“I divorziati risposati sono figli della Chiesa”
"La Chiesa cattolica riafferma il dono e la grazia del matrimonio indissolubile e, nello stesso tempo, cerca di trovare vie di attenzione e di misericordia verso chi ha vissuto in famiglie ferite"
«Da una parte la crisi, dall’altra il desiderio: è il problema culturale, con tutte le sue ambiguità e contraddizioni, quello da cui deve partire la Chiesa per trovare modalità nuove di annunciare la bellezza della famiglia». È stata questa la convinzione espressa da monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto e segretario speciale della terza Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei vescovi sulla famiglia, che alla vigilia dell’evento ha descritto – intervistato dal Sir – il clima di grande attesa, a volte esagerata o orientata solo su singoli aspetti, come la questione dei divorziati risposati che è una questione pastorale più che dottrinale: «La Chiesa cattolica – spiega monsignor Forte – riafferma il dono e la grazia del matrimonio indissolubile e, nello stesso tempo, cerca di trovare vie di attenzione e di misericordia verso chi ha vissuto in famiglie ferite».
In riferimento al Sinodo, il segretario speciale ha confermato che c’è una grande attesa, a volte anche esagerata o orientata solo su singoli aspetti come la questione dei divorziati risposati: «Bisogna anche dire – puntualizza l’arcivescovo di Chieti-Vasto -, però, che il questionario formulato su iniziativa del Sinodo dei vescovi e le relative risposte contengono due elementi che fanno chiarezza: da una parte, nel mondo, soprattutto in quello occidentale, la famiglia è in crisi e, dall’altra parte, c’è un grande desiderio di famiglia».
Rispondendo, poi, sulla questione dei divorziati risposati il presule ha ricordato: «Questi sono battezzati, sono figli della Chiesa, che la Chiesa ama e che la misericordia di Dio vuole raggiungere. Bisogna cercare tutte le forme per esprimere in maniera più affidabile e fondata la stessa misericordia che Dio usa verso di loro. Certamente si tratta di una questione pastorale: già Giovanni XXIII insisteva sul carattere pastorale del Concilio Vaticano II. Ciò che vogliamo testimoniare è la prossimità per le situazioni di difficoltà delle famiglie, oltre che l’impegno a proporre un messaggio di misericordia con un linguaggio nuovo».
Relativamente alla prassi da seguire, monsignor Forte ha riportato l’esempio relativo alla Chiesa ortodossa, dove non c’è un secondo o terzo matrimonio: «C’è solo il primo – sottolinea il teologo -, e dopo il primo il sacerdote dà una benedizione che non ha valore sacramentale, ma soltanto di invito alla penitenza e di invocazione della grazia di Dio, perché aiuti le persone a vivere queste situazioni inedite per loro e per le loro famiglie ferite. È una prassi condivisibile, ma ciò non significa in nessun modo che la Chiesa autorizzi un secondo o un terzo matrimonio e che venga meno alla sua fede nell’indissolubilità del sacramento. La Chiesa cattolica riafferma il dono e la grazia del matrimonio indissolubile e, nello stesso tempo, cerca di trovare vie di attenzione e di misericordia verso chi ha vissuto in famiglie ferite».