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“A Gesù che può tutto va chiesto tutto, non dimenticatelo!”

Dopo la recita dell’Angelus, il Papa ha innanzitutto espresso la sua vicinanza nei confronti delle migliaia di migranti, rifugiati e altri bisognosi di protezione in Libia: "Non vi dimentico mai; sento le vostre grida e prego per voi. Tanti di questi uomini, donne e bambini sono sottoposti a una violenza disumana. Ancora una volta chiedo alla comunità internazionale di mantenere le promesse di cercare soluzioni comuni, concrete e durevoli per la gestione dei flussi migratori in Libia e in tutto il Mediterraneo. E quanto soffrono coloro che sono respinti! Ci sono dei veri lager lì"

Lo ha affermato oggi Papa Francesco, pronunciando l’Angelus in piazza San Pietro

Il Papa impartisce la benedizione dopo l'Angelus

È stata dedicata alla forza e all’importanza della preghiera la riflessione odierna di Papa Francesco in piazza San Pietro, che ha preceduto l’Angelus, dedicato al Vangelo della trentesima domenica del tempo ordinario che narra di Gesù che, uscendo da Gerico, ridona la vista a Bartimeo: un mendicante cieco incontrato lungo la strada (Mc 10,46-52): «È un incontro importante – sottolinea il Papa -, l’ultimo prima dell’ingresso del Signore a Gerusalemme per la Pasqua. Bartimeo aveva perso la vista, ma non la voce! Infatti, quando sente che sta per passare Gesù, inizia a gridare: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!» (v. 47). E grida, grida questo. I discepoli e la folla sono infastiditi dalle sue grida e lo rimproverano perché taccia. Ma lui urla ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!» (v. 48).

Gesù sente, e subito si ferma. Dio ascolta sempre il grido del povero, e non è per nulla disturbato dalla voce di Bartimeo, anzi, si accorge che è piena di fede, una fede che non teme di insistere, di bussare al cuore di Dio, malgrado l’incomprensione e i rimproveri. E qui sta la radice del miracolo. Infatti Gesù gli dice: «La tua fede ti ha salvato» (v. 52). La fede di Bartimeo traspare dalla sua preghiera». Quest’ultima, a detta del Pontefice, non è una preghiera timida, convenzionale: «Anzitutto – approfondisce –  chiama il Signore “Figlio di Davide”. Cioè lo riconosce Messia, Re che viene nel mondo. Poi lo chiama per nome, con confidenza: “Gesù”. Non ha paura di Lui, non prende le distanze. E così, dal cuore, grida al Dio amico tutto il suo dramma “Abbi pietà di me!”. Soltanto quella preghiera “Abbi pietà di me!”. Non gli chiede qualche spicciolo come fa con i passanti. No. A Colui che può tutto chiede tutto. Alla gente chiede degli spiccioli, a Gesù che può fare tutto, chiede tutto “Abbi pietà di me, abbi pietà di tutto ciò che sono”. Non chiede una grazia, ma presenta sé stesso. Chiede misericordia per la sua persona, per la sua vita. Non è una richiesta da poco, ma è bellissima, perché invoca la pietà, cioè la compassione, la misericordia di Dio, la sua tenerezza. Bartimeo non usa tante parole. Dice l’essenziale e si affida all’amore di Dio, che può far rifiorire la sua vita compiendo ciò che è impossibile agli uomini. Per questo al Signore non chiede un’elemosina, ma manifesta tutto, la sua cecità e la sua sofferenza, che andava al di là del non poter vedere. La cecità era la punta dell’iceberg, ma nel suo cuore ci saranno state ferite, umiliazioni, sogni infranti, errori, rimorsi. Lui pregava con il cuore».

Da qui il confronto tra il modello di comportamento proposto da Bartimeo e noi: «Quando domandiamo una grazia a Dio – domanda il Santo Padre -, mettiamo nella preghiera anche la nostra propria storia, le ferite, le umiliazioni, i sogni infranti, gli errori, i rimorsi? “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”. Facciamo oggi noi questa preghiera. E chiediamoci “Come va la mia preghiera?”. Ognuno di noi si domandi “Come va la mia preghiera? È coraggiosa, ha l’insistenza buona di quella di Bartimeo, sa “afferrare” il Signore che passa, oppure si accontenta di fargli un salutino formale ogni tanto, quando mi ricordo? Quelle preghiere tiepide che non aiutano per niente. E poi, la mia preghiera è “sostanziosa”, mette a nudo il cuore davanti al Signore? Gli porto la storia e i volti della mia vita? Oppure è anemica, superficiale, fatta di rituali senza affetto e senza cuore? Quando la fede è viva, la preghiera è accorata. Non mendica spiccioli, non si riduce ai bisogni del momento».

Per questo Papa Bergoglio ha rivolto a tutti un’esortazione significativa: «A Gesù, che può tutto – invita -, va chiesto tutto. Non dimenticatevi di questo. A Gesù che può tutto va chiesto tutto, con la mia insistenza davanti a Lui. Egli non vede l’ora di riversare la sua grazia e la sua gioia nei nostri cuori, ma purtroppo siamo noi a mantenere le distanze, forse per timidezza o pigrizia o incredulità. Tanti di noi, quando preghiamo, non crediamo che il Signore può fare il miracolo. Mi viene in mente quella storia – che io ho visto – di quel papà a cui i medici avevano detto che la sua bambina di nove anni non passava la notte; era in ospedale. E lui ha preso un bus ed è andato a settanta chilometri al santuario della Madonna. Era chiuso e lui, aggrappato alla cancellata, passò tutta la notte pregando: “Signore, salvala! Signore, dalle la vita!”. Pregava la Madonna, tutta la notte gridando a Dio, gridando dal cuore. Poi al mattino, quando tornò in ospedale, trovò la moglie che piangeva. E lui pensò “È morta”. E la moglie disse “Non si capisce, non si capisce, i medici dicono che è una cosa strana, sembra guarita”. Il grido di quell’uomo che chiedeva tutto, è stato ascoltato dal Signore che gli aveva dato tutto. Questa non è una storia. Questo l’ho visto io, nell’altra diocesi. Abbiamo questo coraggio nella preghiera?».

Quindi l’invito finale: «A Colui che può darci tutto – ribadisce Papa Francesco -, chiediamo tutto, come Bartimeo, che un grande maestro, un grande maestro di preghiera. Lui, Bartimeo ci sia di esempio con la sua fede concreta, insistente e coraggiosa. E la Madonna, Vergine orante, ci insegni a rivolgerci a Dio con tutto il cuore, nella fiducia che Egli ascolta attentamente ogni preghiera».

Dopo la recita dell’Angelus, il Papa ha innanzitutto espresso la sua vicinanza nei confronti delle migliaia di migranti, rifugiati e altri bisognosi di protezione in Libia: «Non vi dimentico mai; sento le vostre grida e prego per voi. Tanti di questi uomini, donne e bambini sono sottoposti a una violenza disumana. Ancora una volta chiedo alla comunità internazionale di mantenere le promesse di cercare soluzioni comuni, concrete e durevoli per la gestione dei flussi migratori in Libia e in tutto il Mediterraneo. E quanto soffrono coloro che sono respinti! Ci sono dei veri lager lì. Occorre porre fine al ritorno dei migranti in Paesi non sicuri e dare priorità al soccorso di vite umane in mare con dispositivi di salvataggio e di sbarco prevedibile, garantire loro condizioni di vita degne, alternative alla detenzione, percorsi regolari di migrazione e accesso alle procedure di asilo. Sentiamoci tutti responsabili di questi nostri fratelli e sorelle, che da troppi anni sono vittime di questa gravissima situazione. Preghiamo insieme per loro in silenzio».

OGGI LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE

E ieri la Chiesa ha proclamato due nuove beate. La prima è suor Lucia dell’Immacolata, religiosa delle Ancelle della Carità: «Donna mite e accogliente, morta nel 1954 a 45 anni – ricorda il Papa -, dopo una vita spesa al servizio del prossimo anche quando la malattia l’aveva fiaccata nel corpo ma non nello spirito». Invece, oggi a Rimini viene beatificata la giovane Sandra Sabattini, studentessa di medicina, scomparsa a 22 anni per un incidente stradale: «Ragazza gioiosa, animata da grande carità e dalla preghiera quotidiana – aggiunge il Pontefice -, si dedicò con entusiasmo al servizio dei più deboli nel solco del carisma del Servo di Dio Don Oreste Benzi. Alle due beate un applauso. Tutti insieme!».

Due figure, queste ultime, che spiccano nell’odierna Giornata missionaria mondiale: «Guardiamo a questi due nuovi Beati – esorta il Papa – come a testimoni che hanno annunciato il Vangelo con la loro vita. E con gratitudine rivolgo il mio saluto ai tanti missionari e missionarie – sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli laici – che in prima linea spendono le loro energie al servizio della Chiesa, pagando in prima persona – a volte a caro prezzo – la loro testimonianza. E lo fanno non per fare proselitismo, ma per testimoniare il Vangelo nella loro vita nelle terre che non conoscono Gesù. Grazie tante ai missionari! Anche a loro un grande applauso, tutti! Saluto anche i seminaristi del Collegio Urbano».

In conclusione, il saluto ai tanti pellegrini intervenuti in piazza San Pietro: «E saluto tutti voi, cari romani e pellegrini di vari Paesi – conclude il Papa -. In particolare, saluto la comunità peruviana – tante bandiere del Perù! – che celebra la festa del Señor de los Milagros. Anche il Presepio di quest’anno sarà della comunità peruviana. Come pure saluto una comunità filippina di Roma; saluto il Centro Academico Romano Fundación (Spagna); le Figlie del Sacro Cuore di Gesù riunite in Capitolo e il gruppo della Comunità dell’Emmanuel. Saluto inoltre i partecipanti alla “maratona” da Treviso a Roma e quelli che fanno il “Cammino” dalla Sacra di San Michele fino a Monte Sant’Angelo; il pellegrinaggio ciclistico nel ricordo di San Luigi Guanella; saluto i fedeli di Palmi, di Asola e San Cataldo». In coda il Papa ha anche rivolto “un saluto speciale” ai partecipanti alla Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, riuniti a Taranto sul tema “Il Pianeta che speriamo”.

About Davide De Amicis (4359 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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