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Nonviolenza: “Il grande sogno, la visione, che vorrei tutti vivessero”

"Fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili - esorta l'arcivescovo Valentinetti -. Vorrei sperare, e questo lo voglio sognare, che abbiate il coraggio di sognare. Che abbiate il coraggio di dire ai sacerdoti, giovani e anziani, “abbiate visione” e che voi fratelli siate capaci di profezia, progredendo sempre più nell’opera del Signore, con la chiara coscienza che tutto questo che stiamo vivendo e ci sembra una fatica enorme – consultazioni sinodali che anche il prossimo anno ci vedrà impegnati in questo cammino – non è vana se è nel Signore"

Lo ha affermato ieri sera l’arcivescovo Valentinetti, presiedendo la veglia di Pentecoste nella Cattedrale di San Cetteo

Monsignor Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne, pronuncia l'omelia

È stato il sogno e la capacità di sognare una Chiesa rinnovata per affrontare al meglio le sfide del nuovo secolo e del nuovo millennio, la chiave di lettura della veglia di Pentecoste dal tema “Il Regno di Dio è… giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo (Rm 14,17)” – presieduta ieri sera dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti nella Cattedrale di San Cetteo a Pescara, con l’animazione liturgica curata dai Cori riuniti dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne diretti da Roberta Fioravanti.

Con questa solennità si è concluso il tempo di Pasqua e la liturgia di ieri è stata proprio un itinerario, dalla Passione alla Pentecoste passando per la Pasqua, che ha proposto cinque passi biblici per approfondire le cinque parole chiave che hanno caratterizzato la riflessione pasquale e sinodale, abbinate ai sette doni dello Spirito Santo: in ascolto del Padre – ascoltando otteniamo il dono della sapienza e del consiglio (dal Vangelo di Luca 6,27-38); in dialogo – dialogando manifestiamo il dono dell’intelletto e della scienza (dal Vangelo di Giovanni 14,15-17.26); docilmente – celebrando condividiamo il dono del timore di Dio e della pietà (dalla lettera di San Giacomo 1,22-25); con audacia – siamo laici che vivono il dono della fortezza (dalla prima lettera di San Paolo Apostolo ai corinzi 15,58); vivendo la non violenza con gratitudine otteniamo la pace (dal Vangelo di Giovanni 14,25-29).

I fedeli presenti ieri sera alla veglia di Pentecoste

Quindi è seguita l’omelia dell’arcivescovo Valentinetti, il quale ha preso spunto dalla prima lettura della messa vespertina celebrata poco prima – tratta dal Libro del profeta Gioele – quando afferma “Diventeranno profeti i vostri figli e le vostre figlie. I vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni”: «E mi sono fatto una domanda molto personale – confida il presule -. Comincio ad essere anziano… Ma io sogno? E se sogno, cosa sogno? Quali sono i sogni di un vescovo? E i miei sacerdoti giovani e i giovani, hanno delle visioni? Possono immaginare? Non tanto perché hanno delle rivelazioni. Quelle le hanno alcuni, non tutti, ma possono avere delle visioni? Visioni della vita? Visioni del mistero? E il popolo santo di Dio, i miei figli e le mie figlie, sono capaci di essere profeti? Sono arrivato qua turbato da queste domande e ho cercato di trovare una risposta che, abbondantemente, è stata proclamata. Abbiamo ripetuto un’acclamazione ai santi quasi, direi, pedante, perché è sempre la stessa per cinque volte “Dona a noi la pace”. Ecco, il primo sogno che vorrei fare – veramente un sogno bello – è quello della pace. Mi vorrei svegliare domattina avendo sognato che Zelensky e Putin si sono incontrati e hanno fatto la pace. Ma se non ho i miei giovani, che hanno le visioni della capacità della nonviolenza di incarnare l’ultima parola che abbiamo ascoltato “Signore, facci nonviolenti”. Se non siamo noi nonviolenti, come possiamo pensare che chi non è abituato alla nonviolenza, che chi è abituato a costruire armi, che chi è abituato a pensare che i problemi del mondo si possono risolvere solo con le armi? Beh, non capirà mai cosa significa la possibilità della nonviolenza. Ma i nostri rapporti interpersonali li risolviamo con la nonviolenza? Ecco il grande sogno, ecco la visione che vorrei che tutti vivessero, ecco la profezia che il popolo santo di Dio potesse incarnare. Certo, c’è stato qualcun altro, timidamente lo dico, perché non sono assolutamente all’altezza di quel pastore protestante che su chiamava Martin Luther King e che quel giorno disse “I have a dream”, ovvero “io ho un sogno” e proclamò la non violenza a 360 gradi rimanendone vittima perché fu ucciso. Ma anche un altro non violento era stato ucciso molti secoli prima, Gesù di Nazareth, non violento per eccellenza. Quando il servo del sommo sacerdote lo percuote sulla guancia, l’unica parola che gli dice è “Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male, ma se ho parlato bene perché mi percuoti?”».

Ma è la Chiesa del nostro tempo a far sognare di più l’arcivescovo Valentinetti in questo periodo: «Beh – racconta -, devo ringraziare Papa Francesco perché mi sta facendo sognare! Sì, perché con questo percorso sinodale mi sta facendo sognare una Chiesa che, forse, non avevo mai conosciuto prima. Quando sono arrivato in questa Chiesa diocesana 17 anni fa, l’ho fatto con le mie idee, ma d’altra parte non poteva essere diversamente. Venivo da una bella esperienza sacerdotale di accompagnamento anche di un bravo vescovo come vicario generale, e poi cinque anni in un’altra diocesi (Termoli-Larino). Avevo già le mie strutture, le mie idee. Ma poi, strada facendo, tutto questo si è vanificato. Ogni tanto cadeva un pezzo. Nessuno lo sa, solo io che me lo portavo dentro. Era una Chiesa che doveva essere rivisitata dalle visioni. E allora i miei confratelli sacerdoti, particolarmente alcuni più giovani, hanno iniziato ad accompagnarmi. Poi è arrivato Papa Francesco e mi ha detto “Devi essere capace di sognare una Chiesa altra”. La Chiesa che abbiamo vissuto fino ad oggi, la pandemia ce l’ha fatto scoprire ma lo sapevamo anche prima, non è la Chiesa che potrà affrontare la sfida del primo secolo del secondo millennio del cristianesimo, perché di sfida si tratta. E ha portato una parola che mi fa sognare. “Ascolta, ascolta, mettiti in ascolto”. In ascolto di che cosa? E Papa Francesco risponde “In ascolto di tutti”. Mi manca il fiato… Di tutti chi? Tutti voi che siete qui questa sera? No, tutti. I fratelli separati, i fratelli delle altre religioni, i fratelli non credenti, i fratelli distratti, i fratelli contrari, i fratelli e le sorelle che sono sulla soglia, che stanno fuori, che vorrebbero entrare, ma non entrano perché magari non c’è nessuno che gli fa avere una visione, perché magari non c’è nessuno che fa sognare anche lui, che fa sognare anche leiAscolto, dialogo, capacità di interazione, capacità di accoglienza, capacità di essere un popolo di profeti. Figli e figlie di profeti, che non significa predire il futuro, ma figli e figlie che sanno portare avanti (la parola “profeta” significa colui che sa portare avanti) l’ascolto di quello Spirito, e qui prendo in prestito le parole di San Giovanni nel terzo capitolo “È come un vento, ma non sai né da dove viene né dove va”. Qualcuno, nella santa madre Chiesa, anche tra i miei confratelli vescovi così come tra i miei confratelli sacerdoti, ma forse anche voi laici, si sta domandando “Ma dove va la Chiesa con questo percorso sinodale? Dove approderà?”. Approderà dove lo Spirito vorrà portare, se siamo in ascolto dello Spirito, se abbiamo il coraggio di dialogare, se abbiamo il coraggio di ricelebrare in spirito e verità. Una celebrazione che fa di noi una cosa sola, l’Eucaristia, ma quanto è vera la celebrazione in spirito e verità! Non una celebrazione devozionale, non una celebrazione legale, non una celebrazione “perché il precetto è quello che devo salvare”. Ma la celebrazione per essere un cuore solo e un’anima sola».

Da qui l’auspicio e l’invito finale di monsignor Tommaso Valentinetti: «“Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo” (San Paolo ai corinzi). Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili. Vorrei sperare, e questo lo voglio sognare, che voi che questa sera avete sfidato la partita dell’Italia con la Germania, che avete sfidato i residui del Covid e vivete questo momento di preghiera insieme, abbiate il coraggio di sognare. Che abbiate il coraggio di dire ai sacerdoti, giovani e anziani, “abbiate visione” e che voi fratelli siate capaci di profezia, progredendo sempre più nell’opera del Signore, con la chiara coscienza che tutto questo che stiamo vivendo e ci sembra una fatica enorme – consultazioni sinodali che anche il prossimo anno ci vedrà impegnati in questo cammino – non è vana se è nel Signore. Ma se è opera nostra, così come i miei 17 anni fa presentato qui in diocesi, è opera vana. Ma dopo 17 anni spero che sia opera del Signore. Amen e pregate per me».

DUE ORDINAZIONI E I 45 ANNI DI SACERDOZIO DELL’ARCIVESCOVO VALENTINETTI

Al termine della veglia di Pentecoste, l’arcivescovo di Pescara-Penne ha poi ricordato alcuni appuntamenti a cui tutta la comunità diocesana è invitata a partecipare, a partire da lunedì 20 giugno alle ore 19 quando, nella Cattedrale di San Cetteo a Pescara, don Roberto Goussot (della parrocchia di San Luigi Gonzaga in Pescara) verrà ordinato sacerdote e Cristiano Verziere (della parrocchia di San Marco evangelista e San Nunzio Sulprizio in Pescara) verrà ordinato diacono permanente. Tra l’altro in loro onore, e alla vigilia del 45° anniversario di ordinazione sacerdotale dell’arcivescovo Valentinetti, venerdì 24 giugno alle ore 21nella chiesa dello Spirito Santo a Pescara si terrà un concerto per pianoforte (suonato da Giada Di Febo) e violino (suonato da Paolo Morena). Celebrazione, quella per i 45 anni di ordinazione sacerdotale di monsignor Tommaso Valentinetti, che proseguirà anche l’indomani sabato 25 giugno alle 19nella chiesa di Sant’Andrea apostolo a Pescara dove il presule celebrerà la messa in chiusura degli eventi diocesani in occasione dell’Incontro mondiale delle famiglie: «Abbiamo pensato di unire le due celebrazioni – conclude – proprio per sottolineare che sacerdozio e famiglia-matrimonio sono i due pilastri su cui si fonda la Chiesa, perché l’uno senza l’altro non può camminare e l’altro senza l’uno non può camminare». Questi eventi verranno trasmessi in diretta da Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne.

Il servizio realizzato per Radio Speranza
About Davide De Amicis (4359 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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