“Condividiamo come un’unica Chiesa, per essere degni dell’Eucaristia”
"Dunque - osserva monsignor Valentinetti -, l'attenzione della Chiesa verso l'Eucaristia e sappiamo quanto è importante l'attenzione di noi credenti verso l’Eucaristia. Dovremmo essere più convinti e più partecipi della vita eucaristica!"

Ieri sera l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti, presiedendo la santa messa solenne del Corpus Domini – nella Cattedrale di San Cetteo a Pescara gremita da fedeli e autorità – ha introdotto il rito con la frase “Venite adoriamo”: «È l’espressione che può sintetizzare il mistero eucaristico che si celebra in questa liturgia», premette il presule.

Nella successiva omelia, l’arcivescovo Valentinetti ha avviato la sua riflessione riprendendo i versi del Vangelo (Lc 9,11b-17, l’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci): «Che questo passo evangelico possa collegarsi con il mistero dell’Eucaristia – osserva l’arcivescovo di Pescara-Penne -, è abbastanza semplice comprenderlo e capirlo. Non tanto e non solo perché è l’unico passo evangelico che viene raccontato sei volte, due in Marco, due in Matteo, uno in Luca (il brano che abbiamo ascoltato), e uno in Giovanni. E anche i segni che vengono messi in evidenza sono segni eucaristici, o meglio, segni di comunità che si raduna per celebrare la Sacra Sinassi, l’Eucaristia. All’inizio della celebrazione ho esortato dicendo “Venite, adoriamo”. Perché dobbiamo adorare? Prima di tutto perché finalmente il pane non è più pane, il vino non è più vino, ma corpo e sangue di Nostro Signore Gesù Cristo. Ma dobbiamo adorare anche perché la Chiesa fa l’Eucaristia, ma l’Eucaristia fa la Chiesa. Senza l’Eucaristia non c’è la Chiesa. Solo con l’Eucaristia c’è la Chiesa. Il segno di “farli sedere 50 per 50” sta proprio a rappresentare quella dimensione eucaristica che la Chiesa primitiva ha sperimentato fin dai primi momenti quando, radunata in piccoli gruppi, celebrava la memoria dell’ultima cena, quando Gesù aveva detto “Fate questo in memoria di me”. Dunque, l’attenzione della Chiesa verso l’Eucaristia e sappiamo quanto è importante l’attenzione di noi credenti verso l’Eucaristia. Dovremmo essere più convinti e più partecipi della vita eucaristica!».
Fatto questo preambolo, monsignor Valentinetti ha analizzato il brano evangelico ancor più in profondità: «Il testo è molto significativo – sottolinea -, perché la prima cosa che Gesù fa – nel momento in cui i discepoli si lavano le mani e gli chiedono di congedare la folla, perché vadano a prendere quanto necessario per il cibo – è quella di dire, “No, date voi stessi da mangiare”. E la replica dei discepoli, “Non abbiamo niente da mangiare, né noi né per tutta questa gente, solo poca roba”. Dunque, come fare? Gesù fa un’operazione importantissima… “Fateli sedere, dategli voi stessi da mangiare”. Gesù, ricordatevi questa parola, corresponsabilizza quella comunità che lo seguiva dalla Galilea. Una corresponsabilizzazione su quello che era necessario per quella gente in quel momento. Ma poi Gesù, nel momento in cui recepisce i pani e i pesci, non li distribuisce così come potrebbe essere una distribuzione per chi deve prendere qualcosa da mangiare. Il testo dice che Gesù “spezzò il pane”. Del resto, uno dei gesti importanti della sinassi eucaristica è la cosiddetta “Fractio panis”, lo spezzarsi del pane prima della comunione. E in quel momento Gesù condivide, non dà, ma condivide. E dice ai discepoli, “Condividete, non distribuite”».

Un principio, quest’ultimo, che per l’arcivescovo merita un’ulteriore sottolineatura: «Fratelli – ammonisce il presule -, credo che questa sia una riflessione che ci debba toccare un po’ più nella profondità, sia da un punto di vista materiale, sia da un punto di vista spirituale. Da un punto di vista materiale, siamo capaci di corresponsabilità di fronte ai grandi problemi della fame nel mondo, nella necessità di cibo che hanno tante persone che vivono nell’indigenza? Una corresponsabilità che noi cristiani dobbiamo sentire in prima persona! E soprattutto, siamo capaci di condividere? Non di dare il superfluo, ma di condividere quello che abbiamo? Siamo tutti peccatori da questo punto di vista. Dobbiamo dire, “Signore, abbi misericordia di me, perché sono un peccatore”, perché è molto più facile dare il superfluo più che condividere. La Caritas diocesana, in questi ultimi anni, aveva chiesto di invitare un povero al pranzo di Natale, a casa, per condividere veramente. Non mettersi sul piedistallo e preparare il pranzo per i poveri. Cosa buona, cosa santa, cosa giusta, ma non è ancora una condivisione piena. Il povero che ci inquieta, il povero che è seduto fuori, mezzo nudo, che tutti quanti abbiamo visto entrando in chiesa! Fratelli, sorelle, la corresponsabilità e la condivisione, però, hanno anche una dimensione spirituale. Siamo capaci di corresponsabilità nella catechesi? Siamo capaci di corresponsabilità nella liturgia? Siamo capaci di corresponsabilità dentro la gestione della vita delle comunità parrocchiali? Oppure abbiamo un Consiglio pastorale che annuisce e un Consiglio degli affari economici che, qualche volta, ci fa qualche osservazione. Questo lo dico ai miei fratelli sacerdoti… Forse un po’ più di snellezza e un po’ più di verità su queste cose, non farebbe male a nessuno. Ma poi c’è una condivisione di progetti, di novità, di sentirci finalmente un’unica Chiesa che può partecipare, sì, a quel punto degnamente, alla comunione eucaristica».
Infine l’invocazione di monsignor Tommaso Valentinetti: «Che il Signore ci conceda misericordia – conclude l’alto prelato -. La conceda soprattutto a me, perché il responsabile della Chiesa diocesana sono io e chiedo perdono al Signore delle mie mancanze su questa riflessione che ho proposto anche a voi. Ma il Signore ci aiuti a vivere nella verità, la verità del Vangelo che – ancora una volta – ci incomoda e guai se il Vangelo non ci incomoda. Amen».

Al termine della liturgia eucaristica, ha avuto luogo la processione del Corpus Domini sulle strade di Pescara Porte Nuova. Il corteo è partito infatti dalla Cattedrale di San Cetteo, per giungere nella parrocchia di San Luigi Gonzaga, dopo aver attraversato viale Gabriele D’Annunzio: «Un percorso diverso dal solito – precisa l’arcivescovo Valentinetti -, rispetto agli anni scorsi in cui la processione arrivana nella chiesa dello Spirito Santo – sia per valorizzare la festa di San Luigi in corso di svolgimento, ma anche per porre al centro dell’attenzione il quartiere di Porta Nuova così come abbiamo fatto per altri quartieri in precedenti eventi liturgici».
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