Palermo chiama… Pescara risponde
"Non abbiamo bisogno di un’antimafia di eroi - sottolinea l’ex presidente della Commissione parlamentare antimafia Forgione -, ma di persone normali che rivendicano la loro dignità e i loro diritti. Falcone e Borsellino non erano degli eroi, erano dei magistrati che compievano il loro dovere, lo sono diventati loro malgrado svelando e combattendo la mafia"

Palermo ha chiamato e Pescara ha risposto con l’entusiasmo e il calore di 1.500 studenti di scuola primaria e secondaria provenienti da Abruzzo, Marche e Molise, che ieri hanno gremito il Palasport Giovanni Paolo II del capoluogo adriatico per ricordare le vittime delle stragi mafiose di Capaci e via D’Amelio, in occasione del loro ventiquattresimo anniversario, con l’organizzazione di Ministero dell’Istruzione, Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, associazione Falcone e Borsellino e Ipssar De Cecco.
Nella prima persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Di Cillo e Antonio Montinaro; nella seconda morirono il giudice Paolo Borsellino e gli agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Cusina e Claudio Traina. Questi nomi, simboli della lotta alla mafia, sono stati ancora una volta pronunciati dalla voce del Prefetto di Pescara Francesco Provolo, tra gli applausi scroscianti e commossi di studenti e insegnanti, seguiti dal silenzio riprodotto dalla tromba di Tony Corvettiero.
Poco prima l’esecuzione dell’Inno di Mameli, interpretato da Piero Mazzocchetti, a cura della Fanfara della Polizia di Stato diretta dal maestro Silverio Mariani. Questi i momenti culminanti della manifestazione “Palermo chiama Italia”, che ha collegato in contemporanea Pescara, Roma, Napoli, Bari, Milano, Gattatico (Reggio Emilia), Firenze-Campi Bisenzio, Barile (Potenza) fino a Palermo, dove aveva luogo la cerimonia principale all’interno di quell’aula bunker dell’Ucciardone che nel 1986 fu teatro del primo grande maxi processo a Cosa nostra, istruito proprio da Falcone e Borsellino.
Dieci città unite non solo dal filo rosso del ricordo, ma anche da quello della testimonianza per tramandare i valori imprescindibili della legalità e della partecipazione attiva alle nuove generazioni, la missione che Falcone stesso affidò ai giovani con quella frase “Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”.
E se queste idee continuano a camminare 24 anni dopo, lo si deve anche alla dedizione e alla tenacia di uomini delle istituzioni come Francesco Forgione, presidente della Commissione parlamentare antimafia dal 2006 al 2008, intervenuto ieri a Pescara: «Non abbiamo bisogno di un’antimafia di eroi – sottolinea l’esperto calabrese -, ma di persone normali che rivendicano la loro dignità e i loro diritti. Falcone e Borsellino non erano degli eroi, erano dei magistrati che compivano il loro dovere, lo sono diventati loro malgrado svelando e combattendo la mafia».
E Cosa nostra, in questi giorni, è tornata perfino a sparare in Sicilia, con l’attentato al presidente del Parco dei Monti Nebrodi Giuseppe Antoci colpevole di intralciare gli affari delle cosche: «Oggi le mafie – denuncia Forgione – sono delle lobbies economico-finanziarie che producono un fatturato annuo compreso fra i 120 e i 130 miliardi di euro. E noi i mafiosi non solo dobbiamo sbatterli in galera, ma dobbiamo anche prendergli i soldi, le case e le terre per ridestinarle ad uso sociale».
E a proposito di criminalità organizzata, con l’occasione di è fatto il punto anche sulla presenza delle cosche nelle attività economiche abruzzesi, attraverso l’analisi condotta dal vice presidente del Consiglio superiore della magistratura Giovanni Legnini nel corso del collegamento televisivo con il Tg1 da Palermo: «L’Abruzzo, come le altre regioni, – spiega – non è un’isola felice e si manifestano frequenti tentativi di infiltrazioni mafiose».
Inevitabile, poi, una domanda sul caso delle infiltrazioni malavitose, in occasione della ricostruzione post sisma nel capoluogo regionale: «A L’Aquila – replica Legnini – la società, le forze economiche e le istituzioni dispongono di anticorpi solidi. Questi tentativi di infiltrazioni che si sono verificati, e che la magistratura aquilana ed abruzzese hanno prontamente individuato e represso insieme alle Forze dell’ordine, sono stati respinti».
Del resto, a dire che l’Abruzzo non è più un’isola felice rispetto alle infiltrazioni della criminalità organizzata, è stata la Procura distrettuale abruzzese fin dal 1992 individuando le cosche alle porte. Infatti risale al 1984, durante la ricostruzione post sisma del 1984 in Alto Sangro, la prima intromissione della Camorra nella nostra regione. Anche per questo nella ricostruzione dell’Aquila, il cancro dell’infiltrazione mafiosa è stato prontamente individuato e distrutto.
Al termine del suo intervento Giovanni Legnini, accompagnato dal sindaco di Pescara Marco Alessandrini, ha visitato il Villaggio della legalità allestito all’esterno del palasport con Polizia, Carabinieri, Guardia di finanza e Corpo forestale dello Stato che avevano allestito una serie di stand, per raccontare agli alunni delle scuole primarie la loro quotidiana attività di contrasto al crimine. Ieri, sono state premiate anche le scuole partecipanti al concorso “Diamo forza al nostro impegno. Partecipazione attiva per la lotta contro la mafia”, attraverso svariati elaborati.
Simbolo di una legalità da coltivare, un po’ come lo è l’albero Falcone sotto l’abitazione palermitana del magistrato, è stata quindi la consegna di due alberi di magnolia al sindaco Alessandrini, che verranno piantati nel giardino della Scuola primaria Bosco di via Monte Siella.