“Scegliamo il sì obbediente di Maria per non vivere nella paura”

È stata una festa nella festa, quella vissuta ieri dalla Chiesa di Pescara-Penne che, nella Cattedrale di San Cetteo, non solo ha celebrato la solennità dell’Immacolata concezione della Beata Vergine Maria, ma anche il secolo di presenza delle Suore delle Figlie dei sacri cuori di Gesù e di Maria, meglio conosciute come suore di Ravasco. Ovvero il cognome della Beata Eugenia, fondatrice della congregazione che a Pescara ha ubicato due sedi, due plessi scolastici in viale Bovio e via Italica dai quali sono usciti diplomati generazioni di studenti pescaresi.

Così, ieri mattina, la comunità diocesana e cittadina ha reso loro omaggio mentre le suore, dal canto loro, hanno ringraziato Dio per questo secolo di presenza così virtuosa: «Grazie – afferma suor Miranda Ruscitti, superiora dell’Istituto Ravasco di Pescara – per averci chiamate accanto a sé e per la Parola che ci farà sentire nel cuore. Grazie per il dono meraviglioso di Maria, Madre di Dio, madre e maestra nostra. Grazie per il bene che Egli ha realizzato nella nostra città, in questi 100 anni di presenza delle suore Ravasco che, nella loro missione, si sono sempre impegnate – col suo aiuto – ad evangelizzare, educando generazioni di giovani. Riconoscenti, deponiamo il nostro grazie nelle mani della Vergine immacolata, perché lo presenti al Signore nostro Gesù, Figlio e Salvatore nostro».
Poco dopo, all’inizio della santa messa solenne, è stato l’arcivescovo di Pescara-Penne a salutare calorosamente le religiose: «Liturgia solenne dell’immacolata concezione della Beata Vergine Maria – esordisce monsignor Tommaso Valentinetti -, rendimento di grazie perché una presenza educativa oggi benedice il Signore per aver servito tante generazioni. Le suore di Ravasco, da un secolo presenti nella nostra comunità diocesana, le accompagniamo con la nostra preghiera e con la nostra simpatia».
Nell’omelia seguente, l’arcivescovo Valentinetti si è soffermato sulle letture del giorno (Gen 3,9-15.20, Ef 1,3-6.11-12 e Lc 1, 26-38): «Le letture di questa solennità – approfondisce – ci invitano a rispondere a una domanda. La domanda stessa che Dio ha fatto all’uomo “Adamo dove sei? Dove si è collocato l’uomo?”. La reazione a questa domanda è terribile. La creatura ha paura del Creatore “Mi sono nascosto perché sono nudo, perché ho avuto paura”. È come se il figlio avesse paura del padre o della madre. La paura attanaglia quest’uomo, che si sente nudo non solo fisicamente, ma anche interiormente. Non ha più nulla, non ha più nemmeno la comunione con quella creatura che era stata tratta dalla sua stessa realtà e che l’aveva fatto esultare di gioia “Finalmente ossa delle mie ossa, carne della mia carne”. L’accusa è immediata, “La donna mi ha dato dell’albero. La donna si è resa protagonista della mia paura, della mia nudità del mio essere niente”. E, a loro volta, la donna e l’uomo vanno in conflitto anche con il creato, ovvero il serpente, la creatura della terra. Il serpente li ha ingannati. Ma in quel serpente c’è tutta la drammaticità delle forze delle tenebre, delle forze oscure che poi – secondo la narrazione biblica – si scateneranno nel diluvio universale. Tutto dev’essere distrutto, perché tutto è diventato realtà negativa. E tutto questo per quale motivo? Per una disobbedienza, per un atto di non sottomissione, per un atto di rinuncia a un proprio progetto per aderire a un altro progetto. Ma ci si doveva mettere riparo, perché le cose non potevano continuare così. Non ci potevano essere continui diluvi universali, non ci poteva essere la paura, non ci poteva essere la nudità, ci doveva essere qualcos’altro».

E allora ecco la proposta fatta dal Vangelo, che invita a compiere un atto di obbedienza verso un mistero: «Anche il non mangiare dall’albero – ricorda monsignor Valentinetti – era un mistero, così come lo è la proposta che l’angelo fa a Maria “Concepirai e partorirai un figlio”. Com’è possibile? Ma Maria non ha paura. È turbata sì, perché non conosce uomo, ma non c’è la paura, non c’è il terrore, non c’è assolutamente la non comprensione della sua armonia col creato, anche se concepirà un figlio senza l’intervento umano. “Lo Spirito Santo scenderà sopra di te e ti coprirà con la sua ombra e ciò che nascerà da te, sarà dunque Santo e chiamato Figlio di Dio”. A tutto quel disastro viene messo riparo con un atto d’amore, con un atto di obbedienza, con un atto di consegna, con un atto di pace, con un atto che poi farà esultare la riflessione teologica della Chiesa primitiva e soprattutto di San Paolo “Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale, nei cieli, in Cristo”. Perché ci ha scelto, perché facciamo parte anche noi di questo mistero». Da qui la domanda fondamentale: «Dobbiamo scegliere – sottolinea monsignor Tommaso Valentinetti -. Vogliamo collocarci nella realtà magmatica e confusa della paura e della nudità di Adamo o nel “sì” obbediente di Maria?».
A tal proposito, il presule ha rivolto ancora un pensiero alle suore di Ravasco: «A voi – afferma -, care sorelle, che avete detto “sì” nella vostra vita al Signore, nella consacrazione religiosa e nell’attività educativa in questo istituto di cui rendiamo grazie al Signore, possa concedere la misericordia di Dio di essere sempre collocati dentro quel “sì” di Maria, dentro quella vicenda d’amore per continuare a dire “sì” con la vostra vita personale, ma per continuare a dire “sì” anche con il vostro istituto, nel cuore di questa Chiesa locale da 100 anni e chissà ancora per quanti anni, ci auguriamo almeno per altri 100. Ma che realmente sia quel vostro “sì” la capacità di educare tanti ragazzi a dire il loro sì, umanamente e cristianamente, al progetto di Dio».