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“Mettendomi al servizio sono felice, realizzo la mia vita!”

"Sto chiedendo al Signore che fino all'ultimo giorno della mia vita, non so quando sarà ma mi sto preparando, possa rimanere in umiltà e in servizio a tempo pieno fino al novantesimo, quando il Signore mi chiamerà, perché servire è regnare. Serviamo il Signore, serviamo i fratelli e regniamo"

Lo ha affermato monsignor Francesco Santuccione, vicario generale dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne, che lo scorso 9 settembre ha celebrato 50 anni di ordinazione diaconale

Mons. Francesco Santuccione, vicario generale dell'Arcidiocesi di Pescara-Penne e parroco della Cattedrale di san Cetteo

Lo scorso sabato 9 settembre monsignor Francesco Santuccione, vicario generale dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne nonché parroco della Cattedrale di San Cetteo a Pescara, ha celebrato il cinquantesimo anniversario della sua ordinazione diaconale impartita dall’allora vescovo di Pescara-Penne monsignor Antonio Iannucci il 9 settembre 1973 nell’allora vecchio Santuario del Beato Nunzio Sulprizio a Pescosansonesco (Pe), presiedendo una santa messa nell’attuale Santuario di San Nunzio Sulprizio. Un periodo, quello del diaconato, che per monsignor Santuccione ha rappresentato una svolta nella sua vita e che ha voluto raccontare anche ai microfoni e ai taccuini di La Porzione.it e Radio Speranza.

Monsignor Santuccione, innanzitutto vorrei chiederle un ricordo del giorno della sua ordinazione diaconale, perché la sua vita è sicuramente legata a doppio filo alla figura di San Nunzio Sulpizio. Cosa la lega a lui?

«Mi lega la l’amore a questo giovane umanamente, diciamo, sfortunato, “sfigato”, si può dire così, perché, orfano, poi malato, bistrattato, invece di ribellarsi alla vita si è fatto santo. Un santo meraviglioso che sprigiona luce. Infatti anche dal corpo, quando è morto, sprigionava luce. E quindi, quando mi si chiese dove volessi essere ordinato diacono, io indicai il mio paese di origine (Cepagatti) o il Santuario di San Nunzio Sulprizio. Allora, il vescovo del tempo monsignor Antonio Iannucci disse “No, una cosa possiamo fare”. Allora io scelsi il diaconato al vecchio Santuario di San Nunzio San Nunzio al vecchio e l’ordinazione sacerdotale, due anni dopo il diaconato (a cui monsignor Santuccione ebbe accesso con un anno di anticipo) al mio paese.

Allora, cinquant’anni di ordinazione diaconale, un ricordo di quel giorno, di quel 9 settembre 1973. Cosa le è rimasto più impresso di quel momento?

«Ecco fu un’esperienza, proprio la grazia del sacramento. Capii che vivere da diacono significa servire. E allora ho detto “Signore, aiutami tu a mettermi al servizio di Te, ma concretamente».

Per i sacerdoti il ministero del diaconato è particolare perché è un ministero in transito, infatti si parla di diaconi transeunti, in transito, in attesa di diventare sacerdoti. Ma qual è l’importanza di questo passaggio breve, seppur molto intenso?

«Secondo me sono le fondamenta. Il sacerdote è sempre a servizio, non è per sé. E allora io ho chiesto al Signore, “Signore, aiutami tu a servire, a gioire per essere fratello in mezzo ai fratelli”. Non ci sono sempre riuscito in questi cinquant’anni, ma mi sono riproposto di vivere così e sono state esperienze meravigliose. Mosso dalla Provvidenza al servizio e adesso, dopo 50 anni, ho servito tre vescovi: monsignor Iannucci, monsignor Cuccarese e il nostro attuale arcivescovo, monsignor Tommaso Valentinetti».

Dunque quella del diaconato è un’esperienza formativa per ogni sacerdote. Lo è stato anche per lei, che mi raccontava del suo percorso di servizio e ubbidienza alla Chiesa nei vari incarichi che le sono stati affidati?

«“Servire è regnare”. E, diceva pure San Giovanni XXIII, “Obbedienza è pace”. E in questi anni l’ho sperimentato proprio mettendomi a disposizione di quello che era il volere dei pastori, prima Iannucci, poi Cuccarese e attualmente monsignor Tommaso Valentinetti, per servirli. E vedo che quando mi metto in questo atteggiamento sono contento, realizzo la mia vita, oltre al mio servizio di diacono e di sacerdote. Cerco di fare del bene dove mi viene richiesto e verso chi devo servire».

Possiamo dire che il ministero del diaconato oggi è stato riscoperto e valorizzato anche dalla Chiesa di Pescara-Penne. Infatti sono in tanti anche laici, gli accoliti, che si formano e decidono di scegliere il servizio del diaconato. A cosa dobbiamo questa riscoperta e qual è l’importanza del diaconato oggi?

«Questa del diaconato è una riscoperta molto bella, perché si torna all’origine non solo come ordinazione del diaconato permanente, ma anche per lo stile della Chiesa. Perché il Signore Gesù, da Signore che era è venuto a servire. E allora, riscoprire che ci sono dei diaconi a vita, richiama tutta la comunità cristiana sull’importanza di mettersi a disposizione nel aprirsi all’amore del Signore e rendersi compagni di viaggio verso gli altri. Mi torna in mente Papa Francesco che diceva “La Chiesa ospedale da campo”. Oggi c’è tanto bisogno di servizio, non solo a livello fisico verso le persone psicologicamente malate, ma di annunciare in pienezza il Vangelo, perché l’uomo ha bisogno di Gesù Cristo per ritrovare il senso pieno e godere dell’amore del Signore. Il Papa, alla Giornata mondiale della gioventù, ha detto “Tutto si paga, solo l’amore del Signore è gratis”. Ecco allora i diaconi permanenti, ma tutti i cristiani, devono scoprire questo amore del Signore e comunicarlo agli altri non per imposizione, ma per dire Signore per trasmissione sullo stile della Vergine Maria che, dopo aver ricevuto l’annuncio dell’Angelo, si è messo al servizio di Elisabetta».

Sono tantissimi oggi i diaconi che prestano servizio nella nostra arcidiocesi. Ogni anno, quasi ogni anno, alcuni vengono ordinati dall’arcivescovo Valentinetti. E allora una dedica, un pensiero rivolto a tutti loro. Qual è l’auspicio di monsignor Santuccione, che dal diaconato ha tratto tutto per il suo servizio sacerdotale, per queste figure, per questi diaconi davvero valorosi che lavorano in questa parte della vigna del Signore?

«Innanzitutto auguriamo ai diacono permanenti di rimanere in questo stile di godere di servire, di farsi prossimi, di farsi portatori di gioia verso l’uomo di oggi nella Chiesa. Allora diventa calamìta la Chiesa, perché le persone che avvengono si sentono accolti. E questa è la meraviglia che noi possiamo ricreare delle comunità belle, accoglienti non solo col diaconato permanente. Ma tutti i cristiani che sono nella comunità si sentono partecipi di questo servire, aiutare, amare e gioire insieme a tutti».

Per chiudere, monsignor Francesco Santuccione, ora che è vicario generale e parroco della cattedrale di San Cetteo, la chiesa-madre dell’Arcidiocesi, cosa si porterà ora e in futuro di questo ministero del diaconato, di questa importante esperienza di servizio?

«Sto chiedendo al Signore che fino all’ultimo giorno della mia vita, non so quando sarà ma mi sto preparando, che possa rimanere in umiltà e in servizio a tempo pieno fino al novantesimo, quando il Signore mi chiamerà, perché servire è regnare. Serviamo il Signore, serviamo i fratelli e regniamo».

About Davide De Amicis (4383 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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