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Cardoso: ”Chàvez come Hitler e Mussolini”

Monsignor Baltazar Porras Cardoso, arcivescovo di Mèrida e vice presidente del Consiglio Episcopale Latino-Americano, in visita a Montesilvano, racconta il suo Venezuela stretto nella morsa del regime chavista.

È un uomo della Chiesa impegnato a riportare pace e serenità nel proprio paese, nonostante le minacce arrecategli dal regime autoritario guidato dal presidente Hugo Chàvez. Si tratta di monsignor Baltazar Porras Cardoso, arcivescovo di Mèrida dal 1991, la seconda diocesi più grande del Venezuela dopo quella di Caracas ed in assoluto la più antica del paese latino-americano, con i suoi 225 anni di storia. Dallo scorso 2007, monsignor Cardoso è anche il vice presidente del Consiglio Episcopale Latino-Americano e in questi giorni, di passaggio a Pescara, La Porzione.it lo ha incontrato per conoscere da vicino la “questione venezuelana”.

Monsignor Cardoso, innanzi tutto che idea si è fatto degli abruzzesi, dopo la sua breve visita?

«Molti abruzzesi, nel dopoguerra, sono emigrati in Venezuela e in questi giorni, per me, è stato curioso ritrovarmi con tanti italo – venezuelani che hanno lasciato l’Abruzzo per poi rientrarvi».

Eccellenza, parlando del suo paese, il Venezuela sta attraversando una fase caratterizzata da un quadro economico-politico assai complesso. Lei che è testimone diretto della situazione, che idea si è fatto? «Al momento, stiamo attraversando un periodo particolare contraddistinto dal populista governo Chàvez. Un governo che non può essere definito di sinistra, ma bensì una “mistura” di tutto ciò che oggi rappresenta il contrario della democrazia, dato che questo paese ha preso come riferimento il modello cubano retto da Fidel Castro. Uno stato che non può essere certo quello “specchio” in grado di riflettere la vera democrazia, quella caratterizzata dal superamento della povertà, dalla libertà. Del resto, in questi ultimi anni, in Venezuela l’unico potere presente è stato quello del Governo che ha creato un’atmosfera di paura e di grande violenza. È questo il paese in cui si muore di più, con le statistiche che lo scorso anno hanno fatto registrare quasi 20mila decessi da morte violenta. Nessuno è in carcere, nessuno conosce i colpevoli. Il Governo lascia fare e allora cresce l’insicurezza, la paura. Da noi mancano la proprietà privata ed i posti di lavoro perché tutta la ricchezza, derivante dallo sfruttamento delle nostre risorse petrolifere, esce fuori dai confini venezuelani per “comprare” nuove amicizie con chi all’”Onu” dovrà votare in favore del regime».

Insomma, possiamo parlare di un governo dittatoriale in piena regola. Eppure, paradossalmente, se da un lato aumentano omicidi e paura, dall’altro il presidente Hugo Chàvez continua a ricevere un grande consenso popolare: in cosa la fonda? «Lo fonda nella ricchezza. Come detto, tutti gli introiti derivanti dal petrolio finiscono nelle sue mani e non esiste alcuna autorità di controllo che vigili su questo. Inoltre, con la povertà in aumento, è il Governo stesso a decidere o meno di investire sui posti di lavoro: se sei favorevole al regime non hai difficoltà nel trovare un’occupazione, un passaporto o ad iscriverti in un’università statale. E nel frattempo, non era mai successo che così tanti professionisti, laureati, medici ed ingegneri lasciassero il paese».

Secondo alcuni studi, si direbbe che il presidente venezuelano consolidi il suo successo attraverso il controllo delle classi deboli, aprendo a dei provvedimenti che avrebbero ridotto notevolmente il tasso di disoccupazione, eliminato l’analfabetismo e ridotta la fame: è davvero così? «Non è vero. Per la risoluzione di queste problematiche, è indispensabile un cambiamento nel fare le leggi, anche a livello internazionale. Ad esempio, resta il problema della violenza con tutte le persone uccise dalla Polizia, dal Governo per una verità difficile da trovare. Anche per questo, ogni anno, l’episcopato venezuelano redige un documento, rivolto al Governo, dove si richiedono provvedimenti reali: nuovi posti di lavoro, una redistribuzione della ricchezza fra la popolazione e soprattutto maggiore trasparenza, dato che l’80% dei mass media venezuelani sono filo-governativi. Ovviamente il Governo non sopporta tutto questo, la Chiesa, il Papa, i vescovi: tutto ciò che non si inginocchi al regime».

Lei è fra i maggiori oppositori del governo Chàvez e, recentemente, ha subito molte minacce: ciò dimostra un dialogo tra Stato e Chiesa davvero difficile.

«Sì, il dialogo tra Stato e Chiesa e difficile come lo è tra Stato ed altre istituzioni. È vero, ho ricevuto delle minacce perché dal 2000 al 2006 sono stato presidente della Conferenza Episcopale Venezuelana, della quale resto ancora vice presidente e portavoce. Si tratta di un grosso impegno ed il governo ha sempre qualcosa da dire come giorni fa, quando il presidente ha parlato del nostro cardinale come di un pazzo e affermando che noi altri, (vescovi e sacerdoti, ndr) abbiamo il diavolo dentro la tunica. Per chi segue la storia, Chàvez è paragonabile a personaggi come Hitler o Mussolini».

Nelle elezioni parlamentari del 26 Settembre scorso, il presidente venezuelano ha vinto, ma senza raggiungere la maggioranza dei due terzi in Parlamento, come desiderato. Anzi, in aula ritroverà 64 deputati pronti a fare un’opposizione vera in vista delle presidenziali del 2010: non è così? «Credo che in futuro sarà dura, perché il Governo vorrà restare in carica fino alla morte. Eppure, nonostante tutto il potere che hanno, il 52% della popolazione ha votato contro il Governo, senza contare che pur di far aumentare il numero dei deputati di maggioranza, rispetto all’opposizione, hanno modificato la legge. È stata una grande vittoria per il popolo venezuelano».

A questo punto, chi è rimasto a sostenere questo governo? «Una parte del popolo lo sostiene ancora, ma non più la maggioranza. Tutto questo è ancora possibile per la paura che il Governo ancora incute fra le gente, ma credo che un nuovo senso democratico stia per aprire una nuova fase per il paese. E poi chi vivrà, vedrà…»

Il 95% della popolazione venezuelana è di religione cattolica: come vivono la loro fede?

«Il movimento è in crescita e non solo parlando di vocazioni, ma in generale. In aggiunta, lo scontro tra Stato e Chiesa ha fatto sì che i grandi pensatori e gli universitari di sinistra si avvicinassero di molto a noi. È stato un miracolo, ed anche l’ecumenismo è in crescita: sempre più spesso ci riuniamo con i giudei e i pastori protestanti. Questa situazione coinvolge tutte le religioni contro un governo autoritario che vorrebbe divenire una religione laica, quasi la reincarnazione di Gesù, della Chiesa e di Bolivar, il “libertador” del Venezuela».

Cosa chiede la Chiesa al governo venezuelano per vivere meglio? «La Chiesa richiede un contesto di pace, di solidarietà: no alla guerra, all’odio, alla paura, alle armi, alla droga, alla guerriglia. Per il Governo, al contrario, non solo la Chiesa, ma tutte le istituzioni devono essere tanti “soldati” pronti ad obbedire al comando dei superiori. Ma un paese democratico si fa con i cittadini e non con i soldati».

Quale futuro vede per il Venezuela? «Guardo al futuro con speranza. Penso che la situazione sia difficilissima, ma la gente ora vuole vivere in pace costruendo una svolta democratica per convivere insieme e non essere in guerra con i paesi vicini. Al momento, abbiamo problemi con la Colombia, il Cile, il Perù, gli Stati Uniti, l’Unione Europea ed il Vaticano, mentre coltiviamo rapporti con Cuba, il Nicaragua, l’Iran e la Bielorussia».

About Davide De Amicis (4382 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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