“La consacrazione, quella vera, passa attraverso gesti semplici e umani”
"La candela che abbiamo benedetto – ricorda l’arcivescovo Valentinetti – non è assolutamente un oggetto di superstizione, ma si deve accendere qualche volta durante l'anno. Quando c'è qualche momento di preghiera intimo in casa, allora è bene accendere questa candela; quando c'è una persona malata, che magari è vicina alla morte e si sta pregando vicino a quella ammalata, a quell’ammalato, allora si accende questa candela. Poi l'altro momento in cui è bene tenere questa candela accesa, in questo momento particolare, è quando - anche da soli - a casa preghiamo per la pace, perché la luce del Signore illumini quelli che hanno stanziato altri 50 miliardi di euro di aiuti all'Ucraina. Mandiamo soldi, mandiamo armi… Il povero Papa si è frugato la lingua… Perciò, vi prego, se siete minimamente coscienti di quanto abbiamo bisogno di pace, accendendo questa candela, una preghiera per la pace"
È stata una celebrazione eucaristica molto intensa e sentita quella presieduta ieri sera dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti nella parrocchia della Beata Vergine Maria del fuoco a Pescara, in occasione della solennità della Presentazione di Gesù al tempio nonché 28ª Giornata mondiale della vita consacrata.
Una santa messa, che il presule ha concelebrato con il parroco don Carmine Di Marco oltre ad alcuni diaconi, religiose e religiosi, avviata come da tradizione con il rito di accensione delle candele: «”Fratelli e sorelle – esordisce monsignor Valentinetti, pronunciando la formula introduttiva -, sono trascorsi 40 giorni dalla gioiosa celebrazione del Natale del Signore. Spirito Santo, la pace sia con voi, fratelli e sorelle. Sono trascorsi 40 giorni dalla gioiosa celebrazione del Natale del Signore. Oggi ricorre il giorno nel quale Gesù fu presentato al tempio da Maria e Giuseppe. Con quel rito Egli si assoggettava alle prescrizioni della legge, ma in realtà veniva incontro al suo popolo e l’attendeva nella fede. Guidati dallo Spirito Santo, vennero nel tempio i santi vegliardi Simeone e Anna, illuminati dallo stesso Spirito, riconobbero il Signore e, pieni di gioia, gli resero testimonianza. Anche noi qui riuniti dallo Spirito Santo, andiamo nella casa di Dio incontro a Cristo. Lo troveremo e lo riconosceremo nello spezzare il pane, nell’attesa che Egli venga e si manifesti nella sua gloria“».
Quindi la benedizione delle candele, che tradizionalmente rappresentano la manifestazione di Gesù, e l’avvio della liturgia eucaristica la cui omelia è stata in gran parte dedicata ai consacrati, nel giorno loro dedicato: «È una tradizione della Chiesa – ricorda l’arcivescovo di Pescara-Penne – che in questa giornata si preghi particolarmente per le anime consacrate. Questa sera, in questa comunità, si sono uniti alcuni consacrati laici, alcune consacrate laiche e alcuni religiosi. Questo perché, in realtà, l’evento che il Vangelo ci ha raccontato ci presenta ben cinque protagonisti. Un protagonista è sicuramente Gesù che si offre, che viene offerto. Quindi, il primo segno di abbandono totale nelle mani del Padre. Poi ci sono i suoi genitori, Maria e Giuseppe, che anch’essi si offrono perché, il testo dice, “è arrivato il tempo della purificazione”. Era il tempo in cui le mamme si riabilitavano dopo la cosiddetta “impurità legale” causata dal parto. E infine ci sono questi altri due personaggi, Simeone e Anna, che sono classificati come un uomo di Dio e una donna di Dio. Dunque anch’essi nella dimensione della consacrazione. Ma ciò che colpisce, innanzitutto, in questo testo evangelico è che in realtà tutto accade dentro una dimensione molto umana, una dimensione umanissima. Perché si mette in pratica una legge, la legge del popolo d’Israele. Gesù, Maria e Giuseppe non sfuggono a questa legge. Sono dentro una storia di umanità. Più volte Gesù, nella sua vita pubblica, ha vissuto gesti umanissimi di grande attenzione umana sia nel rispetto della legge mosaica, sia nel superare la legge mosaica. Ma resta una verità importante che Maria, Giuseppe, Gesù compiono dei gesti molto semplici. Addirittura l’offerta di una coppia di tortore o di due giovani colombi. Quindi siamo dentro una sfera e una logica di semplicità».
Da qui un primo riferimento alla vita consacrata: «Ogni consacrazione, quando è vera – precisa l’arcivescovo Valentinetti -, quando è autentica, non sfugge a questa stessa dimensione di umanità e semplicità, perché quando ci sono le dimensioni troppo arzigogolate bisogna stare molto attenti, bisogna essere molto prudenti. La dimensione della consacrazione alla dimensione di una vita consegnata nelle mani del Signore passa per gesti umanissimi, per gesti normalissimi, passa per gesti qualche volta apparentemente insignificanti o per gesti tradizionali, come i colombi o le giovani tortore. Ma dentro questa umanità, dentro questa dimensione umanissima e di semplicità, irrompe prepotentemente la grazia di Dio e l’azione di Dio. È il caso di Maria, di Giuseppe e di Gesù, che vengono quasi investiti dal “ciclone” Simeone e quasi investiti dal “ciclone” Anna, che sono uomo e donna di Dio, dice il testo, “ricolmi di Spirito Santo”, che vivevano dentro una dimensione di consacrazione personale ma di ascolto, soprattutto, del Signore che parlava al loro cuore tanto da far capire, particolarmente a Simeone, che non sarebbe morto senza aver visto il giorno del Messia. E anche Anna proclama qualcosa di straordinariamente bello nei confronti di questo Bambino».
Da qui l’accostamento con quanto accade per la consacrazione: «La consacrazione religiosa è così – sottolinea il presule -. Ad un certo punto irrompe il divino, il soprannaturale. Ad un certo punto tutto diventa più chiaro, tutto diventa più semplice da comprendere, ma perché forse c’è qualcuno che ci aiuta ad entrare in questa dimensione e che, soprattutto, ci lascia una libertà di comprendere la nostra strada. Una libertà che, qualche volta, può essere anche scomoda “Anche a te una spada trafiggerà l’anima”. Una libertà scomoda, molto scomoda, perché sicuramente era una profezia. Tutti attribuiscono questa profezia al dolore di Maria nel vedere il Figlio pendere dalla croce, ma forse c’è un significato recondito di quella spada che trafigge l’anima di Maria, la figlia di Sion, la divisione di Israele dalla Chiesa. È la dimensione di una divisione che, qualche volta, si sperimenta anche dentro la realtà della vita consacrata. E allora sicuramente, questa sera, dobbiamo far nostre le parole dell’autore della Lettera agli ebrei: “Facendo un atto di fede ci siamo messi nelle mani di Dio, siamo passati dentro una storia umana, abbiamo lasciato che Dio irrompesse nella nostra vita, ma siamo certi che Egli, il Signore, non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò si è reso in tutto simile ai fratelli per essere Colui che ci ha preceduto nella consacrazione, sommo sacerdote misericordioso e degno di fede, nelle cose che riguardano Dio allo scopo di espiare i peccati del popolo”. Consegniamo di nuovo la nostra vita nelle mani del Signore. La Parola irrompe ancora una volta, prepotente, dentro la nostra storia e ci fa diventare piccoli piccoli, ma in questa nostra piccolezza riscopriamo la bellezza della nostra umanità da consegnare a Colui che è il Signore della nostra vita. Amen».
Al termine della santa messa, monsignor Tommaso Valentinetti ha rivolto ai tanti fedeli presenti una precisazione in riferimento all’utilizzo delle candele: «La candela che abbiamo benedetto – ricorda l’arcivescovo di Pescara-Penne – è chiaramente da riportare a casa, ma non è assolutamente un oggetto di superstizione, perché per qualcuno lo è. Allora io metto le mani avanti per non cadere e ve lo dico subito che non è un oggetto di superstizione, ma si deve accendere qualche volta durante l’anno. Quando c’è qualche momento di preghiera intimo in casa, allora è bene accendere questa candela; quando c’è una persona malata, che magari è vicina alla morte e si sta pregando vicino a quella ammalata, a quell’ammalato, allora si accende questa candela. Una volta i nostri contadini l’accendevano anche quando vedevano che il tempo era molto, molto brutto perché pensavano che potesse, in qualche modo, rovinare i raccolti e qui cominciamo a sconfinare un po’ nella superstizione. Ma siccome loro avevano tanta fede e tanta preghiera, allora li assolviamo. Ma non è necessario, perché tanto il tempo brutto non lo fa più – ironizza il presule -, quindi non è questo il problema. Poi l’altro momento in cui è bene tenere questa candela accesa, in questo momento particolare, è quando – anche da soli – a casa preghiamo per la pace, perché la luce del Signore illumini quelli che hanno stanziato altri 50 miliardi di euro di aiuti all’Ucraina. Mandiamo soldi, mandiamo armi… Il povero Papa si è frugato la lingua… Perciò, vi prego, se siete minimamente coscienti di quanto abbiamo bisogno di pace, accendendo questa candela, una preghiera per la pace».