“La stazione (in)visibile”
A Pescara esiste un micro-mondo in pieno centro, con i suoi abitanti, i suoi frequentatori e le sue regole: è la stazione ferroviaria centrale che, in modo direttamente proporzionale alla sua grande estensione territoriale, nasconde varchi e anfratti popolati da disperati di ogni tipo e provenienza. Storie di ordinaria emarginazione che vedono protagonisti i tanti rumeni dediti all’accattonaggio, molti dei quali giovanissimi in età compresa tra 0 e 15 anni, prostitute e prostituti e transessuali, spesso vittime di soprusi e violenza, tossicodipendenti, alla ricerca di soldi per finanziare i loro bisogni, e senza fissa dimora italiani e stranieri, in lotta per la sopravvivenza.
E poi ci sono coloro che la vivono dal di fuori con timore, autisti di autobus, viaggiatori e soprattutto studenti. E infine ci sono loro, gli operatori dell’associazione “On the Road” attivi con il Centro di assistenza “Train de Vie” di via Ferrari che quotidianamente offre pasti, lavatrici e docce a tutti gli sfortunati ospiti della stazione e, nei mesi scorsi, ha voluto fotografare e analizzare quello che i sociologi oggi chiamano “non luogo” elaborando il rapporto “La stazione (in)visibile: ricerca-azione su devianza giovanile ed esclusione sociale nella stazione ferroviaria di Pescara centrale” inserito nell’ambito del progetto “Violence in transit”, finanziato dalla Commissione europea per affrontare il problema della presenza di giovani marginalizzati e a rischio violenza nelle aree di flusso.
I risultati dello studio sono stati presentati mercoledì, nell’ambito di un convegno presso l’Aurum di Pescara: «Attraverso questo progetto – ha spiegato Vincenzo Castelli, presidente di “On the Road” e coordinatore della ricerca – vorremmo vedere la stazione ferroviaria sotto un’altra ottica, per trasformarla da non luogo a luogo di vivibilità. Spazi dove si annidano persone le quali, rese nuovamente protagoniste della loro vita, da problemi tornino ad essere considerate risorse». La ricerca è stata condotta in sei mesi, da Dicembre 2011 a Maggio 2012, durante i quali una prima osservazione dell’area interessata e dei fenomeni avvenuti, ha poi lasciato spazio all’identificazione ed alle interviste delle organizzazioni operanti all’interno della stazione e quindi alle interviste dei frequentatori della stazione, soprattutto degli stessi emarginati.
Da qui, sono emersi comportamenti gravi: «Ad esempio – ha sottolineato Davide Zaccone, Comandante della Polizia Ferroviaria di Pescara, con i suoi uomini -, i tossicodipendenti ed i giovani rom rumeni, sono autori di piccoli furti e borseggi. Inoltre, la stazione è terreno di caccia per persone che hanno turbe sessuali: ci sono state molestie ed anche violenze sessuali». Ma il racconto più esaustivo di com’è la vita in stazione è proprio quello fornito dai diretti interessati, dai senza fissa dimora che hanno delineato lo scenario di una guerra tra poveri, dove i rumeni ed i marocchini vengono percepiti come un pericolo dagli italiani, che si sentono assediati “in casa loro”: «Si ammazzano di botte – ha raccontato un clochard -, chi usa il coltello, chi usa la mazza. Rubano al più povero, sono dei bastardi».
E ancora: «Non hanno rispetto perché non sono a casa loro. E poi noi italiani dobbiamo fare la fila per avere un posto in dormitorio e magari ci sono già loro: non è giusto!». Scenari di degrado, questi ultimi, a cui cercano di porre riparo soprattutto l’associazione “On the Road” e la Caritas diocesana, ma l’assistenzialismo non basta: «Se vogliamo fare reali politiche di inclusione – ha concluso don Marco Pagniello, direttore della Caritas pescarese -, è il momento che si cominci a parlare di alleanze su temi specifici con interlocutori istituzionali».