“Servendo ho trovato gioia. Più dai, più ricevi!”
"Mi è costato spostarmi, di qualche centinaio di metri, ma a me la Cattedrale sembrava una cosa grande. Io sono piccolino, sono limitato, sono un povero prete, ma ho obbedito. Direbbe Papa Giovanni XXIII “Obbedienza è pace”
«Servendo ho trovato gioia». Con queste parole, estrapolate dal libro delle preghiere delle esequie del suo indimenticato parroco, stamani il parroco della Cattedrale di San Cetteo è stato insignito del Ciatté d’oro: le benemerenze civiche che, unitamente ai Delfini d’oro e alle menzioni, ogni anno vengono consegnate a coloro che il sindaco di Pescara Carlo Masci ha definito «ambasciatori della pescaresità» – ringraziati «per quello che hanno dato a Pescara e per quello che ancora daranno a Pescara» – nella sala consiliare il giorno in cui si fa memoria del patrono cittadino e dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne, San Cetteo vescovo e martire.
Un riconoscimento, quello attribuito a monsignor Santuccione, deciso dalla Commissione dei saggi designata dall’amministrazione comunale con un’importante motivazione: “Uomo di Chiesa dal 1975 e parroco di San Cetteo dal 2012, ha dedicato la sua vita alla fede diventando guida spirituale della comunità pescarese. Con il sorriso, si è messo a servizio dei bisognosi, sempre seguendo la parola di Dio, facendo della solidarietà e della carità i principi della sua missione. La sua profonda umanità e la sua amorevole perseveranza lo hanno reso un punto di riferimento solido e insostituibile per i pescaresi”.
L’importante premio è stato consegnato a monsignor Francesco Santuccione dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti. Quindi i ringraziamenti, semplici, sentiti e commossi, del parroco della Cattedrale di Pescara, la “chiesa madre” di tutti i pescaresi: «Un grande grazie al Signore – afferma il presbitero -, che mi ha dato la vita, e ai miei genitori che mi hanno fatto nascere. Io sono l’ultimo, il sesto. E poi, grazie a tutte le persone. Al mio parroco, che mi ha aiutato a scoprire la vocazione, poi i vari vescovi. Monsignor Iannucci, monsignor Cuccarese e l’attuale arcivescovo monsignor Valentinetti, i miei confratelli e tutto il popolo che mi ha dato da servire».
A questo punto, don Francesco – come tutti affettuosamente ancora lo chiamano – ha svelato da dove trae ispirazione il suo slancio caritatevole e solidale: «Quando è morto il mio parroco – racconta il parroco di San Cetteo -, nel libro della preghiera ho trovato un foglietto in cui era scritto “Ho sognato che la vita è gioia. Mi sono svegliato, la vita è servizio. Servendo ho trovato la gioia”. Funziona questo! Quando mi apro agli altri, con l’aiuto del “Titolare”, perché ognuno è un po’ egoista, più dai e più ricevi».
Infine, l’abate della Cattedrale di Pescara ha ripercorso le tappe più recenti del suo cammino sacerdotale: «Ringrazio tutte le persone… I miei parrocchiani di San Luigi, dove sono stato per 22 anni e 100 giorni. Poi l’arcivescovo mi ha spinto, ho obbedito… Mi è costato spostarmi, di qualche centinaio di metri, ma a me la Cattedrale sembrava una cosa grande. Io sono piccolino, sono limitato, sono un povero prete, ma ho obbedito. Direbbe Papa Giovanni XXIII “Obbedienza è pace”. Così si è creata una squadra di laici, dall’altare al servizio catechistico a tutte le fasce d’età. Poi gli scout hanno ripreso quota, hanno da poco celebrato i loro cento anni e hanno festeggiato. Poi lo staff di laici che ogni mattina si alterna per offrire la colazione ai tanti poveri che bussano in Cattedrale. Siccome abbiamo cinque porte, vengono a tutte le ore e in tutti i momenti. Qualche pomeriggio ho visto che qualcuno ci si è pure addormentato in Cattedrale, ma la Chiesa dev’essere aperta. È la casa di tutti, è universale. Allora ringrazio Pescara che mi ha accolto, io venivo sempre a Pescara e mi sono sempre sentito a casa. E allora termino dicendo “Nù sem nù”. E ringraziamo Iddio».