Mafie: un patrimonio fondato sull’illegalità
Ammontano ad una cifra compresa tra gli 8,3 e i 13 miliardi di euro all’anno: sono questi, in Italia, i ricavi delle organizzazioni mafiose che costituiscono solo una parte, seppur rilevante, del fatturato complessivo delle attività illegali, stimato in 25,5 miliardi di euro corrispondenti all’1,7% del Prodotto interno lordo. È questo il risultato del rapporto “Gli investimenti delle mafie” presentato ieri all’Università Cattolica di Milano da “Transcrime”, il Centro di ricerca dell’Ateneo sulla criminalità organizzata.
Uno studio frutto di un lavoro durato due anni, nato dalla collaborazione con il ministero dell’Interno che ne ha finanziato la realizzazione insieme alla Commissione europea: «Le cifre fornite – ha spiegato Ernesto Savona, direttore del Centro di ricerca – sono considerevoli, ma restano ben lontane dai pettegolezzi spesso riportati dalla stampa (si è arrivati a parlare anche di 150 miliardi di euro di fatturato delle mafie in Italia, ndr). Questo non significa sottovalutare il ricavo delle mafie, pari a circa lo 0,6% del Pil, ma dire con forza che le mafie non sono la prima industria del Paese e che, anche nelle zone ad alta incidenza della criminalità organizzata, c’è dell’altro».
Tra le organizzazioni criminali a guidare la classifica sono camorra, con 3,75 miliardi, e n’drangheta, con 3,49, che da sole raccolgono quasi il 70% dei ricavi, seguite poi da “Cosa nostra”, con 1,87 miliardi, e dalla criminalità organizzata pugliese con 1,12 miliardi: «La differenza tra i 27 miliardi di ricavi da attività illecite e i 13 attribuiti alle mafie prese in esame – ha precisato Savona – è da attribuire a un sistema eterogeneo di soggetti criminali che vanno dal singolo ladro o truffatore, alle piccole associazioni criminali fino alle mafie degli altri Paesi. Penso, ad esempio, alla crescita degli investimenti della mafia cinese, ma sono realtà non analizzate dal Rapporto e difficili da stimare».
Secondo il direttore di “Transcrime”, dunque, questo studio rappresenta solo il primo passo di un processo molto lungo: «La costituzione di questo modello – ha concluso Ernesto Savona – rappresenta, però, un passo importante dal punto di vista metodologico. Non a caso oggi daremo il via a un progetto europeo, finanziato dall’Ue, che vedrà applicare questo stesso modello in Francia, Finlandia, Irlanda, Regno Unito, Spagna e Olanda. Bisogna evitare di cadere nell’errore che si è fatto per anni in Italia: di fronte ai morti per mafia si è scelto di pensare solo alla sicurezza dimenticando le componenti economiche, ma dobbiamo tenere presente che quando il denaro illegale entra nel mercato legale è ormai troppo tardi».