L’impegno pubblico dei cattolici: “Avviare processi, non prendere luoghi”
"Tante volte pensiamo che il lavoro politico è prendere spazi: no! È scommettere sul tempo, avviare processi, non prendere luoghi"

Alla presenza di Papa Francesco, si è conclusa oggi la 50° Settimana sociale dei cattolici in Italia, che ha riunito oltre mille delegati provenienti da moltissime diocesi, associazioni, movimenti ed enti legati all’ambiente ecclesiale. Per cinque giorni, Trieste è stata la sede dei lavori, incentrati sul tema “Al cuore della democrazia” e sul contributo dei credenti al bene comune.
Arrivato nella città giuliana già nella primissima mattina, alle 8 il Santo Padre ha ricevuto i delegati tracciando, nelle parole del suo discorso, le prospettive del lavoro futuro.
«È evidente che nel mondo di oggi la democrazia, diciamo la verità, non gode di buona salute. Questo ci interessa e ci preoccupa, perché è in gioco il bene dell’uomo, e niente di ciò che è umano può esserci estraneo» ha affermato il Pontefice.
«La storia delle “Settimane” si intreccia con la storia dell’Italia, e questo dice già molto: dice di una Chiesa sensibile alle trasformazioni della società e protesa a contribuire al bene comune. – ha ricordato il Papa – In Italia è maturato l’ordinamento democratico dopo la Seconda guerra mondiale, grazie anche al contributo determinante dei cattolici. Si può essere fieri di questa storia, sulla quale ha inciso pure l’esperienza delle Settimane Sociali; e, senza mitizzare il passato, bisogna trarne insegnamento per assumere la responsabilità di costruire qualcosa di buono nel nostro tempo», non solo in Italia, poiché questa «è una chiamata rivolta a tutti i cristiani, ovunque essi si trovino a vivere e ad operare, in ogni parte del mondo».
Francesco ha quindi proposto «due riflessioni per alimentare il percorso futuro. Nella prima possiamo immaginare la crisi della democrazia come un cuore ferito». Ha quindi spiegato: «Ogni volta che qualcuno è emarginato, tutto il corpo sociale soffre. La cultura dello scarto disegna una città dove non c’è posto per i poveri, i nascituri, le persone fragili, i malati, i bambini, le donne, i giovani, i vecchi. Questo è la cultura dello scarto. Il potere diventa autoreferenziale – è una malattia brutta questa –, incapace di ascolto e di servizio alle persone. Aldo Moro ricordava che “uno Stato non è veramente democratico se non è al servizio dell’uomo, se non ha come fine supremo la dignità, la libertà, l’autonomia della persona umana, se non è rispettoso di quelle formazioni sociali nelle quali la persona umana liberamente si svolge e nelle quali essa integra la propria personalità”».
Il Santo Padre si è quindi detto preoccupato per l’alto tasso di astensionismo, sintomo della vera malattia che è la mancanza di partecipazione. «E la partecipazione non si improvvisa: si impara da ragazzi, da giovani, e va “allenata”, anche al senso critico rispetto alle tentazioni ideologiche e populistiche. In questa prospettiva – ha affermato – è importante far emergere l’apporto che il cristianesimo può fornire» per la difesa della vita e della dignità della persona.
«Finché il nostro sistema economico-sociale produrrà ancora una vittima e ci sarà una sola persona scartata, non ci potrà essere la festa della fraternità universale – ha proseguito il Papa – Tutti devono sentirsi parte di un progetto di comunità; nessuno deve sentirsi inutile». In materia, il Papa ha precisato: «Certe forme di assistenzialismo che non riconoscono la dignità delle persone … Mi fermo alla parola assistenzialismo. L’assistenzialismo, soltanto così, è nemico della democrazia, è nemico dell’amore al prossimo. E certe forme di assistenzialismo che non riconoscono la dignità delle persone sono ipocrisia sociale. Non dimentichiamo questo».
La seconda riflessione si è invece soffermata sulla partecipazione come cuore risanato. «Il cuore della politica è fare partecipe – ha affermato il Santo Padre – La fraternità fa fiorire i rapporti sociali; e d’altra parte il prendersi cura gli uni degli altri richiede il coraggio di pensarsi come popolo».
«Non lasciamoci ingannare dalle soluzioni facili. Appassioniamoci invece al bene comune. Ci spetta il compito di non manipolare la parola democrazia né di deformarla con titoli vuoti di contenuto, capaci di giustificare qualsiasi azione. – ha ammonito il Papa – La democrazia non è una scatola vuota, ma è legata ai valori della persona, della fraternità e anche dell’ecologia integrale».
Francesco si è quindi soffermato sull’«amore politico»: «è una forma di carità che permette alla politica di essere all’altezza delle sue responsabilità e di uscire dalle polarizzazioni, queste polarizzazioni che immiseriscono e non aiutano a capire e affrontare le sfide. A questa carità politica è chiamata tutta la comunità cristiana, nella distinzione dei ministeri e dei carismi».
Non sono mancate indicazioni pratiche per il percorso futuro. «Perché non rilanciare, sostenere e moltiplicare gli sforzi per una formazione sociale e politica che parta dai giovani? Perché non condividere la ricchezza dell’insegnamento sociale della Chiesa? Possiamo prevedere luoghi di confronto e di dialogo e favorire sinergie per il bene comune. – ha spronato il Papa – Tante volte pensiamo che il lavoro politico è prendere spazi: no! È scommettere sul tempo, avviare processi, non prendere luoghi. Il tempo è superiore allo spazio e non dimentichiamo che avviare processi è più saggio di occupare spazi. Io mi raccomando che voi, nella vostra vita sociale, abbiate il coraggio di avviare processi, sempre».