Cittadella Caritas: “Un pezzo d’Italia nel quale mi piace specchiarmi”
"Avrei potuto fare - osserva il ministro Alfano - la scelta sbagliata, ma conveniente - lasciando morire tutti i migranti perché con la ventata di rigetto che c’è avremmo potuto rappresentare l’Italia dell’indifferenza, che si volta dall’altra parte - e invece ho voluto fare la scelta giusta, ma sconveniente. Sono stato soprannominato "scafista", "ministro dell’invasione". Non ho guadagnato voti, però credo di aver fatto la cosa giusta. Io penso che ci siano dei momenti nella vita delle istituzioni, in cui chi è cresciuto con certi valori ha il dovere di fare la cosa giusta anche se non è conveniente, soprattutto se c’è in ballo il tema della vita umana"
Una visita per constatare personalmente e toccare con mano i luoghi che, in uno spirito di solidarietà e sussidiarietà, cooperano con lo Stato per accogliere i migranti in fuga dalla guerra e risollevare i poveri dissanguati dalla crisi. Ieri è stato questo il primo obiettivo del ministro dell’Interno Angelino Alfano, che ha aperto la sua visita istituzionale a Pescara facendo tappa nella Cittadella dell’accoglienza “Giovanni Paolo II”, gestita dalla Caritas diocesana nei locali di via Alento, che ospita 50 senza fissa dimora e 34 migranti seguiti da alcuni operatori e 500 volontari.
Così, accolto dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti e dal direttore della Caritas diocesana don Marco Pagniello, il ministro ha girato la struttura a partire dalla mensa diocesana (che sforna 300 pasti al giorno) apprezzando il lavoro dei volontari in cucina. Poco dopo ha visitato gli alloggi, concludendo il suo giro nella cappella dove ha partecipato ad un momento di preghiera: «Ho il dovere di esprimere il mio ringraziamento – esordisce il ministro Alfano -, perché questo è un pezzo d’Italia nel quale mi piace specchiarmi, perché ci vedo specchiata quell’Italia che amo di più».
L’Italia della carità e del volontariato: «Questa cappella – spiega don Marco – l’abbiamo realizzata utilizzando materiali poveri e riciclati, come le panche ricavate da alcuni bancali ed un binario incastonato nel pavimento, rappresentando la Chiesa degli scarti in cui tutti possono avere una seconda vita, così che gli ospiti che entrano in questa struttura provino a ripensare la propria vita, dandosi una seconda possibilità».
Proprio come hanno fatto Mustafa e Moctar, due migranti giunti nel nostro Paese dal Senegal e dal Burkina Faso rinascendo a vita nuova: «Sono scappato dalla Libia in guerra – racconta Moctar – e sono stato salvato in mare nel luglio 2014. Ho visto tanta gente morire davanti a me, ma mi hanno salvato la vita e qui mi sto formando imparando l’italiano».
Storie di riscatto che hanno riscaldato il cuore del ministro dell’Interno: «Queste testimonianze possono diventare virali – sottolinea -, di una viralità positiva che diventa vaccino per quella negativa. Nel volto e nel cuore dell’uomo c’è desiderio di bene, ma bisogna saperlo coltivare e comunità come questa lo fanno emergere al meglio».
E in occasione dell’incontro con i migranti, il ministro dell’Interno Alfano ha voluto rivendicare con forza la scelta di salvare e accogliere chi fugge dalla guerra e dalla disperazione: «Al Viminale – afferma – abbiamo vissuto tante esperienze in questi anni. Esperienze fatte di fatica, di sofferenza, ma anche di tanto orgoglio. La fatica della gestione del più grande flusso di profughi dalla fine della seconda guerra mondiale, la sofferenza del vedere disconosciuto un lavoro che pone al centro la vita umana e l’orgoglio nel vedere in giornate come queste che non tutti non vedono, c’è chi vede e chi agisce. Avrei potuto fare la scelta sbagliata, ma conveniente – lasciando morire tutti perché con la ventata di rigetto che c’è avremmo potuto rappresentare l’Italia dell’indifferenza, che si volta dall’altra parte – e invece ho voluto fare la scelta giusta, ma sconveniente. Mi hanno soprannominato “scafista”, “ministro dell’invasione”. Non ho guadagnato voti, però credo di aver fatto la cosa giusta. Io penso che ci siano dei momenti nella vita delle istituzioni, in cui chi è cresciuto con certi valori ha il dovere di fare la cosa giusta anche se non è conveniente, soprattutto se c’è in ballo il tema della vita umana».
Al termine, la benedizione dell’arcivescovo Valentinetti: «La mia benedizione – conclude il presule, rivolgendosi ad Alfano – è in particolare per il suo servizio, che possa essere efficace per il bene della nostra patria la quale ha bisogno di tanto servizio amorevole, e per il bene dell’Europa affinché capisca di più le ragioni che solo l’Italia sta finora portando avanti».
Successivamente il ministro Alfano ha visitato la sede del Banco alimentare dell’Abruzzo, guidato dal presidente Luigi Nigliato e dal direttore Cosimo Trivisani, che in regione aiuta 40 mila poveri: «Siete un bell’esempio concreto – conclude Angelino Alfano – di come si possa stare vicino a chi ha bisogno e non ha neanche i soldi per mangiare».