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Chiesa: “Sia aperta a tutti, come il cuore di Dio, sani, malati, giusti e peccatori!”

"Abbiamo bisogno di comunità cristiane nelle quali si allarghi lo spazio – sottolinea il Papa -, dove tutti possano sentirsi a casa, dove le strutture e i mezzi pastorali favoriscano non la creazione di piccoli gruppi, ma la gioia di essere e sentirsi corresponsabili. Mai senza l’Altro con la ‘A’ maiuscola, mai senza gli altri con cui condividere il cammino"

Lo ha affermato ieri Papa Francesco, ricevendo in udienza i referenti diocesani del Cammino sinodale delle Chiese in Italia

Papa Francesco - Foto: Siciliani-Gennari/Sir

Ieri Papa Francesco, al termine della 77ª Assemblea generale dei vescovi italiani che si è svolta in Vaticano a partire da lunedì 22 maggio, ha ricevuto in udienza i referenti diocesani del Cammino sinodale italiano tra i quali figuravano anche le delegate della Chiesa di Pescara-Penne Roberta Fioravanti e Loredana Reitanoin Aula Paolo VI, riflettendo innanzitutto sui cantieri sinodali definiti: «Una bella esperienza di ascolto dello Spirito – riconosce il Papa – e di confronto tra le diverse voci delle comunità cristiane. Ciò ha generato un coinvolgimento di tanti, specialmente su alcuni temi che riconoscete come cruciali e prioritari per il presente e per il futuro. Si tratta di un’esperienza spirituale unica, di conversione e di rinnovamento, che potrà rendere le vostre comunità ecclesiali più missionarie e più preparate all’evangelizzazione nel mondo attuale. E questo cammino è iniziato 60 anni fa, quando Paolo VI si era accorto che la Chiesa aveva perso la sinodalità, che non è cercare le opinioni gente o mettersi d’accordo, è un’altra cosa». Da qui l’invito del Papa a «proseguire con coraggio e determinazione su questa strada, anzitutto valorizzando il potenziale presente nelle parrocchie e nelle varie comunità cristiane».

Loredana Reitano e Roberta Fioravanti, referenti sinodali della Chiesa di Pescara-Penne

E a questo punto, il Pontefice ha rivolto un monito ai referenti diocesani del Cammino sinodale italiano: «Una Chiesa appesantita dalle strutture, dalla burocrazia, dal formalismo – ammonisce – faticherà a camminare nella storia, al passo dello Spirito, incontro agli uomini e alle donne del nostro tempo». Quindi Papa Bergoglio ha lasciato un primo compito in vista del passaggio alla “fase sapienziale” del Sinodo italiano: «Continuate a camminare, lasciandovi guidare dallo Spirito – esorta -. Mentre cogliete i primi frutti nel rispetto delle domande e delle questioni emerse, siete invitati a non fermarvi. Al Convegno ecclesiale di Firenze indicavo nell’umiltà, nel disinteresse e nella beatitudine tre tratti che devono caratterizzare il volto della Chiesa, il volto delle vostre comunità. Una Chiesa sinodale è tale, perché ha viva consapevolezza di camminare nella storia in compagnia del Risorto, preoccupata non di salvaguardare sé stessa e i propri interessi, ma di servire il Vangelo in stile di gratuità e di cura, coltivando la libertà e la creatività proprie di chi testimonia la lieta notizia dell’amore di Dio rimanendo radicato in ciò che è essenziale».

Quindi Papa Francesco ha rivolto un appello ai referenti diocesani del Sinodo: «Abbiamo bisogno di comunità cristiane nelle quali si allarghi lo spazio – sottolinea -, dove tutti possano sentirsi a casa, dove le strutture e i mezzi pastorali favoriscano non la creazione di piccoli gruppi, ma la gioia di essere e sentirsi corresponsabili. Mai senza l’Altro con la ‘A’ maiuscola, mai senza gli altri con cui condividere il cammino. Questo vale per i vescovi, il cui ministero non può fare a meno di quello dei presbiteri e dei diaconi; e vale anche per gli stessi presbiteri e diaconi, chiamati a esprimere il loro servizio all’interno di un noi più ampio, che è il presbiterio. Ma questo vale anche per l’intera comunità dei battezzati, nella quale ciascuno cammina con altri fratelli e altre sorelle alla scuola dell’unico Vangelo e nella luce dello Spirito». Partendo da questa premessa, ecco la nuova consegna del Papa: «Fare Chiesa insieme – ribadisce -. È un’esigenza che sentiamo di urgente, oggi, sessant’anni dopo la conclusione del Concilio Vaticano II. È sempre in agguato la tentazione di separare alcuni “attori qualificati” che portano avanti l’azione pastorale, mentre il resto del popolo fedele rimane solamente recettivo delle loro azioni. La Chiesa è il santo popolo fedele di Dio e in esso, in virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro è diventato discepolo missionario. Questa consapevolezza deve far crescere sempre più uno stile di corresponsabilità ecclesiale. Ogni battezzato è chiamato a partecipare attivamente alla vita e alla missione della Chiesa, a partire dallo specifico della propria vocazione, in relazione con le altre e con gli altri carismi, donati dallo Spirito per il bene di tutti».

A tal proposito, il Santo Padre ha messo in guardia i referenti diocesani sinodali anche su di un altro rischio: «A volte – constata – si ha l’impressione che le comunità religiose, le curie, le parrocchie siano ancora troppo autoreferenziali. L’autoreferenzialità è un po’ la teologia dello specchio. È una bella malattia che ha la Chiesa, l’autoreferenzialità. Sembra che si insinui, un po’ nascostamente, una sorta di “neoclericalismo di difesa”, generato da un atteggiamento timoroso, dalla lamentela per un mondo che non ci capisce più, dal bisogno di ribadire e far sentire la propria influenza. Il clericalismo è una perversione, ma quando entra nei laici, è terribile. Il Sinodo ci chiama a diventare una Chiesa che cammina con gioia, con umiltà e con creatività dentro questo nostro tempo, nella consapevolezza che siamo tutti vulnerabili e abbiamo bisogno gli uni degli altri. E aggiungo, camminare cercando di generare vita, di moltiplicare la gioia, di non spegnere i fuochi che lo Spirito accende nei cuori».

E a questo punto, il Pontefice ha lasciato una terza indicazione: «Essere una Chiesa aperta – afferma -. Riscoprirsi corresponsabili nella Chiesa non equivale a mettere in atto logiche mondane di distribuzione dei poteri, ma significa coltivare il desiderio di riconoscere l’altro nella ricchezza dei suoi carismi e della sua singolarità. Così, possono trovare posto quanti ancora faticano a vedere riconosciuta la loro presenza nella Chiesa, quanti non hanno voce, coloro le cui voci sono coperte se non zittite o ignorate, coloro che si sentono inadeguati, magari perché hanno percorsi di vita difficili o complessi. E tante volte sono scomunicati a priori. La Chiesa deve lasciar trasparire il cuore di Dio. Un cuore aperto a tutti e per tutti: malati, giusti, peccatori, tutti dentro». Ma per fare questo, occorre compiere un esame di coscienza: «Dovremmo domandarci – ricorda Bergoglio – quanto facciamo spazio e quanto ascoltiamo realmente nelle nostre comunità le voci dei giovani, delle donne, dei poveri, di coloro che sono delusi, di chi nella vita è stato ferito, di chi è arrabbiato con la Chiesa. Fino a quando la loro presenza resterà una nota sporadica nel complesso della vita ecclesiale, la Chiesa non sarà sinodale, sarà una Chiesa di pochi. Chiamate tutti: giusti, peccatori, sani, malati, tutti!».

I referenti diocesani del Cammino sinodale della Chiesa italiana insieme ai vescovi

Infine, il Papa ha chiesto alla Chiesa di essere al passo dei tempi: «Essere una Chiesa “inquieta” nelle inquietudini del nostro tempo – aggiunge -. Siamo chiamati a raccogliere le inquietudini della storia e a lasciarcene interrogare, a portarle davanti a Dio, a immergerle nella Pasqua di Cristo». Anche nelle periferie estreme: «Formare dei gruppi sinodali nelle carceri – propone Papa Francesco – vuol dire mettersi in ascolto di un’umanità ferita, ma, nel contempo, bisognosa di redenzione. Per un detenuto, scontare la pena può diventare occasione per fare esperienza del volto misericordioso di Dio, e così cominciare una vita nuova. E la comunità cristiana è provocata a uscire dai pregiudizi, a mettersi in ricerca di coloro che provengono da anni di detenzione, per incontrarli, per ascoltare la loro testimonianza, e spezzare con loro il pane della Parola di Dio. Questo è un esempio di inquietudine buona, che voi mi avete dato; e potrei citarne tanti altri: esperienze di una Chiesa che accoglie le sfide del nostro tempo, che sa uscire verso tutti per annunciare la gioia del Vangelo». A riguardo, l’esempio citato dal Papa è quello di don Primo Mazzolari, che scriveva “Che contrasto quando la nostra vita spegne la vita delle anime! Preti che sono soffocatori di vita. Invece di accendere l’eternità, spegniamo la vita”».

Così il Papa ha rivolto un ennesimo invito ai referenti diocesani del Cammino sinodale della Chiese in Italia: «Siamo inviati non per spegnere – ammonisce -, ma per accendere i cuori dei nostri fratelli e sorelle, e per lasciarci rischiarare a nostra volta dai bagliori delle loro coscienze che cercano la verità. Mi ha colpito, a questo proposito, la domanda del cappellano di un carcere italiano, che mi chiedeva come far sì che l’esperienza sinodale vissuta in una casa circondariale possa poi trovare un seguito di accoglienza nelle comunità. Sono in Sinodo permanente, questi cappellani. Il grande nemico di questo cammino è la paura». In conclusione, l’apprezzamento del Papa alla Chiesa italiana che, nella prima fase del Cammino sinodale che si è appena conclusa, ha scelto di formare gruppi sinodali anche nelle carceri: «A me piacerebbe che il Sinodo prendesse sul serio questa parola – conclude Francesco -, la vulnerabilità. Il grande nemico di questo cammino è la paura. Il Sinodo non lo facciamo noi: andrà avanti se noi saremo aperti al Sinodo, è lui il protagonista».

About Davide De Amicis (4458 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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