“Abbiamo bisogno di riscoprire la freschezza di donare la vita al Signore”
"Il Signore - auspica monsignor Valentinetti - ci aiuti a camminare su questa direttrice e ci aiuti ad impegnarci per tornare ad avere delle vocazioni necessarie, per poter essere fedeli ai carismi e alla santità a cui siamo chiamati"
«Abbiamo bisogno di riscoprire la freschezza del dono della nostra vita al Signore. Lo dico per voi religiosi, per me e per i presbiteri diocesani, per essere anche noi più santi, più coerenti con il Vangelo e più attenti nel cogliere i germi di vocazione che pure il Signore, a piene mani, continua a effondere nella sua Chiesa». Lo ha affermato ieri sera monsignor Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne, presiedendo la Santa Messa in occasione della diciannovesima Giornata mondiale della vita consacrata oltre che dell’odierna ricorrenza della Candelora, la festività che ricorda la presentazione di Gesù al Tempio.
Un evento nell’evento, dunque, quello celebrato presso una chiesa dello Spirito Santo gremita di fedeli, ma soprattutto di delegazioni delle famiglie religiose, maschili e femminili, nonché degli istituti di vita consacrata presenti e attivi nell’arcidiocesi di Pescara-Penne. E sono stati proprio quest’ultimi a prendere parte all’iniziale benedizione delle candele, portandole poi in processione all’interno della chiesa: «O Dio – introduce, in preghiera, monsignor Valentinetti -, fonte e principio di ogni luce che oggi hai rivelato al Santo vecchio Simeone il Cristo vera luce di tutte le genti, benedici questi ceri e ascolta le preghiere del tuo popolo, che viene in contro a Te con questi segni luminosi e con inni di lode guidalo sulla via del bene perché giunga alla luce che non ha fine».
Con queste parole, dunque, la liturgia eucaristica, animata dai Gruppi di preghiera di Padre Pio e dalla fraternità della Gioventù francescana presso la Basilica della Madonna dei Sette Dolori, è entrata nel vivo con l’omelia dell’arcivescovo di Pescara-Penne dedicata all’attualissimo tema delle vocazioni in costante calo: «Senza offendere nessuno – ammonisce il presule – i miei confratelli presbiteri, eccettuando qualcuno, hanno più o meno la mia età e forse qualcuno anche di più e le sorelle qui in chiesa, eccettuando qualcuna, anche loro hanno una certa età. Penso, con difficoltà e fatica, al giorno in cui dovesse perdersi il lumicino della testimonianza di tante congregazioni religiose, maschili e femminili, nella nostra realtà diocesana: sarebbe perdere davvero una parte importante di questo nostro vivere nella fede, nella speranza e nella carità».
E non a caso, Papa Francesco ha voluto dedicare l’anno in corso proprio alla vita consacrata, per indurre la Chiesa a riflettere a partire dal segno della fedeltà al carisma: «Molti istituti religiosi – ricorda Valentinetti – hanno riunito i capitoli generali per rivedere e riattualizzare il carisma dei loro fondatori, o fondatrici, perché loro in questo tempo potessero essere segno di amore e di presenza di Cristo nel mondo. Il carisma, del resto, porta sempre una freschezza e una leggerezza che dà coraggio, forza e sprono e per questo credo che sia importante andare a rileggere non tanto le costituzioni che regolano le vostre famiglie religiose, ma quanto andare a rivedere le intuizioni geniali dei vostri fondatori che hanno portato alla nascita dei vostri istituti».
È lì che, a detta di monsignor Valentinetti, si gioca la grande partita della coerenza al Vangelo: «I fondatori e le fondatrici – osserva il presule – sono stati ispirati dal Vangelo, che è anche presente davanti a noi. Ma se noi non ci ispiriamo a quel carisma nella sua autenticità e nella sua veridicità, noi tradiamo ciò che ci è stato trasmesso da coloro che sono venuti prima di noi e, soprattutto, tradiamo il Vangelo e l’azione che ha ispirato quel carisma. Questo non vuole essere un rimprovero, ma un’esortazione a rileggere la vita dei santi fondatori».
Ed è proprio la loro santità a dover ispirare la nostra santità: «I vostri fondatori – aggiunge l’arcivescovo – sono stati tutti molto inseriti nella storia del loro tempo e dentro quella storia hanno vissuto la loro santità. Domandiamoci noi, dento questa storia, se viviamo la santità e in cosa la riconosciamo. I nostri, i vostri fondatori hanno fatto cose straordinarie, ma anche loro sono stati attenti a scoprire nel piccolo, nelle situazioni più difficili e particolari, la possibilità di mettersi al servizio dell’umanità e della Chiesa perché gli uomini e le donne che incontravano sul loro cammino, potessero realmente respirare la via di Dio».
Su tutto questo, dunque, urge riflettere: «Il Signore – auspica il presule – ci aiuti a camminare su questa direttrice e ci aiuti ad impegnarci per tornare ad avere delle vocazioni necessarie, per poter essere fedeli ai carismi e alla santità a cui siamo chiamati. Non è certo un tempo facile, una stagione in cui le vocazioni arrivano, ma ci sono vocazioni in quelle terre dove le congregazioni, che voi rappresentate, sono fedeli a quell’umanità che essi incontrano nella loro storia. Noi, oggi, dobbiamo riscoprire la possibilità di rispondere al Signore dentro questa storia».
Riflessioni, quelle poste dall’arcivescovo Valentinetti, che saranno oggetto di meditazione da parte delle famiglie religiose pescaresi: «Uomini e donne – replica Padre Maurizio Erasmi, responsabile formativo diocesano delle famiglie religiose – che tendono quotidianamente alla fedeltà e che promuovono la santità. Vogliamo raccogliere queste due note, da intonare con le note più belle di cui noi siamo capaci».
E la realizzazione di questo obiettivo, insieme a quello di far rifiorire le vocazioni, sarà agevolata da un gesto che, nei prossimi mesi, le comunità religiose ripeteranno: «Tre rappresentanti – conclude don Marco Pagniello, direttore dell’Ufficio diocesano Vocazioni -, per ogni espressione religiosa presente, prenderanno dalle mani dell’arcivescovo una lampada. Così, a partire da oggi, le nostre famiglie religiose maschili e femminili oltre agli istituti di vita consacrata saranno coinvolti in una staffetta vocazionale, che vedrà tre lampade passare di comunità in comunità, per dar vita ad una preghiera ininterrotta e condivisa. Un modo semplice, ma significativo per vivere l’anno delle vita consacrata e sollecitare la generosità di Dio».