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50 anni di sacerdozio per don Fulvio Di Fulvio: “Sono stati un dono di Dio”

Questo, per don Fulvio, è il tempo per la Chiesa: "Ecco perché – sottolinea - sono nati molti movimenti e Papa Francesco li ha invitati ad entrare molto più addentro in quella che è l’evangelizzazione, non fermandosi solo alle strutture o alle iniziative esteriori. Bisogna avere quell’incontro con Gesù Cristo, è questa la cosa più importante e più urgente. Questo incontro caratterizza la persona, fa in modo che il male esca e si incida la grazia di Dio"

Li celebrerà domani alle 18.30 con una messa presieduta, al piazzale delle scuole di Moscufo, dall’arcivescovo Valentinetti

Don Fulvio Di Fulvio, parroco di San Cristoforo in Moscufo

Con una messa presieduta dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti che si terrà domani, sabato 26 giugno alle 18.30 nel piazzale delle scuole a Moscufo, il parroco di San Cristoforo e responsabile della Comunità Emanuele don Fulvio di Fulvio celebrerà i suoi 50 anni di ordinazione sacerdotale: «Sono stati un dono di Dio – esordisce il presbitero». Una vocazione, quella del sacerdote nato 77 anni fa a Serramonacesca (Pescara), scoperta in tenera età: «A 10 anni entrai nell’Istituto dei Padri comboniani – racconta don Fulvio, intervistato ai microfoni di Radio Speranza da Massimiliano Spiriticchio -. Sarei dovuto diventare un missionario, ma non è avvenuto per motivi di salute e nel 1976 ho fatto il mio ingresso nell’allora diocesi di Penne-Pescara, con il vescovo monsignor Antonio Iannucci che mi accolse e mi conferì dapprima l’incarico di cappellano dell’ospedale di Pescara. Successivamente, mi volle vice parroco della chiesa del Sacro Cuore con don Giorgio Campili. Quindi mi affidò il compito di predicare nelle comunità laddove il vescovo si recava a tenere le visite pastorali».

Infine, nel 1979, l’arrivo nella comunità di Moscufo dove, oltre a diventarne il parroco, aprì la Comunità Emanuele nata da una precedente esperienza condotta a Verona: «Lì ci ritrovavamo a pregare con un gruppo di persone molto benedetto – ricorda don Fulvio Dio Fulvio –. Al suo interno si verificarono cose molto interessanti come guarigioni di persone, manifestazioni di liberazione dal male e matrimoni che si riunivano. C’era molto entusiasmo. Ci si aiutava l’un l’altro, attraverso un dono totale dei propri beni in favore di chi è nel bisogno. A questo punto decidemmo di dar vita ad una comunità. Non eravamo partiti con l’idea di diventare tali, ma poi ci siamo trovati ad esserlo. Quando poi mi trasferii a Pescara, alcune persone mi seguirono e proseguimmo l’esperienza. Decidemmo di chiamarla Comunità Emanuele, come “Dio con noi”, ma anche dopo che una bambina milanese – che aveva consacrato la sua vita al Signore all’età di 6 anni – fu operata di tumore e un giorno che il medico la stava visitando, le ferite scomparvero. Successivamente, venne chiamata dalla Madonna a Lourdes e lì si immolò per lo scopo che la Madonna le aveva dato e questa cosa ci colpì tanto. Una testimonianza, quella di questa bambina, che ci aveva sconcertato nel vedere cosa Dio può fare attraverso una persona innocente. Questo fu per noi di grande incoraggiamento».

Un altro aspetto importante della vita sacerdotale di don Fulvio, è stato certamente l’amministrazione della confessione che don Fulvio tra l’altro ha amministrato con particolare attenzione, avendo ricevuto da Papa Francesco – in occasione del Giubileo della misericordiail mandato in qualità di missionario della misericordia: «Oggi – osserva il parroco di Moscufo – pochi praticano la confessione tradizionale. Perché la Chiesa, fin dai tempi di Paolo VI, parlava di condurre una nuova evangelizzazione. Dice San Giovanni “Chi è il cristiano? Colui che ha riconosciuto e ha creduto all’amore di Dio”. Il cristiano è colui che ha scoperto quell’amore, ci ha creduto, l’ha accolto, l’ha sperimentato e vive di conseguenza. Il bisogno che c’è oggi è di fare un’esperienza cristiana profonda dello Spirito di Gesù Cristo il quale, prima di tutto, ci dà comprensione. Dio ci comprende. Papa Francesco lo dice spesso “Quando tu ha peccato, Dio non ha visto il peccato, ma ha visto un figlio che stava sbagliando provando misericordia, compassione. Perché dietro questa azione c’è una storia”. Una volta due persone mi portarono una donna da esorcizzare, la quale mi dava le spalle facendo sembrare che non potesse sopportare la presenza di un sacerdote. Mi rispondeva con un voce maschile, cavernosa. Le dissi “Tu non ha il diavolo in corpo, sei una cristiana che sta soffrendo fin dal grembo materno”. Lei rispose “Sì, mia madre andò ad abortirmi, ma non ci riuscì”. Subì violenze in casa. Quella donna non aveva bisogno dell’assoluzione per non essere andata a messa la domenica precedente, ma di essere liberata da una vita di persecuzioni, di violenza, di immoralità. Ricevere quel mandato di missionario della misericordia non è servito a moltiplicare le confessioni, ma a condurle andando molto più a fondo. Quella donna aveva bisogno di sperimentare quell’amore che Dio le aveva dato creandola. Quell’amore che Gesù ha dato sulla croce deve arrivare al cuore di quella persona, rigenerarla. Nelle letture di domenica scorsa San Paolo diceva “Chi è in Cristo è una creatura nuova, le cose vecchie sono passate. Sono nate le nuove”».

Questo, per don Fulvio, è il tempo per la Chiesa: «Ecco perché – sottolinea – sono nati molti movimenti e Papa Francesco li ha invitati ad entrare molto più addentro in quella che è l’evangelizzazione, non fermandosi solo alle strutture o alle iniziative esteriori. Bisogna avere quell’incontro con Gesù Cristo, è questa la cosa più importante e più urgente. Questo incontro caratterizza la persona, fa in modo che il male esca e si incida la grazia di Dio. “Io porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò nel loro cuore. Sarò il loro Dio e loro saranno il mio popolo. Porrò il mio Spirito dentro di loro e li farò vivere secondo i miei statuti”. Non si parla di aggiustare, ma di rigenerare. “Se uno non rinasce da acqua e da spirito – dice Gesù a Nicodemo -, non può vedere il Regno di Dio”. Ecco, allora, la missione della Chiesa, che ha bisogno di potenza dall’alto. Non è una ministero da svolgere, è una missione da comunicare. Far rinascere le persone a vita nuova. Questa è la missione data ai missionari della misericordia, che più che assolvere semplici peccatucci che vengono confessati, devono portare questa grande misericordia di Dio che non ha confini. Questa è una scoperta meravigliosa. Dio, nella sua misericordia, ci comprende. Ciascuno di noi, come quella donna, ha una storia alle spalle e ha bisogno di comprensione. Tutti noi abbiamo una storia alle spalle, la chiamiamo peccato originale. Dio ci dà comprensione, alla quale fa seguire la compassione. Soffre insieme a noi, al punto che si fa carne, diventa uomo fino a morire in croce per salvarci. È il mistero della morte e risurrezione di Gesù, che oltre alla comprensione e alla compassione, ci dà la misericordia. Perdona il peccato, ma cancella la colpevolezza perché chi è in colpa non può essere amato, non può amare. Gesù elimina la colpa, ci giustifica, ci rende innocenti, per cui ci battezza nello Spirito Santo che è il sigillo di questa vita nuova che Dio dà al credente».  

About Davide De Amicis (4359 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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