“Non privare le famiglie del diritto alla residenza”

Ricorsi contro i fogli di via, problematiche familiari, sfratti, diritto del lavoro, multe: sono alcuni dei fronti su cui si è impegnata, nel 2013, l’associazione Avvocato di strada onlus che ha presentato sabato il rapporto annuale sulle attività svolte in favore delle persone senza dimora. Sono state 2.718 le persone assistite gratuitamente in tutta Italia nel 2013: «Circa il 60% dei casi – spiega il presidente nazionale, Antonio Mumolo – ha riguardato persone straniere, il 40% persone italiane: un dato che, contrariamente a quanto si pensi, conferma l’alta presenza d’italiani in strada. Le pratiche più affrontate sono state quelle di diritto civile, seguite da diritto dei migranti, diritto amministrativo e diritto penale».
In aumento le donne e problematiche legate al lavoro, agli sfratti, al mancato pagamento di tasse e sanzioni: «Come al solito, è inoltre molto alto – aggiunge Mumolo – il numero delle persone che abbiamo dovuto assistere perché sono state derubate o picchiate in strada: un dato che smentisce il luogo comune secondo il quale chi vive in strada è un pericoloso delinquente. Al contrario, spesso sono persone fragili e indifese, aggredite perché considerate “colpevoli” di essere povere».
Nel corso del 2013 è inoltre cresciuto il numero delle pratiche relative al diritto alla residenza anagrafica: «Quello della residenza – sottolinea il presidente di Avvocato di strada – è purtroppo un problema storico per le persone senza dimora, che senza residenza non possono godere di alcuni diritti fondamentali quali il diritto alla salute, al lavoro, all’assistenza sociale e previdenziale». Nel 2011 erano stati 119 i casi affrontati dalla onlus di persone che si erano viste negare dai propri Comuni il rilascio della residenza; 191 nel 2012, sono salite a 270 nel 2013. Da qui l’appello, che Mumolo rivolge al Governo, volto a modificare il “Piano casa”.
L’articolo 5 del decreto stabilisce, infatti, che chiunque occupi abusivamente un immobile senza titolo non può chiedervi la residenza. L’articolo riguarda anche decine e decine di migliaia di famiglie che sono costrette a occupare un immobile solo perché hanno perso il lavoro e altrimenti finirebbero in strada: «Queste famiglie – ricorda Mumolo – possono essere sfrattate, certo, ma non si può decidere con un decreto di negare loro la residenza impedendo loro di votare, di curarsi, di ricevere una pensione, di chiedere una casa popolare, d’iscrivere i figli a scuola. Togliere la residenza a una famiglia che occupa uno stabile, o impedirle di prenderla, significa mettere per decreto quella famiglia fuori dalla società, renderla invisibile, cancellare di colpo le residue possibilità che avrebbe per poter uscire dalle proprie difficoltà».