Siria: l’Isis tiene in ostaggio decine di famiglie cristiane ad Hassaké
"Abbiamo la sensazione - afferma l’arcivescovo Hindo - di essere stati abbandonati nelle mani dei miliziani dell’Is. Lunedì i bombardieri americani hanno sorvolato più volte l’area, ma non sono intervenuti. Abbiamo cento famiglie assire che hanno trovato rifugio ad Hassakè, ma non hanno ricevuto nessun aiuto dalla Mezzaluna Rossa e dagli organismi governativi siriani di assistenza, forse perché sono cristiani"
L’Isis avanza in Siria e conquista due villaggi cristiani assiri nella regione del Khabour. La notizia è stata diffusa ieri dall’archimandrita (superiore di una congregazione, specie nelle chiese cristiane orientali) Emanuel Youkhana del Capni (Christian Aid Program Nohadra-Iraq) e rilanciata da Aiuto alla Chiesa che soffre: «I terroristi – annuncia l’archimandrita – hanno circondato due villaggi del governatorato di Hassaké (al confine con l’Iraq): Tel Shamiram e Tel Hormizd. Decine di famiglie sono state fatte prigioniere: 50 di Tel Shamiram, 26 di Tel Gouran e 28 di Tel Jazira, mentre altri 14 giovani (12 uomini e 2 donne) sono tenuti in ostaggio dai miliziani sunniti. Un diciassettenne di nome Milad è stato martirizzato e ucciso».
Il vescovo Mar Aprem Athniel, dalla sua diocesi del luogo, conferma all’archimandrita che l’Isis sta avanzando rapidamente in tutto il governatorato, mettendo a serio rischio la vita dei cristiani che abitano i 35 villaggi della zona. I terroristi avrebbero scelto di attaccare la regione del Khabour perché sconfitti sull’altro fronte caldo, quello di Kobane, dai combattenti del Pyd (Democratic Union Kurdish Party).
La battaglia è iniziata verso le 4 del mattino di lunedì 23 febbraio e in breve tempo i miliziani sono riusciti a penetrare nei primi 2 villaggi, facendo prigioniere decine di persone: «Fortunatamente – spiega l’archimandrita Youkhana – circa 600 famiglie sono riuscite a fuggire verso Qamishly, ma siamo preoccupati per la sorte di coloro che sono tenuti in ostaggio. Conosciamo bene i metodi barbari dell’Is: ciò che più conta per noi, adesso, è che queste persone siano liberate il prima possibile».
Purtroppo le chiese di Tel Hormidz e Tel Shamiram sono state già devastate e bruciate: «Ma la speranza – auspica Youkhana – è che i combattenti del Pyd e l’esercito siriano fermino l’avanzata dell’Is, così come confidiamo nel fiume Khabour, il cui livello delle acque costituisce un argine naturale all’avanzata dei terroristi». Conferme arrivano anche dall’arcivescovo siro-cattolico di Hassaké-Nisibi, monsignor Jacques Behnan Hindo: «I terroristi – riferisce a Fides il presule – hanno preso decine di ostaggi, con l’intenzione forse di usarli per richiedere riscatti o per uno scambio di prigionieri. Lunedì sera, alle 21.30, le milizie curde ci hanno detto di essere riuscite a riprendere Tel Hormuz, con l’aiuto dei battaglioni formati da cristiani siri. Ma non abbiamo ancora conferme».
Dunque, secondo monsignor Hindo, l’offensiva dei jihadisti ha messo in luce responsabilità e comportamenti deplorevoli da parte di diversi altri soggetti: «Voglio dire chiaramente – afferma l’arcivescovo – che abbiamo la sensazione di essere stati abbandonati nelle mani dei miliziani dell’Is. Lunedì i bombardieri americani hanno sorvolato più volte l’area, ma non sono intervenuti. Abbiamo cento famiglie assire che hanno trovato rifugio ad Hassakè, ma non hanno ricevuto nessun aiuto dalla Mezzaluna Rossa e dagli organismi governativi siriani di assistenza, forse perché sono cristiani. Anche l’organismo per i rifugiati dell’Onu è latitante».
La regione del Khabour conta 35 villaggi cristiani. Essi sono abitati dagli assiri che nell’agosto 1933 fuggirono dal massacro di Simele, commesso dalle forze armate dell’allora Regno d’Iraq e che provocò la morte di circa 3 mila persone. La speranza di queste famiglie è quella di tornare un giorno nella loro patria, in Iraq. Per questo gli abitanti del Khabour continuano a definire le loro abitazioni come “campi” e non come “villaggi” o “città”.