Austerità: “Una condanna a morte per i poveri”
In Italia, secondo i dati Istat, una persona su quattro vive in condizione di disagio economico, il 24,8% della popolazione rispetto al 16% del 2010. Più precisamente delle 15 milioni di persone in condizione di disagio economico, circa 8 milioni e 600 mila vivono una deprivazione grave: una cifra più che raddoppiata in soli due anni. Sono questi solo alcuni dei dati che emergono dal Rapporto sui diritti globali 2013 intitolato “Il mondo al tempo dell’austerity”.
Il rapporto, alla sua undicesima edizione, è stato realizzato dall‘Associazione Società Informazione onlus, e promosso insieme alla Cgil, in collaborazione con numerose realtà della società civile, tra cui ActionAid, Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza (Cnca), Fondazione Basso, Forum Ambientalista, Gruppo Abele, Legambiente e Sbilanciamoci. L’indagine contiene macro-capitoli tematici che documentano la situazione e delineano le prospettive future: «L’austerità – ha spiegato Sergio Segio, curatore del rapporto – è una condanna a morte per i più poveri. Le politiche di austerità stanno uccidendo i sistemi produttivi, le protezioni sociali, le strutture sanitarie, la possibilità degli enti locali di fornire servizi ai cittadini. Stanno sacrificando le persone, portate alla disperazione nel vicolo cieco della perdita di reddito e di lavoro, dello smarrimento del futuro».
Nella sezione del Rapporto dedicata all’Italia, sono citati i numeri della crisi: un milione e mezzo di posti di lavoro persi; disoccupazione generale al 12,8%; disoccupazione giovanile al 40%, che tocca il 50% nel Mezzogiorno; 2 milioni e 200 mila i giovani che non studiano e non lavorano; quasi 8 milioni di pensioni che ammontano a meno di 1.000 euro al mese, di cui oltre due milioni inferiori a 500 euro.
Secondo uno studio recente della Cgil, inoltre, nell’ultimo trimestre 2012 i disoccupati, scoraggiati e lavoratori in cassa integrazione erano oltre 4 milioni e mezzo di persone, facendo registrare un + 16,6% rispetto allo stesso periodo del 2011, ma un +70% rispetto al 2007: «Le risposte alla crisi – ha concluso Segio – sono state totalmente piegate all’imperativo del mantenere il mondo sotto il dominio della finanza. Soprattutto in Europa hanno scelto di non investire sulla crescita, provocando una recessione che in Italia rischia di trasformarsi in depressione e una rottura epocale del modello sociale europeo. Eppure, le alternative ci sono: ridimensionare la finanza; fermare la speculazione; rilanciare la domanda; democratizzare le decisioni dell’Unione. La crisi ha prodotto 50 milioni in più di disoccupati nel mondo. Secondo studi Onu una riconversione ecologica dell’economia globale potrebbe creare fino a 60 milioni di nuovi posti di lavoro».