocesi di Pescara-Penne e di Termoli-Larino, l’amore è più forte di ogni menzogna, è più forte di ogni calunnia, è più forte di una verità che viene contrabandata, ma non è vera. Una verità che fa solo paura e tristezza. E allora, da questo amore la ricerca della sapienza. Dove cerchi la sapienza? Quale sapienza cerchi? Non manchi mai nelle tue giornate la lectio divina. La Parola, sì, la Parola di Dio incarnata nella tua storia. Non una Parola per la predicazione, ma incarnata per la tua storia, per la tua vita. Una Parola che fa diventare la tua testimonianza di fede a Cristo crocifisso e risorto, la più bella evangelizzazione che puoi fare nella tua esistenza. Il Signore, carissimo Riccardo, ti accompagni, ti benedica, ti sostenga e sostenga la tua famiglia, la comunità parrocchiale presso cui ti sei formato, la casa dei poveri della Caritas – dove hai svolto il tuo servizio – e tutte le altre dimensioni di vita che ti hanno preparato ad assumere gli impegni sacerdotali. Non avete perso un figlio – conclude l’arcivescovo Valentinetti, con un filo di commozione – l’avete guadagnato. Amen».

Quindi ha avuto luogo il rito di ordinazione vero e proprio del giovane pescarese, con la presa degli impegni dell’eletto presbitero, la preghiera sulle litanie dei santi, l’imposizione delle mani da parte dell’arcivescovo Valentinetti e di tutti i sacerdoti concelebranti, la preghiera di ordinazione. Infine i riti esplicativi, con la vestizione degli abiti sacerdotali che don Riccardo ha indossato aiutato dal parroco e vicario foraneo di Castiglione Messer Raimondo don Michele Cocomazzi (comunità presso la quale il neo presbitero ha svolto il servizio pastorale da seminarista, nonché da diacono in transito negli ultimi sei mesi), l’unzione delle mani del giovane con il Crisma, la consegna del pane e del vino e infine l’abbraccio liberatorio con l’arcivescovo di Pescara-Penne.
DON RICCARDO: “QUANTO DI BUONO NELLA MIA VITA E’ UN RIFLESSO DELLA GRAZIA DI DIO”

In seguito, al termine della liturgia eucaristica, è stato il neo sacerdote della Chiesa di Pescara-Penne a pronunciare alcune parole di ringraziamento: «“Le stelle hanno brillato nei loro posti di guardia – afferma don Riccardo, citando i versi del profeta Baruc (3,34-35) – e hanno gioito. Egli le ha chiamate ed hanno risposto ‘eccoci’ e hanno brillato di gioia per colui che le ha create”. Tutto quello che di bello, di buono, di santo e di vero c’è stato e c’è nella mia vita, altro non è che un riflesso della luce che è la grazia di Dio, di Colui che è luce e dà luce. Gesù Cristo che viene nel mondo per illuminare il buio dell’esistenza umana con la luce della verità e del suo amore. In questo giorno, in cui ho la grazia di ricevere il dono dell’ordine sacro nel grado del presbiterato, il mio rendimento di grazie si eleva al Dio unitrino che ha acceso la mia esistenza e l’ha illuminata con il suo amore, chiamandomi a servirlo nella Chiesa. Rendo grazie al Signore per il dono di quelle persone e di quelle realtà che hanno fatto risplendere la grazia di Dio nella mia vita. Grazie, Eccellenza Reverendissima, per il suo accompagnamento, la sua guida e la sua vicinanza. Grazie perché Vostra Eccellenza è stata la stella che ha brillato e ha continuato a brillare soprattutto quando era notte, infondendo nel mio cuore coraggio e speranza e indicando il cammino da seguire. Ricordo che un giorno, Vostra Eccellenza, trovandosi in seminario per il conferimento dei ministeri, ebbe a dire che “quando a un vescovo toccano un seminarista è come se gli mettessero le dita negli occhi”. Questa espressione riscosse grande successo tra i seminaristi. Grazie per l’attenzione e la cura che ha avuto per me e che ha per ognuno di noi. Perché un vescovo lo hanno tutti i seminaristi, ma avere un padre come vescovo è un dono che il Signore ha riservato a noi. Grazie a te, carissimo don Michele (Cocomazzi), per il tuo accompagnamento, la tua guida e il tuo esempio. Grazie, perché stare con te è stare a una catechesi di vivente di donazione totale e incondizionata alla cura delle anime. Grazie per la bella e preziosa testimonianza di vita sacerdotale che hai donato alla mia vita e che custodirò per sempre nel cuore. Come qualche volta hai detto, fin dal tuo arrivo a Castiglione eri solito far pregare il rosario nel mese di luglio, con l’intenzione speciale di suscitare una vocazione. Il Signore ha esaudito a suo modo questa preghiera, disponendo che venissi affidato alle tue cure e a quelle della comunità castiglionese. Un grazie grande va alla comunità castiglionese e montesicchese per l’accoglienza e la vicinanza di questi anni. Tanti sono stati i momenti vissuti insieme e tante le persone, i volti, le persone che porto nel cuore e hanno segnato la mia vita. Dovunque il Signore mi condurrà, vi porterò sempre con me nella certezza che dal Santuario di San Donato la luce di santità che rifulge dal nostro martire, accompagna e illumina sempre il cammino dei suoi figli, soprattutto quando ricorrono a lui nel momento del bisogno. Un saluto e una benedizione speciale alle comunità di Villa Bozza e Castilenti con cui abbiamo camminato insieme in questi ultimi mesi. Camminiamo saldi nella speranza che è Cristo risorto che illumina, con la sua luce, le pieghe della storia e il cammino di ogni credente. Grazie alla comunità sansilvestrese (di San Silvestro a Pescara), mia comunità d’origine. Per me e per i sansilvestresi, che mi hanno visto nascere e crescere, oggi è un giorno di festa, perché io mi ricordo di quando ero bambino e andavo in giro per le strade del mio paese a dire che da grande avrei voluto fare il prete. Un grazie in particolare a coloro che non hanno mai mancato di pregare per me, affinché il Signore potesse dare compimento alle sue promesse; alle monache del Carmelo di Pescara e alle monache agostiniane dei Santi Quattro Coronati e a tutti quelli che mi hanno accompagnato in questi anni, anche a distanza, con la loro vicinanza spirituale. Grazie a mamma, papà e Alessio per tutto quello che avete fatto per me. Siete la mia famiglia, il luogo primordiale in cui ho conosciuto l’amore di Dio nella mia vita. Ai miei nonni e in particolare alle mie nonne, che oggi non ci sono più ma che sono state le stelle più belle del firmamento della mia esistenza, stelle che ancora oggi continuano a brillare nell’eternità. Grazie a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questa celebrazione. Al Coro diocesano per la collaborazione di questi anni nel canto, ai seminaristi, compagni di viaggio di ieri e di oggi, ai docenti, ai sacerdoti, in particolare a padre Paul Finnerty – rettore del Pontificio Collegio Irlandese – che questa sera ci onora con la sua presenza. Ai diaconi, alle autorità, ai civili presenti e a tutti i fedeli. Su ciascuno scenda copiosa la benedizione del Signore e a ciascuno in questo anno santo, Giubileo della speranza, giunga la luce dell’amore di Dio. Quella luce in grado di accendere e far brillare ogni esistenza. Un ringraziamento alla Caritas diocesana e, in particolare, al suo direttore Corrado De Dominicis».

Dopo la lettura della benedizione apostolica impartita a don Ricardo da Papa Leone XIV, è stato l’arcivescovo Valentinetti ad annunciare il primo incarico per il nuovo presbitero: «Siccome i discorsi gli riescono bene, ho visto che si è difeso molto bene – sottolinea il presule -, allora può assumere già da adesso alcuni impegni. Pertanto da domani (oggi per chi legge) sarà amministratore parrocchiale delle parrocchie di Castilenti e Villa Bozza. Questo è il motivo perché la Cattedrale rifulge di abitanti di Castilenti, di Villa Bozza, Castiglione e Montefino. Vi ringrazio per essere venuti e la benedizione che sto per dare, a lui in modo particolare, scenda anche su di voi e sulle vostre famiglie». Intanto stamani, alle 11.30, don Riccardo Di Ciano ha celebrato la sua prima Eucaristia nel Santurario di San Donato Martire a Castiglione Messer Raimondo.


