“Ai margini della strada s’impara a incontrare l’altro senza giudicarlo”
"A Rilutta - racconta Padre Kizito Sesana - tantissimi bambini e adolescenti sono cresciuti mangiando spazzatura, perché sono dovuti andare via da casa per la miseria, la sofferenza e la violenza subita, riducendosi a vivere di carità e della spazzatura altrui. Ma fra questi ragazzi, ci sono forme nuove di società, c’è una solidarietà straordinaria. Queste persone, che hanno avuto una vita impossibile pur rimanendo persone belle, hanno capito che l’amore è l’unica cosa che salva"
«Ai margini della strada s’impara ad incontrare gli altri senza giudicarli, senza misurarli con i propri metri culturali o morali, senza essere sempre nell’atteggiamento di chi decide e sa per tutti gli altri ciò che è giusto o è sbagliato».
Lo ha affermato venerdì sera Padre Renato Kizito Sesana, missionario comboniano in Zambia e Kenya oltre che giornalista e direttore della rivista “Nigrizia”, intervenuto nella parrocchia pescarese del Sacro Cuore di Gesù per offrire la sua testimonianza in occasione della veglia missionaria diocesana, da titolo “Dalla parte dei poveri”.
Una testimonianza, quella del missionario comboniano, anticipata dall’introduzione di don Massimo Di Lullo, direttore dell’Ufficio missionario diocesano, che ha ricordato i tanti missionari pescaresi in servizio nelle periferie del mondo: «Oltre a don Ezio, Mariapalma, Goffredo e Tiziana – afferma don Massimo -, che sono in Albania, rivolgo una preghiera anche nei confronti di Cinzia D’Intino missionaria in Tanzania, suor Patrizia Mucciante missionaria in Uruguay, suor Clara Chiavaroli e suor Graziella De Amicis dell’Istituto Ravasco missionarie rispettivamente in Bolivia e Venezuela, suor Vera Di Gregorio delle Maestre di Santa Dorotea in Burundi, Padre Luigi Falone, comboniano in Brasile, suor Maria Patrizia Tiberi in Bolivia, Padre Tiberio Scorrano carmelitano in Romania, suor Antonilde Cecchini delle Figlie di San Giuseppe in Ruanda, suor Maria Erminia Prosperi delle Piccole sorelle di Santa della Santa Famiglia in Uruguay, suor Enrica Santone delle Piccole sorelle della Sacra Famiglia in Argentina, Padre Pasquale Marinucci dehoniano in Albania, suor Maria D’Angelo e suor Norberta Petrucci francescane missionarie di Assisi negli Stati Uniti d’America, suor Maria Rosaria Marrone e suor Franca Torlontano comboniane in Uganda, suor Paola Orlando francescana alcantarina in Congo. E anche alcuni missionari dell’Opera di Maria: Lucia Di Lorenzo in Germania, Giuseppina Di Lorenzo in Kenya, Alberto Di Russo in Giappone e Maria Luisa Iezzi a El Salvador».
Successivamente, i partecipanti sono stati chiamati a mettersi nei panni dell’uomo mezzo morto sulla strada che da Gerico sale a Gerusalemme, per capire cosa si vede quando si è abbandonati lungo la strada della vita attraversando gli stati d’animo dell’indifferenza e della compassione passando attraverso gli alibi per non intervenire. Da qui la testimonianza di chi, invece, quotidianamente incarna le gesta del buon samaritano fra le strade della capitale del Kenya: «Nairobi – premette padre Kizito Sesena, il missionario comboniano originario di Lecco che prende il suo nome da quello del primo martire ugandese – è una metropoli di oltre 6 milioni di abitanti dove tutto è fuori misura, con ricchezza e povertà che si confrontano quotidianamente di fronte ai tuoi occhi e ti impongono di fare una scelta».
La scelta di Padre Kizito è stata quella di assistere gli ultimi che vivono nello slum di Rilutta, una baraccopoli esterna all’area urbana di Nairobi del tutto priva di servizi e possibilità: «Vivere a Rilutta – racconta il missionario comboniano – esprime, nella testa e nel cuore di chi ci vive, in mille modi sottili la consapevolezza di essere gli ultimi, di non contare niente, di vivere ai margini della società. Le persone importanti vivono altrove, i fatti importanti succedono altrove. Le persone importanti vivono al centro, dove c’è la vita vera, quella che si vive in televisione, dove ci sono ricchezza e potere».
Dunque a Rilutta non esistono fognature, strade, scuole, servizi sanitari e nessuno è proprietario del terreno su cui sorge: «L’unica cosa che rappresenta lo Stato – precisa il direttore della rivista Nigrizia – è la stazione di Polizia. Insomma, gli slum si definiscono per ciò che non sono e per ciò che non hanno. Eppure, per quanto possa sembrare incredibile, c’è gente che ambisce a venire a Rilutta per avere la possibilità di un futuro migliore, ovvero tante persone che vivono dove si sta ancora peggio: nelle aree rurali dove i servizi sono ancora più rari che a Rilutta, dove non c’è lavoro per i giovani che possono solo ambire a fare per sempre il pastore o l’agricoltore di sopravvivenza su terreni piccoli e poco fertili».
Ma tornando a Rilutta, qui c’è ancora una speranza ed è riposta nei lavoratori e nella società del futuro: «Sono tantissimi bambini e adolescenti – spiega Padre Sesana – che sono cresciuti mangiando spazzatura, perché sono dovuti andare via da casa per la miseria, la sofferenza e la violenza subita, riducendosi a vivere di carità o di spazzatura. Ma fra questi ragazzi, ci sono forme nuove di società, c’è una solidarietà straordinaria e quando sono con loro mi viene spesso da pensare quanto sia falso che noi siamo quello che mangiamo, e in qualche modo è vero, ma da un punto di vista simbolico questi ragazzi che sono cresciuti mangiando spazzatura non sono spazzatura, diventando il segno della grandezza dello spirito umano e mantenendo un’anima pulita».
Questi ragazzi, vengono recuperati dalla strada da un educatore che Padre Kizito salvò dalla strada vent’anni fa e con l’aiuto dello stesso missionario, tornano a fare una vita normale avendo la possibilità di giocare, imparare e andare a catechismo, accogliendo l’aiuto di una persona che a loro vuole bene: «Queste persone – sottolinea Sesana -, che hanno avuto una vita impossibile pur rimanendo persone belle, hanno capito che l’amore è l’unica cosa che salva».