Aborto ed eutanasia: strumenti di pace illusori
«Coloro che non apprezzano a sufficienza il valore della vita umana e, per conseguenza, sostengono per esempio la liberalizzazione dell’aborto, forse non si rendono conto che in tal modo propongono l’inseguimento di una pace illusoria. La fuga dalle responsabilità, che svilisce la persona umana, e tanto più l’uccisione di un essere inerme e innocente, non potranno mai produrre felicità o pace. Nemmeno è giusto codificare in maniera subdola falsi diritti o arbitrii, che, basati su una visione riduttiva e relativistica dell’essere umano e sull’abile utilizzo di espressioni ambigue, volte a favorire un preteso diritto all’aborto e all’eutanasia, minacciano il diritto fondamentale alla vita. Come si può, infatti, pensare di realizzare la pace, lo sviluppo integrale dei popoli o la stessa salvaguardia dell’ambiente, senza che sia tutelato il diritto alla vita dei più deboli, a cominciare dai nascituri?».
Con queste parole, ieri, il Santo Padre Benedetto XVI ha stigmatizzato il ricorso all’aborto e all’eutanasia nell’ambito del Messaggio per la Giornata mondiale per la Pace 2013 dal titolo “Beati gli operatori di pace”: «Perciò – ha auspicato il Pontefice – è anche un’importante cooperazione alla pace che gli ordinamenti giuridici e l’amministrazione della giustizia riconoscano il diritto all’uso del principio dell’obiezione di coscienza nei confronti di leggi e misure governative che attentano contro la dignità umana, come l’aborto e l’eutanasia».
Un monito, quello espresso dal Papa, severo e deciso sul quale, in serata, è tornato ad insistere anche il cardinale Angelo Bagnasco: «Quale garanzia ci può essere – si è chiesto il presidente della Conferenza episcopale italiana – se uno Stato non rispetta, non promuove, non accoglie, non difende la vita soprattutto la più fragile e la debole, anche quella vita che non ha neppure il volto, neppure la voce per imporre sé stessa ed il proprio diritto? Oppure se quella vita non ha più la voce perché l‘ha persa, in uno stato di incoscienza o di infermità mentale?». In effetti l’altro prelato, nel suo intervento, non ha mai parlato direttamente di eutanasia e aborto, ma ha precisato: «É evidente a chi pensiamo. Quali garanzie ci possono essere se la comunità, non è in grado di accogliere o non vuole accogliere, per motivi anche i più umanitari a parole, ma in realtà temo, a volte, per motivi economici?».
Ancora il cardinale si è chiesto quali garanzie possa dare uno Stato se la comunità civile non è in grado di accogliere la vita nella fase più ultima: «Parliamo spesso degli ultimi – ha osservato Bagnasco – ma gli ultimi degli ultimi sono coloro che non possono opporre agli altri neppure la presenza, neppure un volto, tanto meno la voce». Tutto questo, di conseguenza, porterebbe la nostra società a gestire con un’incoerenza di fondo le altre fragilità umane: «Infatti – ha concluso il presidente dei vescovi italiani – se il cuore della società non è abbastanza grande, sensibile da commuoversi di fronte a queste situazioni ultime della fragilità umana, e non le accoglie perché dice di dover pensare alle altre fragilità, c‘è un circolo che non si può spezzare. Non c‘è giustizia senza verità in quanto l‘etica sociale si fonda ed è garantita dall‘etica della vita. Entrambe sono intimamente congiunte: l‘una fonda e garantisce l‘altra, l‘altra invera la prima».