Clochard morti: “Ricordarli è un atto di fede, loro ci apriranno la porta dei cieli”
"Abbiamo voluto celebrare una Santa messa insieme ai nostri amici senza fissa dimora - spiega Roberta Casalini, responsabile pescarese della Comunità di Sant’Egidio - per ricordare chi di loro non c’è più, la cui amicizia che ci lega va oltre la vita terrena, ma anche per risvegliare un senso di umanità e stringerci intorno a questi amici, pensando come potergli essere utili nella vita di tutti i giorni"
Leslav morto in una casa abbandonata a Pescara il 13 dicembre 2015, Pavel morto di freddo a Pescara il 19 dicembre 2010, un ragazzo sconosciuto morto nella solitudine e nella disperazione ancora una volta in città ed Emilio, morto in strada a seguito di un malore l’8 febbraio 2009.
A partire da questa data ogni anno, anche nel capoluogo adriatico, la Comunità di Sant’Egidio ricorda gli ultimi degli ultimi: i senza fissa dimora che, sempre meno per scelta e sempre più perché ridotti alla povertà da disoccupazione e separazioni, si ritrovano a vivere per strada, magari tra i portici di piazza Salotto o in stazione, in attesa di trovare accoglienza al dormitorio Caritas.
E ieri, nella parrocchia del Cuore Immacolato di Maria in via Vespucci a Pescara, erano decine i senzatetto che hanno partecipato alla commemorazione in memoria dei loro amici, che non sono sopravvissuti al freddo e alla malattia. Con loro sono stati tanti i fedeli che, al pronunciamento di ogni nome di un clochard scomparso, hanno acceso un cero in loro ricordo: «Abbiamo voluto celebrare una Santa messa insieme ai nostri amici senza fissa dimora – spiega Roberta Casalini, responsabile pescarese della Comunità di Sant’Egidio – per ricordare chi di loro non c’è più, la cui amicizia che ci lega va oltre la vita terrena, ma anche per risvegliare un senso di umanità e stringerci intorno a questi amici, pensando come potergli essere utili nella vita di tutti i giorni».
È stato l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti a presiedere la liturgia eucaristica partendo dal ricordo di Marcello, il clochard morto arso vivo a Palermo venerdì notte, mentre dormiva nel porticato di un centro d’accoglienza: «La sua casa era la strada – esordisce il presule -, lo aveva deciso lui non sappiamo per quale recondito motivo, ma certamente non meritava di morire così tragicamente. Per chi compie questi gesti così avventati, vogliamo chiedere perdono e vogliamo chiederlo anche per il nostro disinteresse, perché quando vediamo i fratelli e le sorelle che vivono in quelle condizioni, rimaniamo sconvolti girando la testa dall’altra parte».
Successivamente, durante l’omelia, l’arcivescovo Valentinetti, ispirandosi alla pagine domenicale del Vangelo dedicata alla Trasfigurazione, ha sottolineato come il Signore parli anche attraverso gli ultimi: «Attraverso quei fratelli – continua – che incontriamo alla stazione, al dormitorio, a mensa e in quelle realtà dove loro, in qualche modo, hanno messo la loro dimora. Ci parlano e ci parla Gesù, “Avevo fame e mi avete dato da magiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e vi siete interessati alla mia situazione e alla mia persona”. Il ricordare chi è morto è sempre un’operazione complessa in quanto, se la morte è avvenuta in solitudine e sofferenza, non ci fa bene».
Ma ricordare chi è morto, a detta dell’arcivescovo di Pescara-Penne, è sicuramente un atto di fede: «Perché, come dice un mio caro amico, – racconta – chi non ha avuto niente, o molto poco, sulla terra avrà tanto in cielo. E allora facciamoceli amici queste persone che sono già in cielo, mediante la preghiera e il ricordo, perché ci sia qualcuno che ci prenda per mano e ci apra la porta. Perché quando sarà il nostro momento, saranno loro ad aprirci la porta». Al termine, oltre 100 senzatetto hanno partecipato al pranzo organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio.