“La corona del Rosario è un’arma più potente del coronavirus”
"Coraggio - invita il cardinale Bassetti -, non vi abbandoniamo, continuate ad adorare Dio in spirito e verità. Un giorno, e spero che possa venire il prima possibile per la volontà del Signore, tutte le nostre Chiese si riempiranno per cantare il Te Deum, il canto di lode e di ringraziamento al Signore, il canto della vittoria di Dio sul male"

«Abbiamo nelle nostre mani un’arma molto più potente del coronavirus: è la corona del Santo Rosario». Lo ha affermato oggi il cardianale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Conferenza episcopale italiana, nell’omelia della messa celebrata nella cappella dell’episcopio di Perugia, trasmessa in diretta da “Umbria Radio InBlu” e sui social dei media diocesani, per essere spiritualmente vicino a tutti i fedeli, in particolare ai più colpiti e in difficoltà: «Il professor Giorgio La Pira – aggiunge il porporato – diceva che la corona è un’arma più potente della bomba atomica. Io ero un ragazzo e pensavo che il professore esagerasse. Ora sono anziano e vi dico che le sue parole mi convincono, pregate! La corona del Santo Rosario è un ottimo strumento per la preghiera in famiglia. Mi colpiscono le parole di papa Francesco, esse sono una bellissima risposta per chi è sfiduciato, per chi si è lasciato andare, per chi si sente abbandonato», aggiunge il cardinale citandole “A Dio stai a cuore proprio tu, tu che ancora non conosci la ricchezza del suo amore; tu che non hai ancora accolto Gesù al centro della tua vita; tu che forse per le cose brutte che ti sono capitate non credi più nell’amore”: «Sono le parole di un padre, di un pastore a cui sta a cuore il suo gregge – sottolinea il presidente della Cei -. Il Vangelo di oggi ci presenta Gesù stanco e affaticato per un lungo viaggio e anche noi, per un motivo o per un altro, soprattutto per questo virus, siamo davvero stanchi e affaticati. Potremmo dire che la stanchezza di Gesù non è soltanto fisica. È la stanchezza che dipende dal suo continuo correre dietro a noi, per tirarci fuori dai nostri guai in cui continuamente ci cacciamo, per difenderci dai pericoli ai quali andiamo incontro, per liberarci dai peccati. Questa è la vera stanchezza di Gesù».
Inoltre, a detta del cardinale Bassetti, nel brano biblico al centro della liturgia domenicale odierna c’è qualcosa che si riferisce all’emergenza che stiamo vivendo: «In questi nostri fratelli privati del nutrimento del corpo e del sangue di Cristo – osserva -, si coglie tutta la loro sofferenza nell’ascoltare e nel partecipare a questa Eucaristia. Sono vicino a questa fame e a questa sete e mi auguro che presto possa essere appagata, ma la Parola del Signore ci aiuta in questo momento proprio come Lui ha detto alla samaritana ad adorare Dio in spirito e verità, perché Dio è spirito e verità. Anche con il digiuno eucaristico queste parole ci invitano a intensificare la nostra preghiera in riferimento alla Parola di Dio, come ho sempre detto in questi giorni. Le mie parole, dice Gesù, sono spirito e vita».
Ma le chiese necessariamente chiuse, non fermano la Chiesa: «Tutte le Eucarestie che noi celebriamo in questo periodo sono pro populo, sono per voi, fratelli, sono per le vostre intenzioni – precisa il cardinale Gualtiero Bassetti -. Coraggio, non vi abbandoniamo, continuate ad adorare Dio in spirito e verità. Un giorno, e spero che possa venire il prima possibile per la volontà del Signore, tutte le nostre Chiese si riempiranno per cantare il Te Deum, il canto di lode e di ringraziamento al Signore, il canto della vittoria di Dio sul male».
Al termine della messa, Bassetti si è rivolto in articolare ai malati, ai medici, agli operatori sanitari, alle famiglie con i loro cari in ospedale e a tutte quelle che risentono della crisi economica originata dall’emergenza sanitaria: «Attorno a me – commenta il presidente dei vescovi italiani – vedo qualche cosa che ci spinge sempre a sperare e sono dei segni di bene che insieme a voi voglio cogliere. Un medico che dà la vita per curare i contagiati; un’infermiera che si addormenta sul computer stremata dallo sforzo di dovere soccorrere tante persone per ore e ore; un comandante che scende per ultimo da una nave con a bordo persone infette; una madre che rassicura i suoi bambini; le persone che attenuano la solitudine di un anziano portandogli la spesa a casa; chi presta ascolto alle povertà dell’altro; chi dona denaro e chi è generoso donando il suo tempo per le opere di carità».
Da questo presupposto è scaturito il monito finale: «Le mense – sollecita il presidente della Cei – devono restare aperte e i poveri vanno soccorsi. Guai se venisse a mancare l’azione caritativa della Chiesa. Vedo in questo senso tanta necessità e voglio anche stimolarla in modo che a chi ha bisogno non manchi nulla di ciò che Dio, attraverso le nostre mani, vuole offrirgli».