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“L’omelia non è un sermone astratto e non duri oltre 20 minuti”

"Chi pronuncia l’omelia - spiega il Direttorio omiletico - ponga la parola di Dio al centro della propria vita spirituale, conosca bene il suo popolo, rifletta sugli avvenimenti del suo tempo, cerchi incessantemente di sviluppare quelle capacità che lo aiutino a predicare in maniera appropriata"

Lo ha affermato il Direttorio omiletico, presentato ieri mattina nella Sala Stampa della Santa Sede, secondo cui in Occidente la durata dell’omelia non dovrebbe superare i 20 minuti

Un parroco pronuncia l'omelia, durante la Santa Messa

«L’omelia non è un sermone su un tema astratto, non è un’occasione, per il predicatore, di affrontare argomenti completamente slegati dalla celebrazione liturgica e dalle sue letture, non è neppure un puro esercizio di esegesi biblica o un insegnamento catechistico e non dev’essere impiegata come tempo di testimonianza personale del predicatore».

cardinale Robert Sarah, presidente Pontificio Consiglio "Cor Unum"

cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti

Lo afferma il Direttorio omiletico presentato ieri mattina, nella Sala Stampa della Santa Sede, dal cardinale Robert Sarah prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, da monsignor Arthur Roche e padre Corrado Maggioni, rispettivamente segretario e sotto-segretario della medesima Congregazione, e da Filippo Riva del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali: «Chi pronuncia l’omelia – premette il Direttorio omiletico – ponga la parola di Dio al centro della propria vita spirituale, conosca bene il suo popolo, rifletta sugli avvenimenti del suo tempo, cerchi incessantemente di sviluppare quelle capacità che lo aiutino a predicare in maniera appropriata».

Il volume è suddiviso in due parti. Nella prima, “L’omelia e l’ambito liturgico”, si descrive la natura, la funzione e il contesto peculiare dell’omelia. Nella seconda, “Ars praedicandi”, sono esemplificati metodi e contenuti che chi pronuncia l’omelia deve tener presenti nel prepararla ed enunciarla: «Considerate le molteplici esigenze della cura pastorale – si legge nel testo – e un senso di personale inadeguatezza che possono portare allo scoramento alcuni, per capacità e formazione, alcuni sono pubblici oratori più efficaci di altri ma per divenire un omileta efficace non è necessario essere un grande oratore».

L’omelia, tra l’altro, deve essere tenuta soltanto dai vescovi, dai sacerdoti o dai diaconi: «La predicazione – si legge nel Direttorio omiletico, che ha ripreso le parole di Papa Francesco – puramente moralista o indottrinante, ed anche quella che si trasforma in una lezione di esegesi, riducono questa comunicazione tra i cuori che si dà nell’omelia. Chi pronuncia l’omelia è bene che sappia collegare i testi di una celebrazione a fatti e questioni di attualità, condividere i frutti dello studio per comprendere un brano della Scrittura e dimostrare il nesso che corre tra la Parola di Dio e la dottrina della Chiesa».

Tutti questi elementi sono dunque buoni se utili alla funzione dell’omelia, ma se la sostituiscono non lo sono più: «Naturalmente – aggiunge il Direttorio – l’arte oratoria o di parlare in pubblico, compreso l’uso appropriato della voce e persino del gesto, contribuisce all’efficacia dell’omelia».

Per quanto riguarda la durata, non vengono date indicazioni particolari se non quella che l’omelia sia breve nelle messe feriali: «La lunghezza di un’omelia – precisa il cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti – dipende alla cultura dei Paesi. In Occidente superare i 20 minuti sembra troppo, ma in altri luoghi 20 minuti non bastano perché la gente viene da lontano, ha percorso una lunga strada per partecipare alla Messa e ascoltare la Parola Dio».

Riguardo, poi, alle tecniche di oratoria, il cardinale ha detto: «Non è facile parlare in modo efficace e dunque è necessario imparare a comunicare. Soprattutto oggi è importante sapere che cosa e come dire le cose. Ma non bastano le tecniche, perché si può essere un eloquente oratore ma se non si comunica Dio attraverso la vita e la Parola anche la più alta oratoria può lasciare la gente indifferente».

Il cardinale Sarah ha infatti ricordato che con l’omelia, il compito principale del sacerdote è quello di portare la gente a Cristo e per farlo non basta la tecnica. Per questo, il consiglio del cardinale per non cadere in una predicazione troppo noiosa è quello di fare uso anche di immagini, racconti e addirittura leggende e, a tal questo proposito, ha raccontato una legenda musulmana da lui utilizzata nelle omelie per sottolineare l’importanza della preghiera.

Inoltre secondo padre Corrado Maggioni, sottosegretario del Dicastero, il Direttorio non ha voluto precisare troppo la durata della omelia perché: «Certe cose – prosegue padre Maggioni – è meglio non codificarle troppo, in quanto seguono una serie di varianti e variabili». Ci sono, infatti, le messe feriali e quelle festive che richiedono ovviamente tempi diversi: «L’importante – continua il sottosegretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti – è avere cura del ritmo della celebrazione, prendendo in considerazione cioè l’intero andamento dell’azione liturgica e soprattutto seguire il buon senso».

Mons. Arthur Roche

Mons. Arthur Roche, segretario Congregazione per il Culto Divino

Alla domanda sulla partecipazione di laici alla predicazione che spesso avviene in alcuni movimenti durante la Messa, poi, padre Maggioni ha risposto dicendo che nel Direttorio non ci sono in merito norme nuove, ma raccoglie piuttosto le discipline esistenti: «L’omelia – ricorda Padre Maggioni – è una predicazione dentro un’azione liturgica riservata al ministro ordinato».

Monsignor Arthur Roche, segretario della Congregazione per il Culto Divino, ha osservato infine come generalmente gli inglesi sono brevi: «L’importante – puntualizza monsignor Roche, invitando a guardare all’esempio di Papa Francesco – è che l’omelia non sia noiosa. Quando il Santo Padre parla niente è noioso, sempre quello che dice rappresenta una sfida in chi lo ascolta. È compito del sacerdote portare la realtà della vita di Dio alla realtà della vita delle persone. Questa è la sfida della predicazione».

About Davide De Amicis (4357 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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