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La rivolta dei fumetti

È morto Sergio Bonelli, l’editore di Tex, Dylan Dog, Zagor, Mister no e Martin Mystére.

Una natura maniacale come la mia ­– che sistema nell’armadio gli indumenti per colore e per gradazione, dal più chiaro al più scuro ­– non poteva non adottare anche un rigido criterio di catalogazione per i propri libri che cura, sicuramente, più dei suoi vestiti. Nella mia libreria non vige una catalogazione per generi ma per importanza: quello che più mi piace è più in vista e, tra i libri più in vista, non poteva mancare la mia sudata collezione di Dylan Dog-«l’indagatore dell’incubo».

Il fascino che esercita su di me quella linea sottile tra il noto e l’ignoto, il chiaro e lo scuro, lo svelato e l’arcano, è un’altra storia. Questa storia, invece, vuole parlare di fumetti e fantasia e, allora, iniziamo proprio con una fantasia: in questi giorni i miei Dylan Dog sono molto tristi, sospirano tanto che la polvere – che per mia incuria li copre – fluttua, mentre gli autori sistemati sugli scaffali – escluso Oscar Wilde perché è uno snob, e pochi altri – hanno tutti un occhio di riguardo nei loro confronti. Il motivo è chiaro: tutti i miei libri sanno – le voci circolano in fretta tra gli scaffali ­– che da pochi giorni è realmente morto a Milano Sergio Bonelli, il papà-editore di Dylan Dog. I numeri «introvabili» della mia collezione, ben pagati nelle fiere dei mercatini, subito si sono raccolti per informare i numeri più freschi di stampa sulla storia del loro editore. Sergio Bonelli, raccontano i miei vecchi Dylan Dog, ereditò la casa editrice dal padre Gian Luigi Bonelli, il creatore di Tex Willer. Nell’impresa di famiglia Sergio, però, bazzicò fin da giovanissimo facendo il tutto fare ­– dal fattorino al magazziniere ­– fino a rispondere alle lettere dei lettori e, dal 1957, a prendere in mano la casa editrice Cepim, la futura Sergio Bonelli Editore. Sergio fu anche uno sceneggiatore innovativo e, alla sua fantasia, si devono creazioni come Zagor (1961) e Mister no (1975) che rivelarono subito come egli prediligesse non tanto gli eroi infallibili alla Tex, quanto gli antieroi alla Martin Mystére. Come editore, poi, fu veramente illuminato, capace di non soffocare la personalità dei suoi autori e collaboratori, rispettò il genio dei suoi disegnatori e, soprattutto, scovò nuovi talenti.

«Eh sì, sì, applaudono tutti i miei Dylan Dog, è stato proprio bravo Sergio Bonelli a scoprire Tiziano Sclavi, il nostro inventore! «Senza Tiziano – dice il “Numero 50-Ai confini del tempo”­– noi fumetti saremmo rimasti delle idee nella testa di qualche matto; invece ora siamo linee e siamo tratti, colori e puntini, «nuvolette» con dentro le nostre parole e i nostri pensieri. Senza Tiziano e Sergio non saremmo stati realmente fantastici». «Hai proprio ragione­­ ­– replica il Numero 167-Possessione diabolica”­– se non fosse stato per loro il mondo del surreale, la fantasia delle paure e la paura delle fantasie, sarebbero rimasti gli incubi delle persone, i brividi sulla loro schiena, i risvegli improvvisi delle loro notti; così ­–invece– sono diventate piste da investigare, l’ignoto da svelare attraverso l’astuzia di un investigatore, bello come Rupert Everett, e del suo fido compagno, ironico come Groucho Marx». «Beh, certo­ – aggiunge il Numero 2-La notte della luna piena” – è bello pensare che, forse, grazie al nostro inventore e al nostro editore, certo l’ignoto resterà ignoto e gli incubi resteranno incubi, ma dare fantasia alle paure, dar loro forma nelle immagini e voce nei fumetti, forse servirà ad insegnare che dare un senso alle cose ­– anche alle più arcane, investigare la verità fino ai confini del conoscibile, può aiutare ad esorcizzare le nostre paure; così come può aiutare, ad esempio, imparare a ridere di certe nostre paure che sono spesso solo fantasie, proprio come riesce a fare il vecchio e caro Groucho con la sua ironia».

A questo punto, a sorpresa, ecco avanzare dalla mia libreria ­­– mostrando «Candido» la sua copertina – Voltaire, ed esclamare così: «E basta, ma cosa si deve sentire, oggi, in questa insulsa libreria! Stupidi fumetti che si autocelebrano! Ma chi siete voi? A che titolo parlate? I fumetti sono solo ammasso di disegni e «nuvolette», punti esclamativi e voci onomatopeiche, insulse storielle! Non avete la storia, la dignità letteraria, per restare in una libreria; ci siete solo per quella stolta della nostra padrona!». Mentre, furiosa, mi scagliavo sulla libreria per declassare Voltaire, dallo scaffale dei «classici» a quello dei «libri regalati che non butto solo perché sono libri», ecco precedermi il «Numero 9-Alfa e Omega» e, così, argomentare: «Caro il mio Voltaire, mi dispiace contraddirti, ma amo la ragione non meno di te e t’invito a conoscere la storia dei fumetti, perchè anche noi abbiamo una storia. Precisamente, ti gioverà sapere che, per convenzione, si fa risalire la nascita del fumetto al personaggio di Yellow Kid, creato dal disegnatore statunitense Richard Felton Outcault e pubblicato, a partire dal 1885, sul supplemento domenicale del New York World. In questa data, infatti, proprio per risollevare le scarse vendite del giornale, Outcault iniziò la pubblicazione della serie Hogan’s Halley ambientata in un ghetto di periferia, popolato da strani personaggi che vivono ai margini della società. Fra questi c’era un bambino calvo, con delle enormi orecchie, due soli denti e vestito con un lungo camicione inizialmente blu poi giallo. Pian piano, da personaggio marginale, il bambino diventò il protagonista vero della storia. Yellow Kid rimase muto fino a quando sul suo camicione apparve la scritta «Artillery» e, da questo momento, continuò a parlare attraverso il camicione fino al 1896, quando fece la comparsa il primo baloon («la nuvoletta»). Yellow Kid fu il primo personaggio della storia del fumetto e, in pochi anni, diventò una celebrità facendo decollare le vendite dei giornali e convincendo gli editori statunitensi di tutte le potenzialità commerciali delle strisce a fumetti.

Come vedi, caro il mio Voltaire, ­– concluse «Numero 9-Alfa e Omega» – anche noi fumetti abbiamo una storia ed un antenato, in vignetta e baloon, che si rispetti. E poi, se vogliamo essere ancora più precisi, possiamo dire che, se il fumetto è «narrazione per immagini», potremmo far risalire la nascita de fumetto addirittura agli albori della storia perché i graffiti preistorici, in fondo, non sono altro che «narrazioni per immagini». Nel Medioevo, poi, si diffusero le cosiddette Biblia pauperum, probabilmente chiamate così perchè destinate a coloro che­ – non sapendo leggere­ – dovevano accontentarsi delle immagini. Composte di quaranta, cinquanta pagine, l’immagine centrale rappresentava una scena della vita di Gesù mentre sopra e sotto erano riportate immagini dei profeti e, su ogni lato, scene dell’Antico Testamento. Ogni pagina, poi, divisa in nove sezioni, presentava ai quattro angoli testi esplicativi: una «narrazione per immagini» della Bibbia, una “Bibbia a fumetti”».

Che spessore, pensai, questo «Numero 9-Alfa e Omega», come aveva difeso bene i fumetti, la loro storia ed il loro valore! Voltaire, naturalmente, frettolosamente replicò: «Comunque, per quanto tu dica, non si è mai vista un’edizione pregiata di un fumetto, pregiata come la mia, e quindi io valgo più di te».

La morale della favola ­– della diatriba dei libri nel mio studio – è che ho spostato «Numero 9-Alfa e Omega» accanto a Voltaire perché – anche se un classico e un fumetto non hanno la stessa dignità letteraria ­– l’umanità ha bisogno di storie e sono storie tutte quelle che, al di là della forma espressiva, sanno destare l’ignoto, il profondo delle cose.

 

 

 

 

1 Comment on La rivolta dei fumetti

  1. “l’umanità ha bisogno di storie e sono storie tutte quelle che, al di là della forma espressiva, sanno destare l’ignoto, il profondo delle cose.”

    bellissimo!

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