“Il lavoro è ibrido per il 51% dei giovani”
«Il lavoro non fa più identità ed è crisi per la rappresentanza». Lo affermato il Censis, che giovedì mattina ha ospitato il primo dei quattro incontri del tradizionale appuntamento di riflessione di giugno “Un mese di sociale”, dedicato quest’anno a “I vuoti che crescono”.
Dunque, è emerso dal confronto cui hanno partecipato tra gli altri il presidente e il direttore generale dell’Istituto, Giuseppe De Rita e Giuseppe Roma, il segretario generale di Confartigianato Cesare Fumagalli e Stefano Micelli, docente di economia presso l’Università Ca‘ Foscari di Venezia, che è “lavoro ibrido” per il 51% degli occupati di 15-24 anni, mentre sono quasi 9 milioni gli italiani in transizione da una condizione professionale a un’altra.
Sono, quindi, persone considerate senza rappresentanza: «In una terra di mezzo – spiega il Censis – tra il lavoro dipendente tradizionale e quello autonomo di tipo imprenditoriale e professionale, si è sviluppata un’area di “lavoro ibrido” che ha impattato negativamente sul sistema tradizionale della rappresentanza. Un’area che conta 3,4 milioni di occupati (il 15,1% del totale) tra lavoratori temporanei, intermittenti, collaboratori, partite Iva, prestatori d’opera occasionale».
Tra gli occupati di 15-24 anni la quota di “ibridi” è maggioritaria, pari al 50,7%: «Un milione di giovani con meno di 35 anni (il 18,8%) – aggiungono i ricercatori del Censis – teme di perdere il posto di lavoro nei prossimi mesi e solo l’11,1%, ritiene che poi sarà relativamente facile ritrovarne uno simile. Quasi nove milioni di persone, si trovano poi in una fase di transizione».
Fra questi chi cerca lavoro per la prima volta o dopo un lungo periodo di inattività, chi vive una situazione di transizione interna al mercato del lavoro, chi è impiegato in modo instabile o precario: «Solo il 15,2% degli italiani – riconosce il Censis – condivide ancora una qualche forma di appartenenza di classe, dichiarando che le persone a cui si sentono più vicini sono quelle che svolgono lo stesso lavoro (7,9%) o che hanno lo stesso reddito (7,3%)».
Ancora più debole è la forza delle ideologie, dato che solo il 5,2% degli italiani si sente vicino a persone che hanno le stesse idee politiche o la stessa fede religiosa (2,4%). Malgrado la sfiducia generalizzata verso le classi dirigenti del Paese, rappresentanze sociali comprese, la maggioranza degli italiani (il 59,7%) continua però a considerare gli organismi intermedi come un elemento centrale nel funzionamento democratico del sistema: il 42,5% li ritiene importanti.