Biblioteche, tra polvere e tagli

«Ho sempre immaginato il Paradiso sotto forma di una biblioteca». Sarebbe ancora questa l’affermazione di Jorge Luis Borges, scrittore argentino, visitando, oggi, una biblioteca italiana? La mancanza di fondi, anche per il semplice acquisto di testi, riviste e abbonamenti, sembra aver colpito anche il “regno” del libro. Secondo quanto affermato dall’Associazione Italiana Bibliotecari nel 2010 ci sono stati dei tagli quantificabili tra il 7 e il 10% , nel 2011 le cose non miglioreranno e la sforbiciata toccherà anche il 35%.
«Naturalmente – afferma ironicamente Luca Mazzocchetti, bibliotecario dell’Istituto Toniolo di Pescara – la notizia è passata in secondo piano e i media ne hanno parlato poco o niente. Vuoi mettere una poco interessante polverosa biblioteca piena di gente rannicchiata su libri e riviste, con il nuovo corso per maggiordomi o la scomparsa del coccodrillo di Falciano? Non c’è storia!».
Ridurre l’orario di apertura o l’acquisto dei testi? È questo il dilemma. «Diverse le ipotesi – continua Mazzocchetti – Angelo Guglielmi, famoso critico letterario e autore televisivo, ritiene che se proprio si debba scegliere convenga acquistare meno libri; Chiara Silla della Regione Toscana, invece, opta per l’altra ipotesi perché le biblioteche senza “libri freschi” sarebbero snaturate».
La denuncia, però, non riguarda solo i fondi ma anche l’organizzazione e lo stile delle piazze della cultura. «Pensando ad un saggio di Umberto Eco – prosegue in satira il giovane bibliofilo – vorrei sollecitare l’interesse dei lettore di LaPorzione.it e vedere se ritrova tracce di “passaggi” in paradiso». Un elenco di “consuetudini”, sviluppato in dieci passi: «I testi devono essere difficilmente raggiungibili per i disabili, ai quali sarà posto più di un ostacolo in modo da valutare le loro capacità; all’interno dei cataloghi i soggetti sono decisi dal bibliotecario, con il risultato di vedere collocati testi in sezioni quanto meno discutibili; bisogna avere doti non indifferenti sia da un punto di vista paleografico che simbologico per decodificare le sigle sui volumi; il personale addetto deve avere un tono di voce consono al luogo, ossia quello utilizzato in una piazza durante il mercato rionale; il bibliotecario deve far notare con forza – attraverso sguardi e tono di voce – che la richiesta di un testo, di una rivista o di un’informazione è qualcosa di assolutamente inusuale e non si può pretendere che venga in nostro soccorso; le luci devono essere basse, bastano quelle di emergenza; solo ai più meritori è concesso il prestito, praticamente alle cinque più alte cariche dello Stato; i libri devono far sentire l’età che hanno, quindi più sono vecchi più devono essere impolverati, sporchi e malridotti; non deve esserci nessuna traccia di penne, matite e fogli bianchi; naturalmente non devono esistere archivi on-line e computer funzionanti dotati di stampante, e nemmeno fotocopiatrici».
L’esperienza del Sig. Mazzocchetti – seppur facilmente verificabile – è assolutamente una provocazione, esistono biblioteche in Italia rinomate in tutto il mondo, ma è anche il grido di paura di chi vede fallire le “palestre dell’intelletto” che non può passare inascoltato.