“La famiglia, contro l’individualismo, introduce la fraternità nel mondo”
"Lo stile della fraternità - spiega il Papa - si irradia come una promessa sull’intera società e sui rapporti tra i popoli. La benedizione che Dio, in Gesù Cristo, riversa su questo legame di fraternità lo dilata in un modo inimmaginabile, rendendolo capace di oltrepassare ogni differenza di nazione, di lingua, di cultura e persino di religione"
«Forse non sempre ne siamo consapevoli, ma è proprio la famiglia che introduce la fraternità nel mondo». Lo ha ricordato ieri Papa Francesco, pronunciando la catechesi all’interno della consueta udienza generale del mercoledì in piazza San Pietro, assicurando che il legame di fraternità che si forma in famiglia tra i figli, se avviene in un clima di educazione all’apertura agli altri, è la grande scuola di libertà e di pace: «A partire – spiega il Papa – da questa prima esperienza di fraternità, nutrita dagli affetti e dall’educazione familiare, lo stile della fraternità si irradia come una promessa sull’intera società e sui rapporti tra i popoli. La benedizione che Dio, in Gesù Cristo, riversa su questo legame di fraternità lo dilata in un modo inimmaginabile, rendendolo capace di oltrepassare ogni differenza di nazione, di lingua, di cultura e persino di religione. Pensate che cosa diventa il legame fra gli uomini, anche diversissimi fra loro, quando possono dire di un altro: “È proprio come un fratello, è proprio come una sorella per me!”».
Del resto, a detta del Santo Padre – la storia ha mostrato a sufficienza che anche la libertà e l’uguaglianza, senza la fraternità, possono riempirsi di individualismo e di conformismo, anche di interesse: «Quando il rapporto fraterno si rovina – osserva il Pontefice, citando il racconto biblico di Caino e Abele quale esempio di questo esito negativo -, apre la strada ad esperienze dolorose di conflitto, di tradimento, di odio». Dopo l’uccisione di Abele, infatti, Dio domanda a Caino: “Dov’è Abele, tuo fratello?”. È una domanda che il Signore continua a ripetere in ogni generazione: «E purtroppo – constata Papa Bergoglio -, in ogni generazione, non cessa di ripetersi anche la drammatica risposta di Caino: “Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?”. Quando il rapporto fraterno si rovina, diventa una cosa brutta, cattiva per l’umanità».
E questo accade anche in famiglia: «Quanti fratelli – aggiunge il Sommo Pontefice – hanno litigato per piccole cose e poi non parlano più, non si salutano più, e questo è brutto! La fraternità è una cosa grande. Pensiamo che tutti i fratelli hanno abitato, quando erano nella stessa madre, per 9 mesi, vengono dalla carne della madre. Non si può rompere la fratellanza! E quando si rompe succede quello che è accaduto a Caino e Abele, e questo è brutto, è una cosa molto dolorosa da sentire».
Tutti, poi, conosciamo famiglie che hanno fratelli divisi: «Forse – riflette Papa Francesco – anche la nostra famiglia è divisa. Preghiamo perché il Signore ci aiuti a riunire i fratelli, a ricostituire la famiglia. Nelle nostre preghiere sempre preghiamo per i fratelli che si sono divisi». Questo l’invito del Papa, che poco prima di finire la catechesi ha chiesto ai 9 mila fedeli presenti di fare un minuto di silenzio per ricordare i propri fratelli e le proprie sorelle: «Con questa preghiera – prosegue il Pontefice, dopo che era sceso il silenzio su piazza san Pietro – li abbiamo portati tutti, col pensiero, col cuore, qui in piazza perché ricevano la benedizione».
E la fraternità in famiglia risplende in modo speciale quando vediamo la premura, la pazienza, l’affetto di cui vengono circondati il fratellino o la sorellina più deboli, malati o portatori di handicap: «I fratelli e le sorelle – sottolinea il Santo Padre – che fanno questo sono moltissimi, in tutto il mondo, e forse non apprezziamo abbastanza la loro generosità. Quando i figli sono tanti in famiglia, oggi ho incontrato una famiglia che ha nove figli, il più grande o la più grande aiuta il papà e la mamma a curare i più piccoli. E questo è bello, questo lavoro di aiuto tra fratelli. Avere un fratello, una sorella che ti vuole bene è un’esperienza forte, impagabile, insostituibile».
Ma non dobbiamo dimenticarci anche dei più piccoli, dei più deboli e dei più poveri che debbono intenerirci: «Hanno diritto – afferma Papa Bergoglio – di prenderci l’anima e il cuore. Sono nostri fratelli e come tali dobbiamo amarli e trattarli. Quando questo accade, quando i poveri sono come di casa, la nostra stessa fraternità cristiana riprende vita».
Dicendo questo, Papa Francesco ha ribadito che i cristiani vanno incontro ai poveri e deboli non per obbedire a un programma ideologico, ma perché la parola e l’esempio del Signore ci dicono che sono nostri fratelli: «Questo – ricorda il Papa – è il principio dell’amore di Dio e di ogni giustizia fra gli uomini. Oggi più che mai è necessario riportare la fraternità al centro della nostra società tecnocratica e burocratica».
Questo il “programma” del Santo Padre: «Allora – prefigura il Sommo Pontefice – anche la libertà e l’uguaglianza prenderanno la loro giusta intonazione. Non priviamo a cuor leggero le nostre famiglie, per soggezione o per paura, della bellezza di un’ampia esperienza fraterna di figli e figlie». Quindi l’appello finale: «E non perdiamo – conclude il Santo Padre – la nostra fiducia nell’ampiezza di orizzonte che la fede è capace di trarre da questa esperienza, illuminata dalla benedizione di Dio».