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Le palle del potere

Dietro la cura delle cose divine la lotta ad un potere che non è potere

«Chi pensa alle tue palle?». È, da sempre, la domanda scherzosa che, spesso, chierici e prelati si pongono tra di loro per scambiarsi la solita risata. Il classico interrogativo a doppio senso, dall’ineccepibile approvazione, visto che le palle di riferimento indicano il nome di quei fazzoletti quadrati, inamidati, posti durante la liturgia, sopra i calici.

Quel poco sottile doppio senso, però, ne tace altri di sensi, e molto più fini, forse inconsapevoli. Quelle palle quadrate sono il preludio di un gioco di potere – che poi potere non è – e non solo. Merlettati, lavorati per ore all’amido sudato di donne devote, plissettati, intrecciati, ingranditi e ridotti, sono diventati il simbolo di una “differenza” sociale, spesso di una rivalsa, di una gestione di pochi, una sorta di oro prezioso da custodire nel “segreto”, ma in modo che la destra sappia bene cosa fa la sinistra! E sì, quel piccolo pezzo di stoffa curato realizza, così, il sogno di “circuline” assetate e giovani prelati, segna il confine invalicabile di un potere di sagrestia, di gestione parrocchiale, addirittura di catechesi ed opere di carità e, celato dietro la cura delle cose divine, rivela il maniacale sentirsi altro dal popolo in navata, sull’altare presbiterale.

Quella palla è lo scettro di un territorio camuffato da regno del Signore, ma fatto di liti, gelosie, odi, rancori riscontrabile nell’effetto “attenti al cane ” nelle sagrestie delle nostre chiese e spesso unico motivo di una presenza, di un “servizio”, di un voto gradito a quel dio dalla “Io” maiuscola.

Un piccolo fazzoletto anti mosche, per conservare il profumo di una consacrazione e per lasciarlo chiuso in un calice dorato che rivela la paura, o forse il terrore, del confronto, della relazione e la pochezza di capacità umana di tanti che “rifiutati” da un mondo esigente si fanno giudici nel submondo ecclesiale e traducono la realtà comunitaria in una “comune” di solitudini che non si incontrano o continuano a scontrarsi.

«Che palle!», sarà l’esclamazione scandalizzata alla lettura di queste poche righe, per esprimere il senso di noia o disapprovazione, sperando, però, che l’esagerazione di un redattore solito all’iperbole susciti la volontà di porsi domande, di guardare oltre i bottoncini, i ricami e i chiavistelli dei mobili lucidati a nuovo e inaccessibili di vite incondivise e insinui, quantomeno, il dubbio che dietro la comunicazione “liturgica” del piacere di essere serviti da mille mani in movimento, c’è una differente predicazione di un Dio che preferisce servire.

 

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Direttore responsabile del notiziario online "Laporzione.it" e responsabile dell'Ufficio per le Comunicazioni Sociali dell'Arcidiocesi di Pescara-Penne. Laureato in Scienze della Comunicazione sociale e specializzato in Giornalismo ed Editoria continua la ricerca nell'ambito delle comunicazioni sociali. E' Regista e autore di
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