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Umorismo, pagliuzze e travi

Abbiamo inventato una storiella umoristica, ispirata al Vangelo di Luca (6, 39-45) che ci mette in guardia dall'ipocrisia e dalla cattiva attitudine a giudicare il prossimo. L'umorismo non è irriverente né edificante. Se riesce, fa pensare con il sorriso.

Non possiamo competere con l’umorismo yiddish ma anche noi cattolici facciamo ridere. Nel nostro piccolo. Come nelle sapide storielle ebraiche s’intende per “umorismo” quella deliziosa attitudine all’autoironia, al nonsense su se stessi, sempre edificante ma non troppo. A seguire una dimostrazione tratta da fatti realmente accaduti che riportiamo per dovere di cronaca, la qual cosa, è risaputo, non può accordarsi sempre con la carità cristiana.

Se questa fosse una storiella ebraica parlerebbe di tre professori cattolici (e già questo fa ridere) che si ritrovano in una “sala professori” (questo fa ridere se le frequentate), quando improvvisamente il più fastidioso tra i tre (non c’è proprio da ridere) inizia a motteggiare sull’ipocrisia dei cattolici, citando una celebre frase del Vangelo: «Perché guardi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?» [cfr. Luca, 6, 39-45].

E fu così che nella “sala professori”…

«È proprio vero! Quanta ipocrisia tra i cattolici: tutte “travi” che stanno a guardare le “pagliuzze” degli altri!».

«Fratello, per favore, sii misericordioso: immedesimati. Accecato, pensi sia tanto facile distinguere una pagliuzza da una trave?».

«Effettivamente. E poi, diciamocelo, chi è che con una trave in un occhio si metterebbe a cercare una pagliuzza in quello del fratello?».

«Convengo con te. Al massimo, con una trave in un occhio, cercheresti qualcuno capace di estrarre il corpo estraneo dal tuo».

«Scusate, allarghiamo la prospettiva: non sottovalutiamo le pagliuzze! Anch’esse possono recare danno  e fastidio ad un occhio».

« Tantissimo!» Al punto che potresti anche scambiare una pagliuzza per una trave».

«O viceversa. Anche scambiare una trave per una pagliuzza, in fondo, è ingiusto nei confronti di un fratello».

«Su, amici, per favore! Sono cose serie: atteniamoci a una esegesi letterale. Stiamo parlando di un occhio con una trave che giudica un occhio con una pagliuzza».

«La Chiesa deve prendere una posizione decisa sulla questione. C’è troppa ipocrisia tra noi».

«Chi l’ha detto?».

«La Chiesa».

«Ah!».

«Dove andremo a finire di questo passo?».

«Finiremo con l’avere, tutti, le travi negli occhi. Ecco cosa succederà!».

«Bene!».

«Come bene! Che dici?».

«Se saremo tutte “travi” non potremo più giudicare le “pagliuzze”. Sarà la fine dell’ipocrisia!».

«Non sottovalutare il diavolo!».

«Che c’entra il diavolo?».

«Lui è il “divisore”, per definizione! Fino a quando ci sarà il male, ci sarà sempre una “trave” che giudica una “pagliuzza”».

«È vero! “Diavolo” da “diábolos”: il “divisore”. Siamo proprio ai fondamentali della teologia».

«Allora dovremo tenerci l’ipocrisia! Fino a quando ci sarà un cattolico ci sarà anche un ipocrita. E viceversa».

«Ti arrendi, così? La rassegnazione non è degli spiriti religiosi!».

«Non mi arrendo! Combatterò un altro genere di “travi” e di “pagliuzze”».

«A chi ti riferisci?».

«A tutte quelle “pagliuzze” che vanno in giro nel mondo con delle “travi” nei propri occhi. Non sai quanti danni possano fare, se incappi in uno di loro».

«E chi sono?».

«I cretini. Piccoli come pagliuzze vagano nel mondo inebetiti come avessero preso una trave. Sai quanti ne ho visti, io, con questi occhi!».

«Ah, fratello, che arguta e vera allegoria! Come ci hai pensato?».

«Eh, come dice il Salmo [62 (61)]? “Una parola ha detto Dio, due ne ho udite”!».

«Come sei saggio, professore!».

«Più che saggio sono cattolico. Nel mio piccolo».