Il Governo incassa fiducia su unioni civili. Cei: “Una sconfitta per tutti”
"Rispetto alla stesura originale del disegno di legge, indubbiamente, alcuni punti particolarmente negativi come l’introduzione della stepchild adoption sono venuti meno – riconoscono Stefano e Rita Sereni, responsabili Area famiglia e vita dell'Azione cattolica -, ma le questioni al centro della legge sono di grandissima importanza e, per questo, ci sembra quanto mai fuori luogo il ricorso del governo alla fiducia"
Il Governo ha incassato la fiducia della Camera, posta sul disegno di legge sulle Unioni civili, con 369 sì, 193 no e 2 astenuti. L’aula, ora, passerà ad esaminare i 39 ordini del giorno a cui seguiranno le dichiarazioni di voto sul ddl.
La votazione finale sul testo, per il via libera definitivo del parlamento alla legge, già approvata dal Senato dopo lo stralcio della stepchild adoption (l’adozione del figlio del partner), dovrebbe arrivare tra le 18 e le 19.
Una decisione quella di porre la fiducia, comunicata ieri dalla ministra per le Riforme istituzionali Maria Elena Boschi scatenando discussioni e polemiche a partire dalla replica piccata della Conferenza episcopale italiana: «Il Governo – riflette monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei – ha le sue logiche, le sue esigenze, probabilmente avrà anche le sue ragioni, ma il voto di fiducia, non solo per questo governo ma anche per quelli passati, spesso rappresenta una sconfitta per tutti. C’è la necessità di politiche che siano più attente, e che davvero mettano al centro l’importanza della famiglia, fatta di madre, padre, figli».
Anche dal mondo dell’associazionismo cattolico, giungono critiche in relazione alla fiducia posta dal Governo e approvata dalla Camera dei deputati: «Il ricorso del Governo alla fiducia sul ddl sulle unioni civili è fuori luogo – attaccano Stefano e Rita Sereni, responsabili dell’Area famiglia e vita dell’Azione cattolica -. Solo un serio confronto avrebbe potuto portare a una soluzione legislativa, in grado di interpretare il sentire profondo degli italiani. Rispetto alla stesura originale del disegno di legge, indubbiamente, alcuni punti particolarmente negativi come l’introduzione della stepchild adoption sono venuti meno – riconoscono -, ma le questioni al centro della legge sono di grandissima importanza e, per questo, ci sembra quanto mai fuori luogo il ricorso del governo alla fiducia».
Temi delicati, quelli al centro della nuova legge, che a detta della coppia avrebbero meritato più riflessione: «Una legge per regolare le convivenze omosessuali – aggiungono i coniugi Sereni -, probabilmente andava fatta, ma ogni legge deve essere fatta bene, perché riguarda tutti gli individui, tutta la società e quello che essa vuole essere. Avremmo perciò preferito che si tornasse a discutere, a confrontarsi senza pregiudizi e senza secondi fini, per trovare una soluzione legislativa che davvero potesse interpretare il sentire profondo degli italiani, arrivando a un punto alto di sintesi».
L’unione civile è un tentativo di riconoscere alle coppie omosessuali un loro specifico statuto, senza modificare il concetto di matrimonio e il nesso di quest’ultimo con la filiazione: «Ora si tratta di vedere – afferma Andrea Nicolussi, ordinario di diritto civile all’Università cattolica di Milano – se i giudici applicheranno la legge o se alcuni di loro si faranno strumento della battaglia intorno al matrimonio e al suo significato simbolico. Sotto questo profilo, purtroppo, non fa ben sperare quella giurisprudenza che, a dispetto della nostra legge sulle adozioni, si è inventata di sana pianta l’adozione in casi particolari a favore del partner omosessuale. C’è il rischio che per via giudiziale si finisca per riscrivere la Costituzione e che al paradigma della filiazione, incentrato sulla responsabilità genitoriale per il fatto generativo, si sostituisca un paradigma volontaristico dell’autodeterminazione genitoriale, che inevitabilmente trascura la soggettività dei figli».
A detta del giurista, inoltre, il ddl Cirinnà risulta sbilanciato sulle unioni civili: «Mentre – rileva Nicolussi – le convivenze di fatto non vedono risolti alcuni dei loro problemi principali, come la determinazione del tempo minimo e le questioni di diritto successorio. Più fiducia nel dibattito e ascolto delle diverse opinioni avrebbero aiutato».
Una legge che ha i suoi pro e i suoi contro, anche a detta dei costituzionalisti: «Non è una buona legge – spiega Lorenza Violini, ordinario di diritto costituzionale all’Università statale di Milano -, perché poteva essere più precisa nell’individuare un profilo autonomo rispetto al matrimonio».
Una valutazione fatta in riferimento alla sentenza della Corte costituzionale 138 del 2010, in cui si puntualizzava la differenza tra matrimonio e altre forme di unione: «Tuttavia una legge andava fatta – osserva – ed è bene che una legge ci sia. Dobbiamo prendere atto che siamo ormai in un ordinamento, che deve tener conto della realtà europea. Inoltre una legge trovava la sua ragion d’essere nella necessità di una tutela della parte più debole di queste coppie, anche se poi il testo approvato raggiunge solo in parte questo obiettivo».
Positivo, a suo dire, anche l’aver escluso dal provvedimento il tema dei minori e dell’adozione: «Che riguarda – continua – un bene diverso da quello della coppia. Il discorso sulle adozioni dev’essere fatto in modo autonomo, organico e nelle sedi appropriate».
Tra le forze politiche, hanno votato no alla fiducia i deputati della Lega nord e di Forza Italia: «Questo – tuona Renato Brunetta, capogruppo di Fi alla Camera – è un matrimonio vero e proprio, contrabbandato per unioni civili. Altro aveva chiesto la nostra Corte costituzionale, cioe di normare le unioni civili, cosa sulla quale noi siamo totalmente d’accordo, anche con nostre proposte di legge. Ma diciamo no all’omologazione delle unioni civili al matrimonio».
La maggior parte dei 369 sì alla fiducia, sono stati invece espressi dai deputati del Partito democratico: «Ci sono voluti più di trent’anni – celebra Alessia Morani, deputata Pd – dalla presentazione del primo progetto di legge, e tutta una serie di sigle e di acronomi, per arrivare finalmente a una legge di civiltà. Le unioni civili non sono un tema etico, non ci interrogano sulla nostra coscienza, sulle nostre convinzioni culturali, ma si tratta di diritti per i cittadini a prescindere dall’orientamento sessuale. Grazie a questa legge, non ci saranno più famiglie di serie A e B. Oggi avviamo un percorso che punta ad annullare ogni discriminazione».
Sì alla fiducia anche dai deputati di Area popolare (Ncd-Udc), che in Senato avevano condizionato il loro sì allo stralcio (poi avvenuto) della stepchild adoption: «Abbiamo fatto un patto di maggioranza – conferma il deputato Ap Raffaele Calabrò – e oggi noi abbiamo votato la fiducia perché siamo certi che il Governo manterrà fede al patto, e senza quel patto viene meno la fiducia. Area popolare vota la fiducia senza il dubbio di avere tradito i principi in cui crede».