Ogni anno in Italia 3 mila diciottenni senza tutela rischiano la povertà
"In Italia - si legge nel report - manca una normativa che permetta di accompagnare con percorsi mirati i giovani in uscita dai percorsi di accoglienza residenziale e manca pure un sistema omogeneo di raccolta dati che consenta un monitoraggio periodico dei minorenni fuori famiglia ed una rilevazione specifica sulla condizione dei care leavers sia in termini di scolarizzazione, professionalizzazione ed occupabilità, che per quanto riguarda le loro destinazioni una volta usciti dalla rete dell’accoglienza"
Ogni anno nel nostro Paese sono circa 3 mila i care leavers – ovvero i giovani che in base alla nostra legislazione, raggiunta la maggiore età non possono più beneficiare della cura, della protezione e della tutela garantite dalla realtà di accoglienza residenziale – costretti, senza avere le necessarie tutele, ad avviarsi verso un percorso di autonomia economica e lavorativa. Lo rivela il report “Una risposta ai care leavers: occupabilità e accesso ad un lavoro dignitoso”, approfondimento italiano degli esiti di uno studio internazionale che Sos Children’s Villages International ha realizzato in due anni di ricerca in 11 paesi (Capo Verde, Cile, Croazia, Ecuador, Italia, Kyrgyzstan, Kosovo, Messico, Togo, Tunisia, Zimbabwe), con il coordinamento scientifico del London University College (Ucl), presentato oggi presso la sede delle Nazioni Unite a New York.
Nella stesura del report italiano, curato da Sos Villaggi dei Bambini Italia, è stata direttamente coinvolta una decina di giovani care leavers che hanno evidenziato il sostegno ancora insufficiente nel nostro Paese per chi lascia l’accoglienza “eterofamiliare”. Grazie ad una costante azione di advocacy di Sos Villaggi dei Bambini, il 27 novembre 2017 il governo italiano ha stanziato un fondo sperimentale di 15 milioni di euro per coprire i bisogni legati all’avvio autonomia di circa 500 ragazzi e ragazze in uscita da percorsi di accoglienza fuori famiglia d’origine per il triennio 2018-2020: «Un primo traguardo, ma solo un piccolo passo rispetto alle tante difficoltà che affrontano i care leavers – spiega Samantha Tedesco, responsabile dell’Area programmi e advocacy dell’associazione e membro esperto dell’Osservatorio nazionale italiano sull’infanzia e l’adolescenza, secondo la quale per sostenerli servono misure specifiche come parte integrante delle politiche di welfare nel nostro Paese».
Sono povertà ed esclusione sociale e lavorativa i rischi cui sono esposti i ragazzi fuori famiglia che, al compimento del 18° anno, sono costretti a lasciare le comunità che li hanno accolti. Ragazzi troppo giovani per cavarsela da soli: «In Italia – si legge nel report – manca una normativa che permetta di accompagnare con percorsi mirati i giovani in uscita dai percorsi di accoglienza residenziale e manca pure un sistema omogeneo di raccolta dati che consenta un monitoraggio periodico dei minorenni fuori famiglia ed una rilevazione specifica sulla condizione dei care leavers sia in termini di scolarizzazione, professionalizzazione ed occupabilità, che per quanto riguarda le loro destinazioni una volta usciti dalla rete dell’accoglienza».
Unanime la convinzione tra i ragazzi interpellati: «18 anni è troppo presto per cavarsela da soli». Tante le difficoltà incontrate: dispersione scolastica, difficoltà nell’accesso all’università, difficoltà di adattamento alla vita fuori dal contesto di accoglienza, mancanza di un tutor di riferimento che li supporti, difficoltà nel trovare alloggi economicamente sostenibili, scarsa dimestichezza nella gestione della casa e delle proprie finanze, scarsità di servizi di supporto offerti dalle istituzioni, difficoltà nell’accedere ad assistenza sanitaria e psicologica gratuita.
Nel nostro Paese la cessazione della presa in carico e della responsabilità del servizio pubblico nei confronti dei ragazzi che vivono fuori famiglia, comporta una transizione forzata e repentina verso l’età adulta che difficilmente tiene conto dei loro travagliati percorsi personali e familiari. In mancanza di una normativa specifica che si occupi del loro accompagnamento all’autonomia si sono sviluppate, negli anni a livello regionale e locale, una serie di progettualità e buone pratiche.
Si tratta per lo più di progetti gestiti dai servizi del privato sociale in collaborazione con gli enti locali, in alcuni casi sostenuti dalle Regioni con un’eccezione: quella della Regione Sardegna, unica in Italia ad aver introdotto una legge regionale specifica per i neomaggiorenni dimessi dai servizi di accoglienza residenziale (L.r.4/2006), con un programma sperimentale di inclusione sociale denominato dal 2015 “Prendere il volo” e definito “programma di accompagnamento personalizzato volto a consentire a giovani dimessi dalle comunità residenziali per minori di affrontare con successo il passaggio dal contesto protetto all’autonomia e di completare il proprio percorso formativo” (DGR 47/16 del 29/09/2015).
Interamente finanziato dalla Regione Sardegna, il programma si rivolge a giovani dai 18 ai 25 anni per i quali prevede la definizione di un progetto personalizzato della durata massima di tre anni. Nel 2010 è nata l’Associazione “Agevolando”, la prima fondata da giovani che hanno vissuto questa esperienza (oggi 150 soci) e che nel 2014 ha creato il primo Care Leavers network in Emilia Romagna.