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Poveri: “Per i cristiani sono la stessa carne di Cristo”

"Non è possibile dimenticare i poveri - ammonisce Papa Leone -, se non vogliamo uscire dalla corrente viva della Chiesa che sgorga dal Vangelo e feconda ogni momento storico"

Lo ha affermato Papa Leone XIV nell’esortazione apostolica “Dilexi te”, pubblicata nei giorni scorsi, ancor più rilevante nell’odierna Giornata mondiale dei poveri

Papa Leone XIV - Foto: Vatican media/Sir

È stata scritta in continuità con l’enciclica “Dilexit nos” di Papa Francesco, l’esortazione apostolica “Dilexi te” – pubblicata nei giorni scorsi – che Papa Leone XIV ha ultimato (pubblicando il suo primo documento magisteriale) portando a termine il lavoro che il suo predecessore aveva compiuto negli ultimi mesi di vita: «La condizione dei poveri – scrive il Papa – rappresenta un grido che, nella storia dell’umanità, interpella costantemente la nostra vita, le nostre società, i sistemi politici ed economici e, non da ultimo, anche la Chiesa. Tutto ciò condividendo il desiderio dell’amato predecessore, che tutti i cristiani possano percepire il forte nesso che esiste tra l’amore di Cristo e la sua chiamata a farci vicini ai poveri. Esistono molte forme di povertà. Quella di chi non ha mezzi di sostentamento materiale, la povertà di chi è emarginato socialmente e non ha strumenti per dare voce alla propria dignità e alle proprie capacità, la povertà morale e spirituale, la povertà culturale, quella di chi si trova in una condizione di debolezza o fragilità personale o sociale, la povertà di chi non ha diritti, non ha spazio, non ha libertà».

A questo punto il Pontefice ha fatto una constatazione: «L’impegno a favore dei poveri e per rimuovere le cause sociali e strutturali della povertà – osserva -, pur essendo diventato importante negli ultimi decenni, rimane sempre insufficiente; anche perché le società in cui viviamo spesso privilegiano criteri di orientamento dell’esistenza e della politica segnati da numerose disuguaglianze e, perciò, a vecchie povertà di cui abbiamo preso coscienza e che si tenta di contrastare, se ne aggiungono di nuove, talvolta più sottili e pericolose. Da questo punto di vista, è da salutare con favore il fatto che le Nazioni Unite abbiano posto la sconfitta della povertà come uno degli obiettivi del Millennio».

Da qui l’esigenza di alzare ulteriormente l’asticella nella lotta contro la povertà: «All’impegno concreto per i poveri – esorta il Santo Padre – occorre associare una trasformazione di mentalità che possa incidere a livello culturale». Questo perché esiste «l’illusione di una felicità – rileva Papa Leone – che deriva da una vita agiata, la quale spinge molte persone verso una visione dell’esistenza imperniata sull’accumulo della ricchezza e sul successo sociale a tutti i costi, da conseguire anche a scapito degli altri e profittando di ideali sociali e sistemi politico-economici ingiusti, che favoriscono i più forti. Così, in un mondo dove sempre più numerosi sono i poveri, paradossalmente vediamo anche crescere alcune élite di ricchi, che vivono nella bolla di condizioni molto confortevoli e lussuose, quasi in un altro mondo rispetto alla gente comune. Ciò significa che ancora persiste – a volte ben mascherata – una cultura che scarta gli altri senza neanche accorgersene e tollera con indifferenza che milioni di persone muoiano di fame o sopravvivano in condizioni indegne dell’essere umano».

Per questo, Leone XIV ha rivolto un appello: «Sulla povertà non dobbiamo abbassare la guardia – ammonisce il Papa -. In particolare ci preoccupano le gravi condizioni in cui versano moltissime persone a causa della mancanza di cibo e di acqua. Ogni giorno muoiono migliaia di persone per cause legate alla malnutrizione. Anche nei Paesi ricchi le cifre relative al numero dei poveri non sono meno preoccupanti. In Europa sono sempre di più le famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese, con crescenti disuguaglianze anche in contesti generalmente benestanti. Doppiamente povere sono le donne che soffrono situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza, perché spesso si trovano con minori possibilità di difendere i loro diritti».

Un contesto, quest’ultimo, dal quale si evince il grosso lavoro ancora da fare: «Sebbene in alcuni Paesi si osservino importanti cambiamenti – denota Leone XIV -, l’organizzazione delle società in tutto il mondo è ancora lontana dal rispecchiare con chiarezza che le donne hanno esattamente la stessa dignità e identici diritti degli uomini. A parole si affermano certe cose, ma le decisioni e la realtà gridano un altro messaggio, soprattutto se pensiamo alle donne più povere. È aumentata la ricchezza, ma senza equità, e così ciò che accade è che nascono nuove povertà e la povertà non è una scelta. Non possiamo dire che la maggior parte dei poveri lo sono perché non hanno acquistato dei meriti, secondo quella falsa visione della meritocrazia dove sembra che abbiano meriti solo quelli che hanno avuto successo nella vita. Anche i cristiani, in tante occasioni, si lasciano contagiare da atteggiamenti segnati da ideologie mondane o da orientamenti politici ed economici che portano a ingiuste generalizzazioni e a conclusioni fuorvianti. Non è possibile dimenticare i poveri, se non vogliamo uscire dalla corrente viva della Chiesa che sgorga dal Vangelo e feconda ogni momento storico».

Il Pontefice, inoltre, nel secondo capitolo dell’esortazione apostolica si chiede «perché, pur essendoci chiarezza nelle Sacre Scritture a proposito dei poveri – la denuncia -, molti continuano a pensare di poter escludere i poveri dalle loro attenzioni. L’opzione preferenziale per i poveri è per Dio, per le Scritture e per Gesù una scelta di campo, da cui traspare il valore intrinseco del rispetto per la persona. Chiunque, perfino il nemico, si trovi in difficoltà, merita sempre il nostro soccorso. Il primato di Dio nell’insegnamento di Gesù, si accompagna all’altro punto fermo che non si può amare Dio senza estendere il proprio amore ai poveri. Si tratta della stessa esclusione che caratterizza la definizione dei poveri. Essi sono gli esclusi dalla società. Gesù è la rivelazione di questo “privilegium pauperum”. Egli si presenta al mondo non solo come Messia povero, ma anche come Messia dei poveri e per i poveri. La Chiesa deve essere la Chiesa delle beatitudini. Sì alle opere di misericordia, no al rischio di vivere le nostre relazioni nella logica del calcolo e del tornaconto».

Nel terzo capitolo dell’esortazione apostolica, inoltre Papa Leone precisa che «la carità non è un percorso opzionale, ma il criterio del vero culto», rilanciando il sogno rivelato da Papa Francesco tre giorni dopo la sua elezione al soglio di Pietro “Ah, come vorrei una Chiesa povera per i poveri!”. Infatti, a tal proposito, il documento ricorda come già nella visione dei Padri della Chiesa, quest’ultima era vista come “madre dei poveri, luogo di accoglienza e di giustizia”: «Perché la Chiesa nascente – aggiunge il Papa – non separava il credere dall’azione sociale. La teologia patristica era pratica, puntando a una Chiesa povera per i poveri».

Quindi il Pontefice ha ricordato un altro assunto importante: «L’educazione dei poveri, per la fede cristiana – sottolinea -, non è un favore, ma un dovere. I piccoli hanno diritto alla conoscenza, come requisito fondamentale per il riconoscimento della dignità umana. Insegnare ad essi è affermarne il valore, dotandoli degli strumenti per trasformare la loro realtà. La tradizione cristiana considera il sapere come un dono di Dio e una responsabilità comunitaria. L’educazione cristiana non forma solo professionisti, ma persone aperte al bene, al bello e alla verità. La scuola cattolica, di conseguenza, quando è fedele al suo nome, si configura come uno spazio di inclusione, formazione integrale e promozione umana, coniugando fede e cultura, semina futuro, onora l’immagine di Dio e costruisce una società migliore».

Nella Dilexi te, uno spazio a parte viene dedicato ai migranti: «La Chiesa – spiega il Santo Padre – ha sempre riconosciuto in loro una presenza viva del Signore. Nel XIX secolo, quando milioni di europei emigravano in cerca di migliori condizioni di vita, due grandi santi si distinsero nella cura pastorale dei migranti, San Giovanni Battista Scalabrini e Santa Francesca Saverio Cabrini. La tradizione dell’attività della Chiesa per e con i migranti continua e oggi questo servizio si esprime in iniziative come i centri di accoglienza per i rifugiati, le missioni di frontiera, gli sforzi di Caritas Internationalis e di altre istituzioni. Il Magistero contemporaneo ribadisce chiaramente questo impegno».

Nel riaffermarlo, Leone XIV cita i quattro verbi con cui il suo predecessore ha sintetizzato la sfida delle migrazioni, “accogliere, proteggere, promuovere e integrare”: «Ma questi verbi – puntualizza il Papa – non valgono solo per i migranti e i rifugiati. Essi esprimono la missione della Chiesa verso tutti gli abitanti delle periferie esistenziali, che devono essere accolti, protetti, promossi e integrati. La Chiesa, come una madre, cammina con coloro che camminano. Dove il mondo vede minacce, lei vede figli; dove si costruiscono muri, lei costruisce ponti. Sa che il suo annuncio del Vangelo è credibile solo quando si traduce in gesti di vicinanza e accoglienza. E sa che in ogni migrante respinto è Cristo stesso che bussa alle porte della comunità».

Ma l’aiuto in favore dei poveri, non riguarda solo le istituzioni e le Chiesa: «Quando le diverse istituzioni pensano ai bisogni dei poveri – la tesi del Pontefice, citando Papa Francesco – è necessario che includano i movimenti popolari e animino le strutture di governo locali, nazionali e internazionali con quel torrente di energia morale che nasce dal coinvolgimento degli esclusi nella costruzione del destino comune. I movimenti popolari invitano a superare quell’idea delle politiche sociali concepite come una politica verso i poveri, ma mai con i poveri, mai dei poveri e tanto meno inserita in un progetto che riunisca i popoli. Se i politici e i professionisti non li ascoltano – il monito – la democrazia si atrofizza, diventa un nominalismo, una formalità, perde rappresentatività, va disincarnandosi perché lascia fuori il popolo nella sua lotta quotidiana per la dignità, nella costruzione del suo destino. Lo stesso si deve dire delle istituzioni della Chiesa».

Nel quarto capitolo, il Santo Padre invita tutti ad abbracciare la sfida della carità: «Essa – afferma – è una forza che cambia la realtà, un’autentica potenza storica di cambiamento. Bisogna avviare con urgenza ogni impegno per risolvere le cause strutturali della povertà. Cresca il numero dei politici capaci di entrare in un autentico dialogo, che si orienti efficacemente a sanare le radici profonde e non l’apparenza dei mali del mondo, perché si tratta di ascoltare il grido di interi popoli, dei popoli più poveri della terra. È doveroso continuare a denunciare la dittatura di un’economia che uccide e riconoscere che mentre i guadagni di pochi crescono esponenzialmente, quelli della maggioranza si collocano sempre più distanti dal benessere di questa minoranza felice», aggiunge Leone XIV, restando sulla linea di Papa Francesco -.

Così il Papa ha denunciato «lo squilibrio prodotto da ideologie che difendono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria e negano il diritto di controllo degli Stati, incaricati di vigilare per la tutela del bene comune, instaurando una nuova tirannia invisibile, a volte virtuale, che impone, in modo unilaterale e implacabile, le sue leggi e le sue regole. La dignità di ogni persona umana dev’essere rispettata adesso, non domani, e la situazione di miseria di tante persone a cui viene negata questa dignità dev’essere un richiamo costante per la nostra coscienza». Questo il monito del Papa, che ha poi parlato di “alienazione sociale”, citando la “Dilexit nos”, per cui «diventa normale – osserva – ignorare i poveri e vivere come se non esistessero. Dobbiamo impegnarci sempre di più a risolvere le cause strutturali della povertà. La mancanza di equità è la radice dei mali sociali, perché molte volte i diritti umani non sono uguali per tutti. O riconquistiamo la nostra dignità morale e spirituale o cadiamo come in un pozzo di sporcizia. È compito di tutti i membri del popolo di Dio far sentire, pur in modi diversi, una voce che svegli, che denunci, che si esponga anche a costo di sembrare degli stupidi».

Il quinto e ultimo capitolo dell’esortazione apostolica, si apre con un ultimo ammonimento: «Il cristiano – ribadisce il Papa – non può considerare i poveri solo come un problema sociale. Essi sono una questione familiare. Sono dei nostri. Il rapporto con loro non può essere ridotto a un’attività o a un ufficio della Chiesa. La cultura dominante dell’inizio di questo millennio spinge ad abbandonare i poveri al loro destino, a non considerarli degni di attenzione e tanto meno di apprezzamento. Siamo cresciuti in tanti aspetti ma siamo analfabeti nell’accompagnare, curare e sostenere i più fragili e deboli delle nostre società sviluppate. Ci siamo abituati a girare lo sguardo, a passare accanto, a ignorare le situazioni finché queste non ci toccano direttamente. Vedere qualcuno che soffre ci dà fastidio, ci disturba, perché non vogliamo perdere tempo per colpa dei problemi altrui. Questi sono sintomi di una società malata, perché mira a costruirsi voltando le spalle al dolore. Non di rado il benessere rende ciechi, al punto che pensiamo che la nostra felicità possa realizzarsi soltanto se riusciamo a fare a meno degli altri».

Invece, a detta del Papa, possiamo imparare dai bisognosi: «I poveri – osserva Papa Leone XIV – possono essere per noi come dei maestri silenziosi, riportando a una giusta umiltà il nostro orgoglio e la nostra arroganza. I poveri ci fanno riflettere sull’inconsistenza di quell’orgoglio aggressivo con cui spesso affrontiamo le difficoltà della vita. Rivelano la nostra precarietà e la vacuità di una vita apparentemente protetta e sicura. Per noi cristiani, la questione dei poveri riconduce all’essenziale della nostra fede. L’opzione preferenziale per i poveri è determinante, perché i poveri per i cristiani non sono una categoria sociologica, ma la stessa carne di Cristo. Il cuore della Chiesa, per sua stessa natura, è solidale con coloro che sono poveri, esclusi ed emarginati, con quanti sono considerati uno scarto della società. La peggior discriminazione di cui soffrono i poveri è la mancanza di attenzione spirituale». Così, in conclusione, Papa Leone ha voluto mettere tutti in guardia da una “pastorale delle élite”.

About Davide De Amicis (4766 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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