San Giuseppe. I sette dolori e le sette allegrezze
Una preghiera molto recitata dai devoti di san Giuseppe si intitola così: I sette dolori e le sette allegrezze di San Giuseppe. Una preghiera abbastanza lunga, divisa in sette parti, a loro volta costituite da alcuni versetti tratti dal Vangelo, da alcune espressioni-guida che spiegano gioie e dolori, quindi una preghiera da recitarsi a conclusione. I sette momenti scandiscono tutta la vita del santo nel suo esercizio della paternità come Custode del Redentore. La preghiera porta il devoto a meditare i misteri della vita nascosta di Gesù, nei quali Giuseppe è stato presente e coinvolto, come Maria. Il pregio di questa meditazione è quello di farci rivivere i due sentimenti che attraversano l’animo di san Giuseppe: gioia e dolore insieme, preoccupazione e serenità.
L’origine di questa devozione risale a fra Giovanni da Fano (1469-1539), un italiano membro del ramo dei cappuccini, il quale nel suo libro De arte unione (1536) aggiunse come appendice la preghiera intitolata Li septe pater nostri de san Joseph, facendone autore lo stesso san Giuseppe. Il cappuccino racconta che due padri dell’Ordine di San Francesco, in seguito a un naufragio nei pressi delle Fiandre, si raccomandarono al glorioso san Giuseppe del quale erano particolarmente devoti. Al terzo giorno, furono messi in salvo da un giovane che apparve loro con l’aspetto di un bellissimo uomo, dicendo: «Io sono san Giuseppe, degnissimo sposo della beatissima Madre di Dio». Egli rivelò i sette dolori ricevuti nei sette misteri che scandirono la sua vita e che, nel complesso, rappresentano i misteri della vita nascosta di Gesù: l’incarnazione di Gesù e la vocazione di san Giuseppe; la nascita di Gesù a Betlemme; la presentazione di Gesù al tempio; fuga e soggiorno in Egitto; ritorno dall’Egitto; ritrovamento di Gesù nel tempio; vita nascosta a Nazareth. San Giuseppe assicurò ai frati che qualunque persona dirà ogni giorno, per tutto l’anno, sette Padre nostro e sette Ave Maria, meditando sui sette dolori, otterrà ogni grazia che sia conforme al suo bene spirituale.
Fu lo stesso san Giuseppe a indicare ai frati quali fossero stati i suoi dolori, ai quali, successivamente, fra Giovanni da Fano aggiunse la gioia relativa a ciascun singolo dolore – sette allegrezze per sette dolori –, fino ad arrivare al testo ufficiale dei Dolori e allegrezze di san Giuseppe, che si può trovare nell’Enchiridion Indulgentiarum (Poliglotta, Vaticano, 2 ed. 1952, pp. 341-345). Da ricordare che Pio IX con un decreto Urbis et Orbis (23 settembre 1846) ne approverà una forma più breve a benefico degli ammalati.
Abbiamo detto che il fine di questa devozione è pregare meditando sulle tappe più importanti della vita di Gesù fanciullo e adolescente, perché è Lui il centro della preghiera. La novità è la prospettiva dalla quale vengono contemplati i sette misteri: gli occhi di san Giuseppe, un padre, unitamente a quelli di una madre, Maria. Quando Gesù nasce possiamo immaginare la gioia di Maria e Giuseppe, ma anche la loro preoccupazione per la precarietà della situazione. Quando Gesù dodicenne viene trovato nel tempio, il cuore di Giuseppe si riempie di gioia, ma è difficile dimenticare l’angoscia e l’ansia nel cercarlo per le vie di Gerusalemme. E così il dolore di Giuseppe per la circoncisione del Bambino e la relativa gioia nell’imporGli il nome di Gesù; dolore per l’esilio in Egitto e la relativa gioia nell’affidarsi alla volontà di Dio; dolore e gioia di Giuseppe nel ritorno in Israele e nella residenza di Nazaret. Tra tutti i misteri, san Giuseppe spicca nel dolore per scoprire Maria incinta e la relativa gioia nello scoprire il progetto che Dio aveva su di lui.
Sette gioie per sette dolori, non fa quattordici ma sempre sette. Il messaggio di questa preghiera è chiaro. La vita di ogni uomo non può sempre essere letta a senso unico o solo gioia o solo dolore, ma va interpretata tenendo presente entrambi i risvolti, quello della gioia e quello del dolore. Giuseppe ha condiviso la vita comune a tutti. Ma la preghiera non dice solo questo, perché è espressione di una fede, non la presentazione di un pensiero solo umano. San Giuseppe non solo visse gioie e dolori, ma seppe scoprire in entrambi la volontà di Dio e cosa gli fosse chiesto, e come collaborare al progetto di Dio, sempre. Nella gioia e nel dolore, affidiamoci a Giuseppe: «obbedientissimo, fortissimo, prudentissimo, fedelissimo» (cfr. Litanie di San Giuseppe).