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“Sono diacono per essere ponte tra la Chiesa e il popolo di Dio”

'Come dice Gesù - cita Domenico Gargiulo - "Non sono venuto per essere servito, ma per servire e dare la mia vita in riscatto di molti". Quindi è questo che si chiede al diacono, dare la propria vita a tutti e quindi mettersi a servizio, non essendo serviti e riveriti'

Lo ha affermato il giovane Domenico Gargiulo, che lo scorso 7 giugno è stato ordinato diacono dall’arcivescovo Valentinetti in attesa di diventare sacerdote

Domenico Gargiulo indossa i paramenti da diacono

Domenico Gargiulo, giovane trentacinquenne originario di Torre del Greco (in provincia di Napoli), lo scorso 7 giugno è stato ordinato diacono in transito dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti, presso il Santuario di Santa Irene a Catignano (Pescara). Insieme ad altri tre confratelli fa parte della Fraternità sacerdotale del Fiat, che fa riferimento alla Comunità della Madia di Fratel Enzo Bianchi, diretta da Padre Mario Granato che coordina anche l’Unità pastorale di Catignano, Vicoli, Civitaquana e Brittoli. In questi giorni il neo diacono e futuro sacerdote, si è presentato alla comunità diocesana pescarese, rilasciando un’intervista a Radio Speranza InBlu e a La Porzione.it.

Domenico, com’è iniziato questo tuo percorso di avvicinamento al diaconato?

«Ho iniziato i miei studi alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale a Napoli, a Capodimonte. Ho iniziato i miei studi e poi, facendo un po’ di discernimento, nel 2018 conobbi questa piccola realtà di Padre Mario e lì poi decisi di iniziare il mio cammino, prima verso la vita consacrata – perché l’idea era di vivere da consacrato – e poi – sotto il discernimento della Chiesa – arrivare al diaconato e al presbiterato. Padre Mario, all’epoca era un sacerdote operativo in Campania. Lui è stato un sacerdote della Diocesi di Benevento, che poi aveva avuto questa ispirazione di formare una piccola fraternità, che non vuole essere né un ordine né una congregazione nulla, dei fratelli che vivono insieme».

Ma com’è nata la tua vocazione?

«La mia vocazione è nata sui treni bianchi all’Unitalsi, intorno al 2007 e poi, da lì, mettendomi a servizio degli ammalati e dei fragili. Lì ho iniziato a sentire questa chiamata. Poi ho vissuto sempre la mia vita a servizio della parrocchia e quindi, vivendo le attività parrocchiali, l’Azione cattolica e i gruppi giovanili, ho iniziato a fare un discernimento più approfondito. Quest’ultimo è durato un po’ di anni in più, perché non si era mai pronti a fare lo slancio per partire seriamente e poi ecco che nel 2018, dopo aver concluso gli studi teologici e il baccalaureato, ho intrapreso questa vita un po’ più fraterna, anche sacerdotale ma fraterna, per vivere momenti di comunione, di preghiera e di vita comune».

Che cammino è stato questa tua preparazione, prima teologica, poi in fraternità? Che anni sono stati questi che hanno preceduto questa ordinazione diaconale?

«Sono stati degli anni belli, ma anche forti perché ci si immerge totalmente nella vita delle persone, nella vita quotidiana dove sei più a contatto con loro. Come dice Papa Francesco, bisogna andare nelle periferie e, proprio stando tra la gente, comprendi la necessità di quanto la gente ha bisogno del Signore. Perché oggi si parla di povertà, ma non solo materiale, ma c’è tanta povertà spirituale e quindi questo è ciò che mi ha fortificato in questi anni».

Tu hai fatto questa scelta forte della fraternità sacerdotale, del vivere una vita monastica, anche se poi da sacerdote secolare. Qual è il valore aggiunto di questa scelta per te?

«Perché il vivere la vita fraterna ti aiuta umanamente a donarti agli altri. E allo stesso momento anche la vita di preghiera, perché la vita di preghiera comunitaria ti aiuta anche personalmente a crescere spiritualmente. Poi è nato questo connubio tra la vita fraterna, quella sacerdotale e quella diocesana».

Come Fraternità del Fiat, siete stati chiamati ad operare in una realtà rurale, un’unità pastorale collinare all’interno della Arcidiocesi di Pescara Penne, non molto popolata ma molto estesa con tutte le problematiche annesse e connesse, a partire dalla mancanza dei servizi. Quindi voi siete anche un presidio sociale, oltre che spirituale. Come vi sentite ad operare in questa realtà complessa, ma sicuramente anche molto accogliente?

«Dopo i sei anni già trascorsi nella zona di Castilenti, Villa Bozza e Montefino, posso dire che abbiamo trovato tanta accoglienza e veramente stiamo cercando, anche se siamo qui nella zona di Catignano solo da un mese, di incarnarci all’interno di queste piccole realtà che hanno necessità di essere accompagnate, di essere guidate. Una necessità che emerge anche dall’esperienza dei ragazzi con l’esperienza dei ragazzi, che chiedono una Chiesa unita, nella quale possano fare un cammino insieme, tutte e quattro le realtà, ma non come singole, perché ci si inizia a comprendere, a rendersi conto che da soli non si può andare da nessuna parte».

Voi, dallo scorso 3 maggio, vi siete insediati nel complesso di Santa Irene a Catignano: com’è stata l’accoglienza?

«È stata un’accoglienza molto calorosa e molto rispettosa. Sono disponibili in tutto. Qualsiasi cosa loro chiedono, noi ci siamo e viceversa anche loro sono disponibili verso di noi. Sono calorosi, sono molto calorosi».

Ora che sei diacono, per te qual è l’importanza di quest’ultimo passaggio prima del sacerdozio?

«Come ben sappiamo il diacono è chiamato a mettersi a servizio e non a stare sul piedistallo o a sentirsi un mezzo prete, il diacono è chiamato, più che dimostrare, a trasmettere l’amore di Dio misericordioso, sia nelle liturgie, sia nella pastorale, sia nell’accompagnamento delle persone. Sento di vivere questo diaconato come ponte tra la Chiesa e il popolo santo di Dio e quindi donare al popolo santo di Dio il suo l’amore misericordioso. Come dice Gesù “Non sono venuto per essere servito, ma per servire e dare la mia vita in riscatto di molti”. Quindi è questo che si chiede al diacono, dare la propria vita a tutti e quindi mettersi a servizio, non essendo serviti e riveriti».

Quindi quali sono i tuoi auspici per quest’anno di diaconato che ti separa diciamo dal sacerdozio?

«Mettermi a servizio della Chiesa completamente e far conoscere anche un po’ la mia persona, sia a livello liturgico, pastorale che caritativo». 

About Davide De Amicis (4766 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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