Alla scoperta del Gruppo Tend
Ha già oltre trent’anni di storia alle spalle il Gruppo Tend, il movimento dei Tendopolisti di San Gabriele che mosse i primi passi nel 1980 proprio dal Santuario di San Gabriele dell’Addolorata, presso Isola del Gran Sasso, sull’esempio lasciato dal patrono dei giovani. Un cammino di fede rivolto ai giovani intenzionati a fuggire dalla fuorviante e secolarizzante quotidianità, per andare annualmente ad accamparsi con le proprie tende, la “Tendopoli” appunto, presso il Santuario di San Gabriele così da ritrovare un rapporto, un dialogo con Dio. Un’esperienza che dal santuario teramano, si è presto diffusa in Italia e nel mondo, grazie soprattutto all’impegno del suo primo ed unico assistente spirituale nazionale, il passionista Padre Francesco Cordeschi che, intervenendo su “La porzione.it”, ha ripercorso quest’ultimo trentennio di attività tracciando un primo bilancio di un metodo innovativo di fare pastorale con i giovani.
Padre Francesco, l’esperienza del Gruppo Tend è ormai un percorso consolidato da 32 anni di intense esperienze di fede che hanno arricchito lo spirito di migliaia di ragazzi. Ma come nacque l’idea di fondare questo nuovo movimento?
«Nacque dall’incontro che feci con dei ragazzi che, nel cuore, avevano il desiderio di incontrare Gesù, di vivere una verità. Così li invitai a stare con me e iniziammo, con una ventina di ragazzi, un piccolo gruppo negli anni ’80 e da lì, piano piano, è nata un’esperienza, un cammino. È successo: nessuno pensava che potesse accadere tutto questo. É stato più grande di noi: il Signore l’ha fatto».
Ma da un semplice gruppo parrocchiale, come si è arrivati ad una cammino trentennale che ormai accoglie giovani da ogni parte del mondo?
«Ripeto. Non è opera egli uomini, ma è opera del Signore e lo si vede dalle attività che facciamo in Venezuela, in Colombia. Non siamo più noi che agiamo, è qualcuno che va avanti. Credo che la scelta metodologica funzioni e la scelta è riportare i ragazzi ad una forte precarietà, fargli scoprire che è tutto futile quello che viene proposto intorno a noi e proporgli la radicalità dell’amore, che è Gesù crocifisso. La precarietà più assoluta è un Dio nudo, un Dio che si offre per amore. Quando riescono a percepire questo, entrano in contraddizione con il sistema che li circonda, questo sistema che li fascia, che li veste, che li compra, che gli mette l’etichetta a dosso per essere solo del Signore. Scelgono questo metodo e dove arriviamo, nei limiti del possibile, si cresce».
Padre, concretamente su cosa si fonda il vostro cammino, quale esperienza vivono questi giovani?
«Negli anni ’80 c’erano molti movimenti, Comunione e Liberazione, il Gen, Rinnovamento nello Spirito e altri che stavano sorgendo. Allora mi accorsi che i gruppi potevano avere due eccessi: c’era chi si impegnava troppo nel sociale o chi pensava solo alla parte spirituale. C’era chi pensava che la lode al Signore fosse sufficiente e chi invece credeva che un impegno sociale e politico fosse sufficiente. E allora noi pensammo a qualcos’altro, ma fu il Santo Padre che ce lo disse, a Roma, di creare spazi di preghiera di riconciliazione nella parrocchia. Il Papa ci disse che coloro che non fanno parte dei movimenti, devono creare nelle parrocchie spazi di preghiera e riconciliazione. Da lì nacque la nostra intuizione: essere nella parrocchia come luoghi di preghiera dove si compiva il mistero di Dio, cercando di viverlo in una preghiera incarnata e testimoniata nel vissuto della realtà parrocchiale».
Qual è stato il messaggio che, in questi 32 anni, avete cercato di diffondere ai giovani che partecipavano alle Tendopoli o agli altri eventi del gruppo Tend. Quale il filo conduttore di questo percorso?
«Dietro tutta questa storia c’è una figura che si chiama San Gabriele ed è una provocazione continua. Si tratta di una proposta concreta, insita nella forza di San Gabriele di fare una scelta radicale, di nascondersi, di scomparire, di seppellirsi dentro un convento. Tutto questo ha portato dei grandi risultati, con il Santuario a lui dedicato che ha una media di 2 milioni di pellegrini l’anno. Questo perché la spiritualità, la radicalità di questo giovane, arriva ai ragazzi e li convince a fare una scelta di fede. San Gabriele come prototipo per vivere concretamente la tendopoli».
A proposito, di questi tempi si parla di emergenza educativa, nei più giovani, alla cui risoluzione la Chiesa ha dedicato il prossimo decennio. Secondo lei a cosa è dovuta e come può essere affrontata in base alla vostra esperienza?
«Che ci sia un’emergenza educativa è risputo da tempo e abbiamo scelto anche noi di accompagnare i ragazzi, in questo decennio, obbedendo ai richiami della Conferenza episcopale italiana. Vogliamo aiutare anche noi i ragazzi a capire qual è il vero problema. Dove nasce l’emergenza educativa: nasce dalla dimenticanza delle radici, nasce dal fatto che il ragazzo non conosce più la motivazione per cui è al mondo. È la domanda di senso che è venuta a mancare. L’uomo non si pone più la domanda “Da dove vengo?” e “Dove vado?”. L’emergenza educativa è questa, non si sa più qual è l’uomo adulto, maturo. Nessuno lo sa più e nessuno ce lo indica. Una volta tolto che l’uomo adulto è colui che dona la vita come Cristo in croce, noi restiamo senza indicazioni di percorso, per cui scendiamo nel banale. Ognuno, poi, ha la sua ricetta pio meno narcotizzante o narcotizzata per tener buona la ciurma».
E allora voi rispondete con la ricetta del giovane tendopolista: ma chi è?
«Coloro che vogliono vedere Gesù devono seguirlo per trovare la sua abitazione, che è un seminterrato sottoterra. Se il chicco di grano non muore, rimane solo. Il tendopolista è un uomo che vive nella precarietà assoluta, pellegrino in cammino verso l’assoluto e sa benissimo che deve, come il chicco di grano ogni giorno, donarsi, scomparire per dare la possibilità alla verità che lo abita di venire fuori».
Quanti sono gli aderenti a questo gruppo, divenuto ormai un’importante realtà nazionale ed internazionale?
«È difficile fare dei numeri. Abbiamo la tendopoli in Venezuela, in Colombia e in Italia. Tra l’altro, nel nostro Paese, la tendopoli si è diffusa anche come gruppo famiglie, crescendo. Siamo ormai migliaia in Italia, cercando di aiutare questi ragazzi ad essere un segno per il mondo».
Qual è il messaggio di San Gabriele che potrà lanciare la sfida educativa per il futuro e vi continuerà a guidare sempre in questo cammino di preghiera e di fede?
«San Gabriele diceva: “La mia vita è una continua gioia, una continua festa”, perché si è incontrato con la verità, con Gesù. Quindi lo slogan è: “Giovanotti, volete essere felici? Seguite il Signore e sarete sempre felici!”».
Qual è lo stato di salute del Gruppo Tend in Abruzzo e nel pescarese?
«Pescara sta attraversando dei momenti difficili. Abbiamo avuto dei momenti di gloria, negli anni ’90. In quel periodo abbiamo attraversato dei bei momenti attraverso le attività di tre grandi gruppi mentre, attualmente, la situazione è più delicata. Dobbiamo riprendere il cammino, ma del resto quello del calo dei numeri è un problema di tutte le chiese. Ma ora c’è un attenzione maggiore, una responsabilità maggiore e sempre di più si comincia a diventare motivati nelle scelte che si fanno. Quindi, non sarei pessimista, ma sono ottimista perché la qualità cambierà il mondo».
Infine, padre in questo scenario di crisi globale, economica, politica, sociale, spirituale e morale, cosa salverà il mondo alla fine di tutto?
«Per spiegarlo vorrei riprendere le parole che il Santo Padre ripete spesso in questo periodo. Una cultura che presume di farsi da sola, senza Dio, si distrugge. Il nichilismo è fallito e allora bisogna recuperare Dio invece dell’io. E ora di rimettere Dio nella nostra società, recuperare il Signore come ragione della nostra vita e camminare verso di Lui. Nel frattempo, possiamo anche sbagliare, ma la società deve recuperare questa presenza di Dio nella società».