“La malattia è un’esperienza di croce attraverso il deserto dell’anima”
"Fratelli - ammette l’arcivescovo Valentinetti -, credo che di fronte a questo mistero ognuno di noi debba piegare il capo, per cercare di scoprire nella fede le risposte necessarie. Anche perché i deserti dell’anima non sono solo le sofferenze fisiche, ma anche quelle spirituali. Pensiamo alle famiglie divise, a quelle che vivono il dramma del divorzio. Pensiamo a chi è solo come gli anziani, molte volte abbandonati da tutti. Deserti dell’anima, questi ultimi, che diventano ancor più difficili se non si trova senza uno sguardo d’affetto, d’amore, se non c’è la carezza di Dio"
«L’esperienza della malattia, della sofferenza e della disabilità sono esperienze di croce, ma andando più in profondità lo è anche il deserto dell’anima: quando non riusciamo più a comprendere pienamente il progetto di Dio su di noi».
Lo ha affermato ieri pomeriggio l’arcivescovo di Pescara-Penne, monsignor Tommaso Valentinetti, pronunciando l’omelia della Santa messa al termine della ventiquattresima Giornata mondiale del malato, dal tema “Affidarsi a Gesù misericordioso come Maria: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela»”, celebrata presso la chiesa del Cristo Re a Pescara colli.
Un appuntamento organizzato dalla Consulta diocesana della Pastorale diocesana, a 48 anni dal primo momento di preghiera dedicato ai malati in città (oltre 20 anni prima dell’istituzione della Giornata del malato in Italia), che ha visto la partecipazione di decine di malati e diversamente abili i quali hanno dapprima ascoltato la meditazione sul tema: «Al di là di un’alleanza terapeutica – premette Padre Cesare Campagnoli, parroco del Cristo Re -, tra medico e paziente può realizzarsi anche un’alleanza spirituale, con il primo che andando oltre la sua competenza scientifica attinge a quella umana con il secondo. Così, dalla sofferenza può nascere la comunione. Quindi non bisogna avere paura della sofferenza, ma specie chi assiste i malati deve abbracciarla per vivere quell’esperienza di comunione, per cui Cristo misericordioso agisce tanto in chi soffre quanto in coloro che li assistono».
Ma la sofferenza, umanamente, non può non sollecitare la richiesta di una risposta sul senso di una vita vissuta nel dolore: «È questo il deserto dell’anima – precisa il presule -, il deserto del cuore. Del resto, la Quaresima è un tempo in cui siamo chiamati ad esplorare il deserto dell’anima. Lo stesso Gesù è andato nel deserto per 40 giorni, per fare penitenza, preghiera ed entrare anche nel mistero della sua vita. Non dobbiamo pensare che Gesù, a cuor leggero, abbia donato le profezie riguardo alla sua passione e alla sua morte. Davanti al mistero del dolore, nessuno guarda a tutto questo a cuor leggero, senza fatica e senza difficoltà, ma Gesù è andato in preghiera per esplorare i deserti dell’anima».
Insomma, anche la sofferenza fa parte integrante dell’esistenza umana e, in qualche modo, va accolta con fede e dignità: «Fratelli – ammette l’arcivescovo Valentinetti -, credo che di fronte a questo mistero ognuno di noi debba piegare il capo, per cercare di scoprire nella fede le risposte necessarie. Anche perché i deserti dell’anima non sono solo le sofferenze fisiche, ma anche quelle spirituali. Pensiamo alle famiglie divise, a quelle che vivono il dramma del divorzio. Pensiamo a chi è solo come gli anziani, molte volte abbandonati da tutti. Deserti dell’anima, questi ultimi, che diventano ancor più difficili se non si trova senza uno sguardo d’affetto, d’amore, se non c’è la carezza di Dio».
Una carezza che è possibile trovare, affidandosi all’intercessione della Beata Vergine Maria: «Lei – ricorda monsignor Valentinetti – che ha dovuto esplorare il deserto della sua anima, dal momento in cui gli è stato detto “Una spada trafiggerà la sua anima”, quando ha dovuto accompagnare suo figlio vedendolo, mano a mano, staccarsi da quello che era un affetto umano e salire sulla croce, contemplando anche lei quel mistero. Ebbene, affidiamoci alla sua intercessione perché questo cammino di Quaresima, ci faccia mettere in sintonia sempre più con la corrente di fede, di parola, di ascolto, di preghiera, che sgorga dalla Chiesa perché anche noi possiamo entrare nella Terra promessa, il Paradiso, contemplando Maria, tutti i santi, i nostri fratelli e le nostre sorelle che ci hanno preceduto nella fede».