Lorenzo e Pierluigi, oggi preti
Ormai ci siamo: oggi la Chiesa di Pescara – Penne vive il suo momento di festa nella solennità dei Santi Pietro e Paolo con un evento da ricordare: da oggi infatti ci saranno due nuovi sacerdoti: don Pierluigi Pistone e don Lorenzo Di Domenico. Accompagnati dalla preghiera dell’arcivescovo che ha approfittato della sua intervista a Radio Speranza per invocare la benedizione del Signore su di loro, don Lorenzo e don Pierluigi si apprestano a vivere un giorno che cambierà la loro esistenza, quella di quanti già li conoscono come pure di coloro che li incontreranno lungo il loro cammino. Laporzione.it li ha avvicinati e propone oggi un’intervista doppia.
Come nasce per voi questa vocazione al sacerdozio?
Lorenzo: «Tutto è partito dalla Parola di Dio che si è impressa nel mio cuore e mi ha accompagnato tra le varie vicende della vita e mi ha aiutato a mantenere sempre la motivazione di base che mi richiamava sempre al perché stavo in seminario, perché ho fatto questa scelta. Questa Parola mi colpì un giorno in cui stavo in preghiera nella chiesa della Madonna degli Angeli, dove abitavo e diceva che Gesù ebbe compassione della folla che era come pecore senza pastore. Ho avvertito, tramite quella Parola, a condividere i suoi stessi sentimenti verso la folla che ha bisogno sempre di vedere nel suo pastore l’immagine di Gesù che continua a guidare la sua Chiesa».
Pierluigi: «La prima cosa importante per me è stata la famiglia. La famiglia è stata il centro in cui la mia fede, il mio modo di vivere anche la fede è iniziato. Dico sempre che il segno della croce me l’hanno insegnato mia mamma e mio padre, loro mi hanno insegnato le preghiere ancora prima dei catechisti. Quindi dico sempre che la prima Chiesa che incontra un uomo nella sua vita è proprio la famiglia, questa Chiesa domestica. Poi ci sono stati diversi incontri nella mia vita di sacerdoti che mi hanno aiutato a comprendere la figura del sacerdote, mi hanno aiutato a comprendere che nella vita ci sono tante possibili vocazioni, non solo quella matrimoniale. Poi c’è stato indubbiamente anche l’incontro con i malati: sin dalla giovane età, da quando avevo 22 anni, ho ricevuto il ministero bellissimo dell’accolitato ed ho iniziato a viverlo con gli anziani e i malati della parrocchia dove sono cresciuto, la parrocchia del Sacro Cuore. Da lì c’è stato l’incontro col Cristo sofferente. Ma quello che mi colpì di più era l’attesa che queste persone avevano dell’Eucarestia che arrivava a casa loro, l’attesa che mi ha fatto vivere Gesù come una Persona viva. Ho compreso che la fede è veramente un incontro, una Persona. Da lì piano piano, grazie ai diversi cammini di vita come lo scoutismi in cui sono cresciuto, la vita parrocchiale, la vita diocesana, è sfociata alla fine, anche se in età abbastanza adulta, perché ho deciso a trent’anni di entrare in seminario, la decisione che la mia vita fosse votata non solo ad una famiglia ristretta, ma ad una allargata che è quella della Chiesa che nasce dalla celebrazione dell’Eucarestia».
Nell’imminenza di quest’evento che cambierà la vostra vita e non solo la vostra, quali sono le sensazioni?
L.: «Dopo che in tanti anni di seminario ci hanno parlato dell’identità del presbitero, di chi deve essere, sono tanto riempito di queste cose che ho solo l’entusiasmo di cominciare a metterle in pratica ed a misurarmi con questa identità. Quindi tutta la trepidazione gioiosa sta nell’iniziare a mettermi in gioco. È un’attesa molto gioiosa e non vedo l’ora di iniziare».
P.: «Quello che dice Lorenzo è vero e pieno. C’è tutta una gioia perché dire di sì al Signore ed arrivare poi a questa grande meta del dono del presbiterato sicuramente ti porta gioia perché dire sì alla risposta vocazionale della tua vita è inevitabilmente una fonte di enorme gioia. Però non nascondo nello stesso tempo l’agitazione che si comincia a sentire perché comunque ogni tanto, per quanto mi riguarda, quella piccola domandina, cioè se sarò capace di ricevere questo dono, fa capolino. Però la capacità non sta in noi stessi , ma sappiamo direttamente da chi arriva e allora ti affidi e vai avanti».
Volendo rivolgere un messaggio in particolare ai giovani, che cosa direste?
L.: «Sempre dico ai giovani che incontro: non soffocate i desideri di bene che nascono in fondo al nostro cuore! Dietro quei desideri si può nascondere la volontà di Dio, il progetto di Dio sulla vostra vita! Quindi invito i ragazzi a non avere paura di questi desideri, ma a tirarli fuori e lasciarsi guidare perché sono quei desideri che poi ci portano alla felicità piena che i giovani cercano e trovano solo in questa realizzazione, in una vita spesa per il Signore».
P.: «Per quanto mi riguarda, io ho lavorato moltissimo con i giovani e mi sono accorto di una cosa: i giovani di oggi hanno un’idea della fede a volte da smantellare. È l’idea che la fede sia andare a Messa la domenica, non fare questo o fare quest’altro, credono che la fede sia semplicemente quell’insieme di regole da rispettare e che, se le rispetti, tutto procede liscio. Questa è un’idea che, secondo me, va smantellata. La fede, come dicevo prima, è l’incontro con una Persona: tutto il resto verrà di conseguenza. Ai ragazzi dico sempre: se t’innamori di una ragazza o di un ragazzo, desideri incontrarlo, stare con lui, parlare con lui e fai determinate cose perché sai che a lui o lei fanno piacere o non fai certe cose perché sai che a lui o lei dispiacciono. Quindi, se incontri Gesù Cristo, tutto il resto viene di conseguenza. Perciò mi sento di dire ai giovani è: lasciatevi incontrare da Cristo perché Lui è lì. Fin quando cercherete d’incontrarlo solo con la mente, sarà difficile, ma se vi abbandonate veramente a questo Dio e a questo Gesù che vi vuole parlare, vi vuole incontrare certamente lo incontrerete e da quell’incontro sicuramente nascerà qualcosa di più grande, di più bello e tutto, tutto, veramente tutto verrà automatico e spontaneo».
Adesso, superato, il momento dell’ordinazione, quali sono, se li avete, i vostri progetti?
L.: «Quando il Vescovo mi ha chiesto cosa pensassi per il futuro, gli ho detto che mi metto nelle sue mani. Quindi nessun progetto. Per ora rimarrò nella parrocchia dove ho prestato servizio da diacono, Sant’Antonio a Montesilvano. Poi si vedrà».
P.: «Indubbiamente ci mettiamo nelle mani del Vescovo perché così sicuramente ci mettiamo nelle mani dello Spiriti Santo che agisce nella Chiesa. Quindi noi siamo uomini a disposizione, Non c’è ancora un progetto preciso, ma io sono davvero aperto ad ogni possibilità. L’unica cosa che mi auguro per il mio futuro è rimanere fedele alla Parola di Dio e vivere con il Vangelo tra le mani non solo come preghiera, ma come una Parola che può diventare, attraverso le mie mani, azione. Poi come sarà o dove sarà, non è importante».
Che significa per voi celebrare l’ordinazione nella solennità dei Santi Pietro e Paolo?
L.: «Oggi ci sono due nuovi Pietro e Paolo per le strade dell’arcidiocesi di Pescara – Penne».
P.: «Per me ha un significato grosso per due motivi: il primo è che oggi è anche il mio compleanno e sono contento che proprio in questo giorno la Chiesa mi fa questo dono perché è una nuova rinascita. Poi è il giorno del mio mezzo onomastico, perché in Pierluigi c’è anche Pietro: Veramente spero che da oggi la mia vita acquisti un dignificato ancora più profondo».