“Oggi, in Italia, il clima sociale è sfavorevole alla genitoralità”
"Lo dimostrano l’impossibilità di ripartire il carico del lavoro di cura, l’organizzazione del lavoro troppo rigida soprattutto nel privato, lo scarso utilizzo dei congedi parentali da parte degli uomini e la poca diffusione del part time a fini di conciliazione rispetto a media europea"
«Oggi, in Italia, il clima sociale generale è sfavorevole alla maternità e alla paternità». Lo ha affermato ieri Laura Linda Sabbadini, responsabile del Dipartimento per le statistiche sociali ed ambientali dell’Istat, intervenuta via Skype al convegno “Maternità e lavoro femminile. Stereotipi e nuovi paradigmi”, promosso a Roma dal Dipartimento per le pari opportunità e dalla Scuola nazionale dell’amministrazione e Dipartimento per le politiche della famiglia.
Secondo la studiosa, infatti, è aumentato il lavoro femminile non qualificato, mentre il part time non si è particolarmente sviluppato come strumento di conciliazione tempi di lavoro – tempi di vita, ma solo come strumento di flessibilità da parte delle imprese: «In Italia – spiega la Sabbadini – la percentuale del part time femminile involontario, subito, è doppia rispetto media europea. Se è cresciuta la presenza di donne nei Consigli di amministrazione e nei luoghi decisionali politici, permangono difficoltà nel mondo del lavoro».
Per quanto riguarda, inoltre il tema della conciliazione, la divisione dei ruoli all’interno della coppia continua ad essere rigida: «Più del 70% del lavoro di cura – aggiunge la studiosa dell’Istat – è svolto dalle donne, per questo occorrerebbe una ridistribuzione più equa. Segnali positivi, però, emergono sul fronte delle coppie giovani dove l’asimmetria dei ruoli è minore, i padri sono più collaborativi, soprattutto se possiedono un titolo di studio più elevato, ma ciò non incide complessivamente sulla situazione».
In Italia, tra l’altro, il 30% delle donne interrompe il lavoro per motivi familiari, contro il 3% degli uomini, e solo quattro madri su dieci riprendono l’attività. Nel nostro paese, più che nel resto d’Europa, il tasso di occupazione femminile diminuisce al crescere del numero dei figli (dal 60% con 1 figlio al 33% con 3 figli): «Il 2011 – precisa l’esperta – è il primo anno in cui è calato il numero di bambini che vanno al nido, dato rimasto stabile nel 2012. La domanda non riceve risposta adeguata e lo strumento principale di conciliazione è quello familiare delle reti di aiuto informale. Così, più del 50% delle madri lavoratrici si avvale dei nonni, ma le nonne, per le quali è aumentata l’età pensionabile, spesso hanno un doppio carico: i nipoti e i genitori anziani».
E questi fattori, alla fine, incidono anche sulla fecondità, troppo bassa nel nostro Paese anche se la geografia è cambiata: «Contrariamente al passato – rileva Laura Linda Sabbadini – oggi sono le regioni del Sud a fare meno figli, ma il problema principale è il generale clima sfavorevole alla genitorialità, alla scelta di avere figli. Lo dimostrano l’impossibilità di ripartire il carico del lavoro di cura, l’organizzazione del lavoro troppo rigida soprattutto nel privato, lo scarso utilizzo dei congedi parentali da parte degli uomini, la poca diffusione del part time a fini di conciliazione rispetto a media europea». Ma dietro tutto questo, emerge anche un problema culturale: «Tra gli stereotipi da combattere – conclude la studiosa dell’Istat – c’è la convinzione del 50% delle donne che gli uomini non siano adatti ai lavori di cura».