"L’insostenibilità dei ritmi di lavoro – sottolinea la Cei -, l’inconciliabilità della vita professionale ed economica con quella personale, affettiva e famigliare, i costi psicologici e spirituali di una competizione che si basa sull’unico principio della performance, vanno contrastati nella prospettiva della generatività sociale"
"Avremmo bisogno - auspica Magatti - di un ’68 post-soggettivistico, che concepisca la libertà come relazione e responsabilità anziché come pura manifestazione dell’io"