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“Se percorreremo le strade della paura, aspettiamoci la vendetta di Dio”

"Dobbiamo entrare nella logica che se apparteniamo a Cristo - esorta l'arcivescovo Valentinetti -, abbiamo fatto una scelta di campo, una scelta evangelica. Non serviremo noi i ricchi, se essi non saranno distaccati dai loro beni, non serviremo mai chi ha il potere, se lo usa solamente per i propri vantaggi personali e non per essere al servizio del bene comune. Noi, con Cristo, alla luce di questa Parola, vogliamo proclamare la liberazione dei prigionieri, soprattutto dei poveri"

Lo ha affermato ieri l’arcivescovo Valentinetti, presiedendo la solenne messa crismale al Palasport Giovanni Paolo II di Pescara

Mons. Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne, pronuncia l'omelia

«Fratelli, sorelle, se percorreremo le strade della paura, dell’esclusione, se non ci libereremo da tutto ciò che è antievangelico, e che da cui oggi il Signore ci annuncia la liberazione, come dice la Parola, aspettiamoci il giorno della vendetta di Dio. Non è una triste profezia, ma una è una verità che dobbiamo meditare profondamente». Con questo duro ammonimento, ieri sera, l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti ha scosso le coscienze dei 1.800 fedeli che hanno gremito il Palasport Giovanni Paolo II di Pescara, per partecipare alla messa crismale da lui presieduta e concelebrata con tutti i sacerdoti diocesani.

L’arcivescovo Valentinetti con indosso la mitra donata da Paolo VI

Una liturgia durante la quale il presule ha consacrato gli olii sacri (l’olio per l’unzione degli infermi, l’olio per ungere i catecumeni che stanno per ricevere il battesimo e infine il sacro crisma usato nei sacramenti del battesimo, della confermazione e dell’ordine sacro l’ampolla di colore bianco, ottenuto mescolando olii e profumi), alitando sulle rispettive ampolle aperte che li contenevano. Un rito solenne e suggestivo che l’arcivescovo ha ripetuto indossando la mitra e utilizzando la pisside che vennero donate nel 1977 da Papa Paolo VI, in occasione della sua partecipazione al diciannovesimo Congresso eucaristico nazionale che si era svolto proprio a Pescara, mentre sulle sfondo dell’altare compariva l’icona di San Nunzio Sulprizio, proclamato santo il 14 ottobre 2018 da Papa Francesco.

Dunque l’eucaristia è stata celebrata in un’atmosfera di giubilo nell’ambito della quale, però, l’arcivescovo di Pescara-Penne non ha fatto mancare la sua riflessione frutto della lettura dei segni dei tempi: «“Lo Spirito del Signore è su di me” – esordisce monsignor Tommaso Valentinetti, citando la frase con la quale Gesù ha attuato la profezia di Isaia -, ma noi lo possiamo dire per la nostra Chiesa. Lo Spirito del Signore è sopra di noi. È sopra del sacerdozio ministeriale che rinnoviamo e celebriamo, così come è sopra di noi nei segni degli olii sacramentali ed è sopra di noi, in questa nostra Chiesa diocesana radunata in festa per glorificare, lodare e benedire il Signore. E allora, fratelli e sorelle, prendiamo coscienza che siamo il popolo di Dio. Siamo noi la stirpe eletta, la discendenza del Signore. Siamo noi il popolo sacerdotale, popolo di servitori inviati a servire, popolo di ascoltatori inviati ad annunciare, popolo sacerdotale nel mistero della santità a continuare a celebrare il grande mistero della passione, morte, risurrezione, dono dello Spirito per la nostra vita, per la vita di questo popolo che s’incarna in questo territorio e in questa Chiesa di Pescara-Penne».

L’arcivescovo Valentinetti consacra gli olii sacri

Un popolo che è chiamato ad annunciare: « – conferma l’arcivescovo di Pescara-Penne – non dobbiamo smettere di annunciare la Parola di Dio, opportunamente e non opportunamente, in ogni circostanza, in ogni momento, in ogni situazione, in ogni modo, i modi forse più impensati e più rinnovati, perché noi che abbiamo preso coscienza di questo nostro essere popolo sacerdotale e regale, non siamo né di più né di meno di quell’altro popolo di battezzati, forse di tanti credenti, ma forse di non praticanti, che pure si rifanno al Signore Gesù e cercano a tentoni il Signore Gesù, il Dio della gloria, il Dio dell’amore, il Dio della pace, il Dio della verità, il Dio della gioia. Dove sono questi fratelli? Sono sparsi per le nostre contrade, per le nostre città, per le nostre vie, nei meandri più diversi delle nostre parrocchie, ma ci sono. E forse a noi il compito di raggiungerli e di continuare a dire ad essi l’amore del Signore. Ma prendiamo coscienza, fratelli, che dobbiamo essere popolo sacerdotale, stirpe eletta e servitori del Signore come dice la Dei verbum “verbis gestisque”, parlando della rivelazione. Una rivelazione fatta con le parole, con la vita e con i gesti».

Così con le parole ci è chiesto di annunciare e con la vita ci è chiesto di servire: «Ma chi dobbiamo servire? – s’interroga l’arcivescovo Valentinetti -. La risposta nasce da questa parola del Vangelo, i miseri, i poveri. Dobbiamo entrare nella logica che se apparteniamo a Cristo, abbiamo fatto una scelta di campo, una scelta evangelica. Non serviremo noi i ricchi, se essi non saranno distaccati dai loro beni, non serviremo mai chi ha il potere, se lo usa solamente per i propri vantaggi personali e non per essere al servizio del bene comune. Noi, con Cristo, alla luce di questa Parola, vogliamo proclamare la liberazione dei prigionieri, soprattutto dei poveri. Quelli che a causa della povertà materiale sono sempre più disprezzati, gli ultimi, i barboni, i drogati. Vogliamo proclamare la liberazione di chi non arriva con lo stipendio alla fine del mese, a causa della mancanza di lavoro, di chi è costretto a lavorare in nero, di chi non ha il necessario per curare la propria persona, perché la sua malattia non è curata adeguatamente da chi dovrebbe prendersi cura delle sue infermità, di chi ha commesso i peccati più terribili e vive con i rimorsi del cuore, di chi è schiavo della paura».

I cori riuniti dell’arcidiocesi di Pescara-Penne e l’orchestra diretti da Roberta Fioravanti

Proprio approfondendo il concetto di paura, il presule ha rivolto un severo ammonimento ai fedeli: «, la paura che si sta impadronendo di tutti, magari anche propagandata da chi vuole speculare su di essa. Paura del vicino di casa, paura di quelli del quartiere accanto, di quelli dell’altra città, paura e divisione di quelli dell’altra parrocchia, dell’altra regione, dell’altra nazione, paura di quelli di un altro continente, paura del mondo intero, specialmente di chi non è come me per razza, cultura, colore della pelle o religione. Paura che fa giudicare l’altro sempre con un diverso, come un invasore, un clandestino, un terrorista che vuole invadere i miei diritti e mi vuole togliere le mie libertà. I nostri sentimenti, invece, devono essere quelli di Colui che viene sulle nubi del cielo, di Colui che è stato trafitto per amore, e solo per amore, di Colui che ci ha liberati dei nostri peccati, di Colui che dice che essere trafitti così come Lui non è mistero di sconfitta o di ignominia. Di Colui che dice che essere contestatori non è assolutamente un obbrobrio, ma è di Colui che ci dice che tutto questo è gloria della croce di Nostro Signore Gesù Cristo. E allora la gloria, la corona di gloria, la riceveremo anche noi. La corona di gloria, l’olio della letizia, il canto della liberazione».

Il Palasport Giovanni Paolo II gremito da fedeli e sacerdoti

Per questo monsignor Tommaso Valentinetti ha, infine, rivolto un ulteriore avvertimento seguito da un auspicio: «Se non cercheremo questa liberazione, mentre il Signore ci vuole offrire i suoi doni – ammonisce il presule -, noi andremo alla ricerca della cenere, del lutto, di uno spirito mesto. Non voglia il cielo e la grazia dello Spirito Santo ci preservi dal farci sperimentare le lacrime dell’afflizione, ma anche in questo caso il Dio della misericordia non ci lascerà soli. E allora qualche povero, qualche malato, qualche emarginato, qualche carcerato, qualche immigrato o fratello che non ha la nostra stessa religione, il nostro stesso colore della pelle o i nostri usi o le nostre tradizioni, in un mondo perfettamente conciliato dal vero amore, quello che Cristo vuole. L’amore di Cristo per un Regno che ci donerà asciugandoci le lacrime, prendendoci per mano e facendoci entrare nella beatitudine senza fine».

Al termine della funzione, l’arcivescovo Valentinetti ha ricordato l’appuntamento con il pellegrinaggio a piedi da Torre de’ Passeri a Pescosansonesco presso il Santuario di San Nunzio Sulprizio, che si terrà domenica 28 aprile e sarà riservato a giovani e famiglie.

Domani, invece, anche a Pescara si rinnoverà l’appuntamento con la processione del Cristo morto che alle ore 19 partirà dal Santuario della Divina misericordia, per arrivare nella Cattedrale di San Cetteo dopo aver attraversato Corso Umberto, via Nicola Fabrizi, via Venezia, Corso Vittorio Emanuele, piazza Duca D’Aosta, Ponte Risorgimento, piazza Unione e via Conte di Ruvo. L’arcivescovo Valentinetti presiederà i riti della passione e della processione del Cristo morto a Loreto Aprutino. Sabato sera, alle 22.30, il presule presiederà la santa messa della veglia di Pasqua presso la parrocchia di San Benedetto abate e San Giovanni Evangelista a Pescara colli. L’indomani, alle 11.30, celebrerà il Pontificale solenne nella Cattedrale di San Cetteo. In serata, alle 18.30, farà lo stesso presso la chiesa del Carmine a Penne.

About Davide De Amicis (4383 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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