Il mondo del bambino: conoscerlo per difenderlo
Si è chiuso domenica con successo il XXIII Congresso nazionale dell’Ucipem, l’Unione dei Consultori italiani prematrimoniali e matrimoniali, che nella tre giorni di lavori, dal 31 maggio al 2 giugno, ha visto intervenire oltre 260 persone, tra psicologi, psicoterapeuti, assistenti sociali e consulenti familiari, presso il centro congressi del Parc Hotel Villa Immacolata di San Silvestro a Pescara.
L’evento, organizzato dal Consultorio familiare Ucipem di Pescara presieduto da don Cristiano Marcucci, ha così approfondito il tema “Dove vanno a finire i palloncini-Il mondo del bambino”: «Abbiamo incentrato questo appuntamento – ha spiegato Gabriela Moschioni, presidente nazionale Ucipem – sul bambino essendo una di quelle realtà a cui solo la pubblicità ha dato e dà voce. Oggi ci sono dei bambini negati, nel senso che non sono stati lasciati essere tali, ci sono bambini con genitori in difficoltà, bambini adottati, bambini che subiscono il mondo dell’adulto. In tutto questo, abbiamo voluto dare attenzione al bambino perché rischia di non essere più visto, proprio come un palloncino. Vogliamo uscire, quindi, da questo congresso inseriti in una dimensione di speranza, mettendoci nell’ottica dell’ascolto e non della prevaricazione. Tutto questo, dopo aver ascoltando la voce qualificata di antropologi, psicologi e giuristi che ci hanno spiegato quali sono le interferenze del mondo adulto sul bambino».
Interferenze, queste ultime, che possono essere comprese parlando anche degli adulti: «Quando si parla di bambini – precisato Luca Proli, psicologo presso il Consultorio Ucipem di Forlì – bisogna inevitabilmente parlare di adulti, perché l’adulto è un portatore dell’infanzia. È prima di tutto una persona che è stato un bambino e ha un suo rapporto con l’infanzia». Un altro tema molto interessante, affrontato nei lavori congressuali, è stato poi quello del rapporto tra bambini e mondo digitale: «Noi genitori – ha chiarito la sociologa Chiara Giaccardi – non possiamo essere “smart” come i nostri figli, ma possiamo capire che significato ha per loro l’ambiente digitale, che è relazionale. Tra l’altro, la cultura individualista che abbiamo respirato, e che è anche fonte di tante patologie sociali, viene contestata a questo primato della relazione che si manifesta in rete e nei social network».
Ma i bambini e i figli non sono solo quelli nati dai loro genitori biologici, essendoci anche i bambini nati da altri e poi adottati, magari attraverso le adozioni internazionali: «Le ricerche internazionali – ha concluso Silvio Premoli, ricercatore in pedagogia presso l’Università Cattolica di Milano – dicono che, salvo inevitabili piccole percentuali di fallimento, l’adozione internazionale va a generalmente a buon fine, come confermato da studi longitudinali condotti su adulti adottati da piccoli che dimostrano una crescita nella media rispetto ai loro coetanei non adottati, che addirittura sopravanzano dal punto di vista dei titolo di studio conseguiti».