Martin Luther King: “Il sogno di poter vivere assieme la sua grande eredità”
"Pur se ci appaiono lontani i giorni in cui leggi sancivano la segregazione razziale - osserva il presidente della Repubblica Mattarella -, i giorni della pacifica protesta degli afroamericani che rifiutarono di utilizzare i mezzi pubblici, delle marce che esprimevano l’insopprimibile valore dell’uguaglianza tra i cittadini, la forza di quelle battaglie civili permane in tutta la loro attualità"
Saranno i 39 tocchi della campana del santuario dell’Immacolata concezione a Washington ad onorare alle 19:05 di oggi la memoria del reverendo Martin Luther King, ucciso 50 anni fa a Memphis, dove si era recato a difesa dei lavoratori afro-americani impiegati nei servizi igienici: «Il numero 39 è stato scelto per onorare gli anni vissuti dal dottor King su questa terra – dichiara la Conferenza episcopale americana, che con questo tributo ha voluto rendere omaggio all’eredità di King e alla sua resistenza non violenta alle ingiustizie. – Questa è un’opportunità per fermarci e riflettere personalmente su ciò che stiamo facendo per costruire la cultura di amore, rispetto e pace a cui il Vangelo ci chiama e non possiamo non chiederci come stiamo cercando di aiutare i nostri fratelli e sorelle che stanno ancora soffrendo sotto il peso del razzismo».
Campane in onore della vita di King suoneranno, per la prima volta, al National Civil Rights Museum di Memphis, e al King Center di Atlanta. A queste si uniranno intorno alle 18.07, quelle di tante scuole e chiese cattoliche, e non solo, in tutto il mondo, come richiesto da Bernice King, la figlia più giovane del padre dei diritti civili.
Saranno invece 50, come l’anniversario dell’assassinio, gli atti di gentilezza e di servizio verso i membri della propria comunità proposti dal King Center di Atlanta per superare le barriere culturali e razziali. Questi gesti saranno condivisi su una piattaforma e potranno ispirare molti altri a realizzarli nel proprio contesto. La campagna terminerà il 28 agosto giorno in cui King pronunciò, a Washington, il famoso discorso “I have a dream” (Ho un sogno). Sul sito sono presentati diversi esempi che possono migliorare la vita comunitaria: dall’accompagnare un anziano al cinema e riaccompagnarlo a casa, al raccogliere la spazzatura di una strada, ridipingere un centro sociale, fare doposcuola per i bambini, cercare un rapporto con chi è diverso da te per background culturale e razziale.
A Memphis il vescovo Martin D. Holley, ricorderà in una messa sia King che san Martino de Porres, poiché anche quest’ultimo ha lavorato per l’armonia tra le razze e le culture proprio perché anche lui figlio di una ex schiava e di un aristocratico spagnolo. Alla messa seguirà un corteo “Together We March” (Marciamo insieme) dove si ricorderà il lavoro del più giovane premio Nobel per la Pace (King lo ricevette a 35 anni) e la sua fede, “fondamento della sua battaglia per l’uguaglianza, ispirata anche alla pacifica disobbedienza di Gandhi”. La marcia si concluderà con un momento di silenzio e vedrà sfilare per la città vescovi e sacerdoti che hanno partecipato al Movimento dei diritti civili, laici, politici che lavorano per la giustizia sociale, studenti e tutti coloro che seguono il lascito di M.L. King.
Anche i vescovi della Conferenza episcopale italiana, ne hanno ricordato i tratti significativi: «La grande eredità di Martin Luther King – riconosce monsignor Angelo Spreafico, vescovo di Frosinone e presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo – è quella di un uomo che ha sognato in un mondo diviso dal razzismo, dalla contrapposizione, da un secolo di guerre, che si poteva vivere assieme. Tra le tante cose che ha scritto e detto, colpisce oggi questo messaggio “Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci ma non abbiamo ancora imparato la semplice arte del vivere insieme come fratelli”. Penso che questo sia stato il suo grande sogno».
Un sogno, a suo dire, ancora molto attuale: «E direi – aggiunge -, anche una battaglia che noi oggi dobbiamo continuare in questa società difficile, dove la convivenza sembra a volte diventata impossibile, dove i profughi mettono paura e si fa fatica a capire il dramma vissuto da chi è riuscito ad arrivare da noi, se prima non è morto nel deserto, nei campi profughi, in mare, nel Mediterraneo. Noi oggi ancora non capiamo che i muri non servono a far vivere insieme, anzi, distruggono la convivenza e impediscono di conoscere l’altro».
Ma cosa direbbe all’Italia di oggi il pastore battista, premio Nobel per la pace e paladino dei diritti umani? «Direbbe – risponde Spreafico – di non avere paura di essere un Paese che viene da una grande tradizione culturale e religiosa e di non avere paura di essere un Paese con i confini larghi capace di accogliere e soprattutto di integrare, di vincere la paura con l’amore che costruire ponti anziché distruggerli, di conoscere per superare l’inimicizia e di vivere quel grande sogno che Martin Luther King ha trasmesso all’America di allora e al mondo intero».
Da parte delle istituzioni, è stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a ricordare la figura del leader pacifista: «La figura di Martin Luther King – afferma – è simbolo di umanità, di pace, di libertà. Il vile agguato di Memphis, spezzò la sua vita consacrata all’impegno per superare le discriminazioni razziali e affermare i diritti inviolabili di ogni persona. Pur se ci appaiono lontani i giorni in cui leggi sancivano la segregazione razziale, i giorni della pacifica protesta degli afroamericani che rifiutarono di utilizzare i mezzi pubblici, delle marce che esprimevano l’insopprimibile valore dell’uguaglianza tra i cittadini, la forza di quelle battaglie civili permane in tutta la loro attualità».
E secondo Mattarella, il sogno di quello che ha definito un grande profeta – bambini neri e bambini bianchi destinati a camminare mano nella mano – è tuttora vivo e attuale: «E alimenta – aggiunge il Capo della Stato – la coscienza di quanti ogni giorno cercano di costruire un mondo migliore, capace di rispettare la dignità di ogni essere umano. I passi avanti compiuti negli ordinamenti, nei modelli sociali, nella cultura costituiscono un patrimonio condiviso dai popoli».
Ma molto, a suo dire, resta ancora da fare: «Nuove e vecchie discriminazioni si affacciano – conclude il presidente della Repubblica – e, contro di esse, vale la lezione del grande leader americano che, con il metodo della non violenza, ha dimostrato come si possa davvero costruire la pace e una società più libera e più giusta. Alle donne e agli uomini del nostro tempo saper raccogliere la sua eredità».