Nonostante la crisi, il 72% dei giovani italiani è felice
"I dati del Rapporto - spiega Alessandro Rosina, tra i curatori della ricerca - mostrano come la felicità sia rafforzata dal sentirsi attivi, dal fare, dal vedere il proprio tempo utilmente impiegato; non al reddito e al benessere economico, ma soprattutto alla produzione di senso e al riconoscimento sociale che si ottengono attraverso il proprio agire"
Nonostante la crisi, il lavoro che non si trova o malpagato, le tante incertezze legate al futuro e un’ampia sfiducia nelle istituzioni, la maggioranza dei giovani italiani non considera questo il tempo del proprio scontento. Il 71,8% dei giovani italiani dichiara, infatti, di essere abbastanza o molto felice.
È questo il quadro che emerge dall’indagine “Rapporto giovani”, effettuata a partire da un panel di 5 mila giovani di età compresa tra i 19 e i 31 anni, promossa dall’Istituto Giuseppe Toniolo in collaborazione con l’Università Cattolica e con il sostegno di Fondazione Cariplo e di Intesa Sanpaolo.
I dati sono stati presentati oggi a Milano in occasione della 91ª Giornata universitaria dell’Università cattolica, dal tema “Chiedimi se sono felice…”. Alla domanda “Quanto ti ritieni felice” a rispondere “per nulla” è stato infatti meno del 5%, contro un 13,3% che risponde “molto”. A rispondere “poco” è stato il 23,6% degli intervistati, a fronte di 58,6% che rispondono “abbastanza”.
Prevale quindi la moderata felicità. Se si mette infatti assieme chi ha risposto “molto” o “abbastanza” si arriva al 72%: «Si tratta – spiegano i curatori del rapporto – di una felicità non ingenua, ma unita a consapevolezza della difficile situazione, dato che l’85% dei giovani ritiene che l’Italia offra limitate o scarse possibilità per chi entra oggi nel mercato del lavoro».
In questo quadro, vi sono tuttavia differenze rilevanti legate alla condizione di attività. Sono, infatti, i giovani che riescono a far conciliare lo studio con qualche lavoro part-time ad avere una maggiore percezione di benessere (80%), seguiti da chi lavora (76,7%), da chi studia (74,9%).
I livelli più bassi vengono, all’opposto, toccati dai Neet, gli under 30 che non studiano e non lavorano, tra i quali la percentuale di chi si dichiara felice scende al 59%: «I dati del Rapporto – spiega Alessandro Rosina, tra i curatori della ricerca – mostrano come la felicità sia rafforzata dal sentirsi attivi, dal fare, dal vedere il proprio tempo utilmente impiegato; non al reddito e al benessere economico, ma soprattutto alla produzione di senso e al riconoscimento sociale che si ottengono attraverso il proprio agire».
Preoccupa quindi la condizione dei Neet, oltre un milione dei quali si trova intrappolato in questa problematica condizione di inattività mista a disagio emotivo. Altra dimensione importante, quella delle relazioni familiari e amicali, che, dove presenti, fanno la differenza: «Il benessere – conclude Elena Marta, tra i curatori dell’indagine – è più elevato per i ragazzi i cui genitori cercano di accrescere la loro autostima riuscendo, però, ad equilibrare il controllo quotidiano e il dialogo con i propri figli».