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Sinodo: “Decisioni da prendere nella convivialità delle differenze”

"Non intendo pubblicare una esortazione apostolica, basta il documento approvato - precisa il Papa -. Nel documento ci sono già indicazioni molto concrete di guida per la missione nelle chiese nei diversi continenti e nei diversi contesti. Lo metto a disposizione di tutti, per questo voglio che sia pubblicato: lo consegno al santo popolo fedele di Dio"

Lo ha affermato ieri Papa Francesco, intervenendo alla pubblicazione del documento finale del Sinodo dei vescovi

Papa Francesco interviene alla diciassettesima Congregazione generale del Sinodo - Foto: Vatican media/Sir

Ieri sera è stato approvato, con la maggioranza qualificata dei due terzi, il documento finale della seconda e ultima sessione del Sinodo sulla sinodalità i cui lavori erano iniziati lo scorso 2 ottobre. È stato Papa Francesco, intervenendo nell’Aula Paolo VI, a fare sintesi del documento e di questo prezioso mese di lavoro alla diciassettesima Congregazione generale: «Il documento che abbiamo preso con il nostro voto – afferma il Papa – è un triplice dono. Ero consapevole di aver bisogno di voi, come testimoni del cammino sinodale. Anche il vescovo di Roma ha bisogno di praticare l’ascolto, anzi vuole praticare l’ascolto. Il mio compito è di custodire e promuovere l’armonia che il Signore continua a diffondere nella Chiesa di Dio. Tutti, tutti, tutti, nessuno fuori. E la parola chiave è questa, l’armonia. Quello che fa lo Spirito Santo la mattina di Pentecoste è armonizzare tutte le credenze, tutte le lingue. Armonia. È questo che il Concilio ci insegna quando dice che la Chiesa è sacramento, segno e strumento, attesa di Dio che ha già apparecchiato la mensa e attende. E a noi è dato di amplificare la voce di questo sussurro, senza ostacolarlo».

Da qui la raccomandazione del Pontefice: «Aprire le porte, senza erigere muri – ammonisce il Papa -. Quanto male fanno le donne e gli uomini di Chiesa quando erigono muri. Tutti, tutti, tutti. Abbiamo cominciato chiedendo perdono, chiedendo misericordia, riconoscendo che siamo tutti dei misericordiati». Quindi la citazione di Madeleine De Brel, “mistica delle periferie”, che «esortava soprattutto a non essere rigidi – ricorda il Santo Padre -. La rigidità è un peccato che tante volte entra nei chierici, nei consacrati, nelle consacrate».

A questo punto, il Papa è tornato a parlare delle conclusioni del Sinodo: «Alla luce quanto emerso cammino sinodale – annuncia Papa Bergoglio -, ci sono e ci saranno decisione da prendere. In questo tempo di guerra dobbiamo essere testimoni di pace, anche imparando a dare forma reale alla convivialità delle differenze. Non intendo pubblicare una esortazione apostolica, basta il documento approvato. Nel documento ci sono già indicazioni molto concrete di guida per la missione nelle chiese nei diversi continenti e nei diversi contesti. Lo metto a disposizione di tutti, per questo voglio che sia pubblicato: lo consegno al santo popolo fedele di Dio».

La foto di gruppo finale con Papa Francesco dei padri sinodali – Foto: Vatican media-Sir

In seguito, Papa Francesco ha fatto una precisione in merito ai 10 gruppi di studio da lui istituiti: «Continueranno a lavorare con libertà – puntualizza il Papa -. C’è bisogno di tempo per prendere scelte che coinvolgono la Chiesa tutta. Questo non è modo classico, rimandare all’infinito le decisioni. È quello che corrisponde allo stile sinodale con cui anche il ministero petrino va esercitato: ascoltare, discernere, decidere e valutare. Sono necessarie pause, silenzi, preghiera. È uno stile che stiamo apprendendo insieme, un po’ alla volta. È un processo di conversione».

Quindi il documento finale del Sinodo, sarà letteralmente patrimonio di tutti: «Il documento – assicura il Papa – è un dono a tutto il popolo fedele di Dio, nella varietà delle sue espressioni. È ovvio che non tutti si metteranno a leggere. Sarete soprattutto voi – aggiunge Francesco -, rivolgendosi ai 368 padri sinodaliassieme a tanti altri a rendere accessibile nelle Chiese locali ciò che esso contiene. Il testo, senza la testimonianza compiuta, perderebbe molto del suo valore. Ciò che abbiamo vissuto è un dono che non possiamo tenere per noi stessi. Lo slancio che viene da questa esperienza, di cui il documento è un riflesso, ci dà il coraggio di testimoniare che è possibile camminare insieme nella diversità, senza scontrarci l’uno con l’altro. Insieme, con la speranza che non delude, uniti nell’amore di Dio diffuso in tutti i cuori possiamo non solo sognare la pace, ma impegnarci perché senza parlare tanto la pace si realizzi attraverso processi di ascolto, dialogo, riconciliazione. La Chiesa sinodale ha bisogno che le parole condivise siano accompagnate dai fatti. Questo è il cammino. E questo è compito dello Spirito Santo: è lui che fa l’armonia. Che l’armonia continui anche uscendo da quest’aula e il soffio del Risorto ci aiuti a condividere i doni ricevuti». Infine ancora una citazione di Madeleine DeBrel: “Ci sono luoghi in cui soffia lo Spirito Santo, ma c’è lo Spirito che soffia in tutti i luoghi“».

IL DOCUMENTO SINODALE FINALE

Entrando nei dettagli del documento sinodale, uno spazio importante è stato dato al protagonismo delle donne nella Chiesa: «In forza del battesimo – si legge nel documento -, uomini e donne godono di pari dignità nel Popolo di Dio. Eppure, le donne continuano a trovare ostacoli nell’ottenere un riconoscimento più pieno dei loro carismi, della loro vocazione e del loro posto nei diversi ambiti della vita della Chiesa, a scapito del servizio alla comune missione. “Le donne – si legge al paragrafo 60 – costituiscono la maggioranza di coloro che frequentano le chiese e sono spesso le prime testimoni della fede nelle famiglie”. È stato quest’ultimo il passaggio che ha ricevuto il maggior numero di voti contrari di tutto il documento finale, ovvero 97: «Sono attive nella vita delle piccole comunità cristiane e nelle parrocchie – aggiunge il documento -; gestiscono scuole, ospedali e centri di accoglienza; sono a capo di iniziative di riconciliazione e di promozione della dignità umana e della giustizia sociale. Le donne contribuiscono alla ricerca teologica e sono presenti in posizioni di responsabilità nelle istituzioni legate alla Chiesa, nelle Curie diocesane e nella Curia Romana. Ci sono donne che svolgono ruoli di autorità o sono a capo di comunità».

L’assemblea sinodale invita a «dare piena attuazione a tutte le opportunità già previste dal diritto vigente relativamente al ruolo delle donne, in particolare nei luoghi dove esse restano inattuate. Non ci sono ragioni che impediscano alle donne di assumere ruoli di guida nella Chiesa: non si potrà fermare quello che viene dallo Spirito Santo. Anche la questione dell’accesso delle donne al ministero diaconale resta aperta. Occorre proseguire il discernimento a riguardo. L’Assemblea invita inoltre a prestare maggiore attenzione al linguaggio e alle immagini utilizzate nella predicazione, nell’insegnamento, nella catechesi e nella redazione dei documenti ufficiali della Chiesa, dando maggiore spazio all’apporto di donne sante, teologhe e mistiche».

Quindi non è mancato un chiarimento rispetto alla Gerarchia ecclesiastica: «In una Chiesa sinodale – si legge ancora nel documento -, la competenza decisionale del Vescovo, del Collegio Episcopale e del Vescovo di Roma è inalienabile, in quanto radicata nella struttura gerarchica della Chiesa stabilita da Cristo a servizio dell’unità e del rispetto della legittima diversità».

Lo si legge al paragrafo 92 del documento finale del Sinodo, approvato con 39 voti contrari: «Tuttavia – precisa il documento -, non è incondizionata. Un orientamento che emerga nel processo consultivo come esito di un corretto discernimento, soprattutto se compiuto dagli organismi di partecipazione, non può essere ignorato. Risulta inadeguata una contrapposizione tra consultazione e deliberazione. Nella Chiesa la deliberazione avviene con l’aiuto di tutti, mai senza l’autorità pastorale che decide in virtù del suo ufficio. Per questa ragione – propone il documento finale – la formula ricorrente nel Codice di diritto canonico, che parla di voto “solamente consultivo” (tantum consultivum), deve essere riesaminata per eliminare possibili ambiguità. Appare quindi opportuna una revisione della normativa canonica in chiave sinodale, che chiarisca tanto la distinzione quanto l’articolazione tra consultivo e deliberativo e illumini le responsabilità di coloro che nelle diverse funzioni prendono parte ai processi decisionali».

E nel documento finale, al paragrafo 125, sono emerse anche alcune raccomandazioni: «Raccogliere i frutti della riflessione sullo statuto teologico e giuridico delle Conferenze episcopali – esortano i padri sinodali – e precisare l’ambito della competenza dottrinale e disciplinare delle Conferenze episcopali. Senza compromettere l’autorità del Vescovo nella Chiesa a lui affidata né mettere a rischio l’unità e la cattolicità della Chiesa, l’esercizio collegiale di tale competenza può favorire l’insegnamento autentico dell’unica fede in un modo adeguato e inculturato nei diversi contesti, individuando le opportune espressioni liturgiche, catechetiche, disciplinari, pastorali, teologiche e spirituali». Nel testo, viene inoltre suggerito di «procedere a una valutazione dell’esperienza del reale funzionamento delle Conferenze episcopali, dei rapporti tra gli episcopati e con la Santa Sede, per individuare le riforme concrete da attuare».

Ma si è parlato anche di ministeri ordinati: «Lungo il processo sinodale – denotano ancora i padri sinodali -, è stata ampiamente espressa la richiesta che i percorsi di discernimento e formazione dei Candidati al ministero ordinato siano configurati in stile sinodale». Lo si legge al numero 148 del documento finale del Sinodo sulla sinodalità, approvato con 40 voti contrari: «Ciò significa – precisa il documento – che devono prevedere una presenza significativa di figure femminili, un inserimento nella vita quotidiana delle comunità e l’educazione a collaborare con tutti nella Chiesa e a praticare il discernimento ecclesiale. Ciò implica un investimento coraggioso di energie per la preparazione dei formatori», indica ancora il testo nel quale l’assemblea chiede una revisione della Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis «che recepisca le istanze maturate nel Sinodo, traducendole in indicazioni precise per una formazione alla sinodalità. Non meno necessaria è la formazione dei vescovi, perché possano assumere sempre meglio la loro missione di comporre in unità i doni dello Spirito ed esercitare in stile sinodale l’autorità loro conferita. Lo stile sinodale della formazione, implica che la dimensione ecumenica sia presente in tutti gli aspetti dei percorsi verso il ministero ordinato».

Inoltre, nel testo, si è parlato anche del ministero papale: «La riflessione in merito all’esercizio del ministero petrino in chiave sinodale – puntualizza il documento finale – va condotta nella prospettiva della “salutare decentralizzazione” sollecitata da Papa Francesco e richiesta da molte Conferenze Episcopali». Lo ha ribadito il paragrafo 134, approvato con soli 18 voti contrari. Secondo la Praedicate Evangelium, questa decentralizzazione comporta «di lasciare alla competenza dei Pastori la facoltà di risolvere, nell’esercizio del loro proprio compito di maestri e di pastori, le questioni che conoscono bene e che non toccano l’unità di dottrina, di disciplina e di comunione della Chiesa. Si potrebbe individuare attraverso uno studio teologico e canonico quali materie debbano essere riservate al Papa e quali possano essere restituite ai Vescovi nelle loro Chiese o raggruppamenti di Chiese. Anche l’elaborazione della normativa canonica da parte di chi ne ha il compito e l’autorità nella Chiesa, dovrebbe avere stile sinodale e maturare come frutto di un discernimento ecclesiale».

Tra i luoghi per praticare la sinodalità e la collegialità a livello della Chiesa tutta, emerge il Sinodo dei Vescovi il quale, conservando la sua natura episcopale, «ha visto e potrà vedere anche in futuro nella partecipazione di altri membri del popolo di Dio, in modo che si realizzi concretamente l’articolazione tra il coinvolgimento di tutti (il santo popolo di Dio), il ministero di alcuni (il Collegio dei vescovi) e la presidenza di uno (il successore di Pietro)».

About Davide De Amicis (4522 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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