“Il Sinodo potrebbe essere l’inizio di una Chiesa nuova, che accoglie”
Non è stato un Sinodo sull’omosessualità - racconta il cardinale Gerard Cyprien Lacroix -, ma sulla famiglia: però è chiaro che nelle nostre famiglie ci sono queste persone". "I divorziati risposati - conferma monsignor Van Looy -, sono stati ascoltati moltissimo. Il Sinodo è partito da questo ascolto fatto in questi due anni in tutto il mondo"
«Potrebbe essere l’inizio di una Chiesa nuova, all’insegna della tenerezza verso tutte le persone». Con questa frase monsignor Lucas Van Looy, vescovo di Gent, ha risposto alle domande dei giornalisti circa l’esito del Sinodo sulla famiglia che sta per concludersi in Vaticano.
Per il cardinale Gerard Cyprien Lacroix, arcivescovo di Quebec, inoltre, potrebbe essere la fine di una Chiesa che dà giudizi: «A favore, invece, – precisa – di una Chiesa che accoglie, che cammina con le persone, che parla con chiarezza».
Il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio giustizia e pace, ha parlato di un Sinodo emblematico della vita della Chiesa: «Il matrimonio – spiega – è un sacramento, come tutti gli altri sacramenti che seguono il battesimo è un sacramento di discepolato. Il Sinodo, allora, è un’occasione di rivivere questo sacramento, di capire il discepolato: il matrimonio celebrato dalla Chiesa è una celebrazione di discepolato, di gente che ha cercato di fare un cammino con il Signore».
Non è qualcosa che si fa con i nostri poteri nativi: «Come il sacerdozio – commenta il cardinale Tukson -, è un sacramento che richiede la grazia del Signore. Quando trascuriamo questo, lo viviamo come un nostro affare, le problematiche si mostrano».
Ed è un coro unanime quello, emerso al briefing odierno, secondo cui al Sinodo l’omosessualità non è un tabù: «Non so come sarà il documento finale nella sua versione definitiva – dichiara il cardinale Gerard Cyprien Lacroix, arcivescovo di Québec -, ma in tutto il Sinodo si è parlato di persone con tendenza omosessuale che fanno parte delle nostre famiglie. Non è stato un Sinodo sull’omosessualità, ma sulla famiglia: però è chiaro che nelle nostre famiglie ci sono queste persone».
Su questo argomento, è tornato a parlare anche monsignor Lucas Van Looy: «Non parlerei di tabù – puntualizza il vescovo di Gent -. Ne abbiamo parlato in maniera molto aperta e condivisa». E l’omosessualità non sembra essere un tabù neanche per l’Africa: «Si dice – ironizza presidente del Pontificio Consiglio giustizia e pace – che in Africa l’omosessualità sia un tabù, ma bisognerebbe prima visitare la Russia. Qualunque libro di psicologia negli anni Settanta presentava l’omosessualità come una anormalità».
Ma oggi la comprensione è cambiata: «Per questo – ricorda Turkson -, si deve concedere a quei Paesi che hanno difficoltà di crescere nella comprensione di questa esperienza. Non è detto che quello che accade in Occidente, debba accadere in tutti gli altri Paesi. Bisogna non criminalizzare il fenomeno, ma anche non vittimizzare le persone».
Ma anche la situazione dei divorziati risposati, come tutte le situazioni delle famiglie in difficoltà, è stata ascoltata moltissimo al Sinodo sulla famiglia che si chiuderà domenica in Vaticano: «I divorziati risposati – conferma monsignor Van Looy -, sono stati ascoltati moltissimo. Il Sinodo è partito da questo ascolto fatto in questi due anni in tutto il mondo. La pastorale familiare non si riferisce unicamente alle famiglie in difficoltà, ma è evidente che chi ha più difficoltà richiami maggiore attenzione».
Per questo si è data più attenzione alle famiglie che fanno più difficoltà, alle famiglie che fanno più fatica ad essere fedeli: «Ogni vescovo del mondo – ricorda padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede – sente decine di testimonianze di famiglie in difficoltà: al Sinodo le esperienze sono un po’ simboliche, tutti ne conoscono talmente tanti di esempi così che li portano nel cuore».