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Cercatori di Dio – II

La Samaritana, Agostino, Pascal: chi cerca chi?

Cercare Dio è un’esigenza vitale. Le domande, a volte consapevoli, più spesso inespresse, che riguardano «la nostra esistenza, il nostro destino e il senso di ciò che siamo e facciamo» (Lettera ai cercatori di Dio, p. 2), nascondono il bisogno innato di scoprire Dio e di comprendere in che termini si esprime il nostro rapporto con Lui.

Nel nostro precedente appuntamento, attraverso le figure dei Magi e dei primi discepoli è emersa la prima domanda del cercatore: dove? (link). Certamente le chiese sono un luogo privilegiato per l’incontro con il Signore. Ma nelle parole di Gesù alla Samaritana risuona un monito di eterna saggezza: «Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre … Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità» (Gv 4,21-24). Se Dio è Spirito, non esistono luoghi fisici privilegiati per fare l’incontro con Lui. L’incontro con Dio è un evento intimo da vivere nella quotidianità del proprio cuore.

Il cuore non è uno spazio fisico, ma spirituale e illimitato: altrimenti come potrebbe l’Infinito prendervi dimora? Su questo mistero rifletteva Agostino: «Come invocherò il mio Dio, il mio Dio e Signore, poiché in-vocarlo significa chiamarlo dentro di me? E quale luogo è in me in cui possa venire il mio Dio?» (Conf. I,2). Ma il problema è un altro: «Perché chiederTi di venire in me, dal momento che io non sarei se Tu non fossi in me … o meglio non sarei se io non fossi in Te … Dove dunque invocarti, se già sono in te?». V’è in queste considerazioni l’eco della Parola del Signore: «Io sono nel Padre e il Padre è in me» (Gv 14,11). Come il Figlio unigenito è nel Padre e il Padre è in Lui, così i figli adottivi sono nel Padre e il Padre è in loro.

Ma, si potrebbe obiettare: se così stanno le cose, che senso ha questa affannosa ricerca di Dio, se Egli è già in noi? Si potrebbe, in termini molto semplicistici, paragonare la condizione del cercatore a Dio a quella del padrone di casa che, pur avendo in casa tutto ciò che gli occorre, non se ne accorge, non lo vede e continua a cercarlo insistentemente, spesso al di fuori della casa stessa. La ricerca di Dio, che è Spirito, non muove su spazi fisici, ma su una dimensione spirituale, e deve scendere sempre più in profondità per trovare il Signore, il quale è già in noi, come noi siamo in Lui: solo non ce ne accorgiamo, non riusciamo a vederlo.

Il Vangelo della Samaritana, oltre a illuminare sulla necessità di una ricerca spirituale e intima, pone un nuovo interrogativo alla ricerca. Cristo afferma: «i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori» (Gv 4,23). Il verbo greco zetein indica proprio l’azione del ricercare, stimolata dal desiderio di trovare. La ricerca di cui parliamo dunque si muove su due direzioni: è la ricerca di Dio da parte dell’uomo, ma al tempo stesso è la ricerca dell’uomo da parte di Dio. Così è attualissima l’intuizione agostiniana di un Dio che precede l’uomo nella ricerca venendogli incontro (Conf. 13,1). E Pascal sentì il Signore che sussurrava al suo cuore: «Tu non mi avresti cercato, se Io per primo non ti avessi trovato». La ricerca di Dio, se da una parte è un’esigenza vitale, dall’altra non è un’iniziativa umana: Dio per primo viene incontro ai suoi figli e fa germinare in loro il desiderio di cercarlo. È come un’esperienza piacevole che stimola la ricerca di esperienze simili; è come una sete che non è mai del tutto sazia, e più si beve più cresce la voglia di attingere a quella fonte. Così è la ricerca di Dio: il desiderio di Lui cresce dall’esperienza dell’incontro.

La Bibbia è ricca di esempi di questo Dio-cercatore. Le parabole della pecora smarrita (Lc 15,3-7) e della dracma ritrovata (Lc 15,8-9) presentano la paterna preoccupazione di Dio che va in cerca dei propri figli perduti e, dopo averli trovati, fa festa. La parabola del Padre misericordioso (Lc 15,11-32) mette in scena l’incontro commovente del figlio che torna e del padre che non si limita ad attenderlo, ma gli corre incontro per accoglierlo. Anche nell’episodio del peccato originale (Gen 3), Dio per primo va a cercare Adamo che per paura si sottrae al Suo sguardo.

Nel libro del profeta Isaia si legge un monito che sintetizza il senso di questa ricerca: «Cercate il Signore mentre si fa trovare, invocatelo mentre è vicino» (Is 55,6). Poiché questa traduzione potrebbe far sorgere il dubbio che Dio a volte scelga di non farsi trovare o di allontanarsi da chi lo invoca, offriamo una resa più letterale dal testo dei Settanta: «Cercate il Signore e invocatelo quando lo trovate, quando è vicino a voi». Il versetto ricorda la riflessione che sarà sviluppata da Agostino e Pascal: la ricerca del Signore sfocia nell’invocazione, che è effetto della vicinanza, della presenza di Dio, il quale si lascia trovare ed è vicino a chi lo cerca. Perché «il Signore è vicino a quanti lo invocano, a quanti lo cercano con cuore sincero» (Ps 145,18).

About Sabrina Antonella Robbe (68 Articles)
Laureata in Filologia e Letterature del Mondo Antico, è Dottore di Ricerca in Studi Filologico-Letterari Classici (Università di Chieti). I suoi interessi spaziano dal mondo classico a quello cristiano medievale, con particolare attenzione alla storia e letteratura del cristianesimo tardo-antico e all’agiografia.
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