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Rom: “Mettono radici a tempo, ma bisogna conoscere per integrare”

"Serve un lavoro di ascolto e di veicolazione della vera verità - esordisce monsignor Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne -, senza speculare per parlare alla pancia cattiva degli italiani che si inalberano contro ogni tipo di accoglienza e integrazione. Invece, spesso, i social e gli altri mezzi di comunicazione riportano notizie fuori da ogni tipo di verità, come quella secondo cui la Caritas e la Chiesa sarebbero contrarie ai respingimenti dei migranti perché questo farebbe crollare il business dell’accoglienza. Se c’è qualcuno che ha fatto business sull’accoglienza, questi non sono né la Caritas né la Chiesa"

Lo ha affermato ieri don Marco Pagniello, direttore della Caritas pescarese, tirando le conclusioni del progetto RoMondo per l’integrazione dei rom a Pescara

Don Marco Pagniello, direttore di Caritas italiana

Arrivano a Pescara provenendo soprattutto dalle aree del sud danubiano-Calaresi-Suceava, Bacau e dalla Transilvania-Craiova Sud della Romania alla ricerca di una vita migliore, per vivere poi in case abbandonate o baracche tra i cespugli dietro la stazione ferroviaria di Montesilvano o accampandosi per terra nei pressi della stazione centrale di Pescara. Sono i rom romeni, la cui presenza è difficile da quantificare vivendo di espedienti quali la raccolta del ferro e l’elemosina, per la cui integrazione la Fondazione Caritas dell’arcidiocesi di Pescara-Penne si è spesa col progetto RoMondo, appena concluso dopo 7 anni di attività, raccontato ieri dal convegno “Rom, Ţigan e Gagè: percorsi di comunità nella società dell’informazione”, promosso dalla stessa Fondazione Caritas pescarese insieme all’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo, per guardare ai rom superando gli stereotipi: «Zingari, rom, nomadi, gagé – premette don Marco Pagniello, direttore della Caritas diocesana di Pescara-Penne -. Termini che tendono ad un’identificazione dai confini stringenti, marchianti, entrati nella dialettica comune con aggettivi qualificativi di comportamenti, condotte e stili di vita, invece che di connotazione culturale di determinati popoli».

Stefano Pallotta, presidente Ordine giornalisti d’Abruzzo

Tutto questo anche a causa dello stile comunicativo e della dialettica utilizzata dai mass media: «Su questo – afferma Stefano Pallotta, presidente dell’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo – c’è la nostra volontà e la nostra capacità di riportare in primo piano la qualità dell’informazione che nel corso degli anni, anche a causa dell’avvento dei social e delle nuove tecnologie, ha subito qualche flessione dal punto di vista della credibilità e della qualità. Crediamo che puntare sulla deontologia e sull’etica professionale, rispetto alle regole che ci siamo dati, faccia la differenza tra una comunicazione non verificata e non di qualità e una comunicazione giornalistica della critica delle fonti, in grado di distinguere quelle vere da quelle false».

Carlo Stasolla, presidente associazione 21 luglio

Secondo l’Osservatorio sui mass media dell’associazione Articolo 21, che monitora 126 tra giornali nazionali e internazionali, nel 2017 sono stati registrati 182 fenomeni di discorsi d’odio, di cui 51 sono stati considerati gravi divenendo oggetto di azioni legali. Ma a prescindere da ciò, la stigmatizzazione sociale dei rom da parte della comunità italiana è molto forte: «Secondo un’indagine condotta sui sei Paesi più popolosi d’Europa, Francia, Germania, Italia, Spagna, Polonia e Regno Unito – denuncia Carlo Stasolla, presidente dell’associazione 21 luglio -, l’86% degli italiani ha un’opinione negativa nei confronti della comunità rom e, rispetto agli anni precedenti, ci rendiamo conto di come l’avversità degli italiani verso i rom sia un fenomeno diffuso, consolidato, strutturale e svincolato da congiunture economiche e presenza dei rom nel nostro Paese».

Mons. Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne

Secondo la Chiesa pescarese, del resto, il ruolo dei giornalisti è cruciale per realizzare una comunicazione che vada oltre pregiudizi e stereotipi: «Serve un lavoro di ascolto e di veicolazione della vera verità – esordisce monsignor Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne -, senza speculare per parlare alla pancia cattiva degli italiani che si inalberano contro ogni tipo di accoglienza e integrazione. Invece, spesso, i social e gli altri mezzi di comunicazione riportano notizie fuori da ogni tipo di verità, come quella secondo cui la Caritas e la Chiesa sarebbero contrarie ai respingimenti dei migranti perché questo farebbe crollare il business dell’accoglienza. Se c’è qualcuno che ha fatto business sull’accoglienza, questi non sono né la Caritas né la Chiesa che, anzi, hanno investito molte risorse per dare ospitalità ai bisognosi. Poi nella fattispecie dei rom non si può pensare che per qualcuno che si comporta male, e molti di loro ci hanno fornito esempi su questo, tutti loro debbano essere discriminati. L’Italia è un Paese libero, aperto e civile, oltre che dalle lontane radici cristiane e quindi aperto all’accoglienza. Certo, oggi la situazione non è facile, ma la paura è una cattiva consigliera e può mettere in difficoltà una possibile e normale integrazione. Se noi avremo paura degli atri, gli altri avranno paura di noi e questo può generare solo violenza. Invece, io credo fermamente al brano evangelico “Non rispondete al male con il male, ma rispondete al male con il bene”, perché solo così si può raggiungere una pacifica convivenza».

Erminio Di Filippo, coordinatore progetto RoMondo

Gli operatori della Caritas, attraverso il progetto RoMondo, ce l’hanno messa tutta visitando dapprima scuole e parrocchie cittadine e dando vita a laboratori scolastici interculturali, oratori con assistenza scolastica-doposcuola per i ragazzi rom: «Gli stessi operatori Caritas – precisa Erminio Di Filippo, coordinatore del progetto RoMondo – seguivano i ragazzi in classe, al mattino, continuandoli a seguire negli oratori di pomeriggio. Per questi ultimi ci siamo avvalsi della collaborazione delle parrocchie limitrofe alle scuole perché i ragazzi rom, avendo famiglie scarsamente scolarizzate, non venivano seguiti nello studio personale».

I ragazzi in questione sono quelli legati alle famiglie che, dagli anni ’60, hanno messo radici nei quartieri periferici di Rancitelli, San Donato e Fontanelle: «Attraverso i laboratori – racconta Federica Del Gallo, operatrice della Fondazione Caritas – abbiamo fatto immergere intere classi in un viaggio interattivo, per far scoprire ai ragazzi come la cultura rom sia parte della cultura del mondo, arrivando a comprendere da dove nasce il pregiudizio affinché assumessero un punto di vista positiva, superando gli stereotipi».

Stefania La Spada, operatrice Fondazione Caritas

Importante anche la successiva fase dell’inclusione socio-lavorativa anticipata da una educativa: «Avendo a che fare con giovani poco scolarizzati – continua Di Filippo -, abbiamo inserito un percorso formativo, prima di avviarli a tirocini formativi veri e propri». E i risultati, nonostante qualche resistenza, sono stati incoraggianti: «Abbiamo registrato – riporta Stefania La Spada, operatrice della Fondazione Caritas – 52 accolti per l’orientamento socio-lavorativo di cui 33 uomini e 19 donne, 15 tirocini formativi attivati per 12 uomini e 3 donne, nonché 7 persone inviate a corsi di formazione professionale di cui 6 uomini e una donna».

Luigina Tartaglia, operatrice Fondazione Caritas

Nel 2017, infine, un’unità di strada con quattro operatori ha mappato i rom romeni sul territorio di Pescara e Montesilvano: «Su 465 contatti – approfondisce Luigina Tartaglia, operatrice della Fondazione Caritas – abbiamo rilevato 193 rom rumeni, ai quali abbiamo proposto servizi di orientamento, di accompagnamento socio-sanitario, distribuendo loro materiale informativo. Vivono nell’area della stazione di Pescara, perché è un punto di snodo con i mezzi pubblici per raggiungere altre località abruzzesi e marchigiane, dove praticare l’accattonaggio eseguendo brani musicali per poi rientrare nel capoluogo adriatica che, essendo una città media, li fa sentire più sicuri anche fisicamente».

Ma i rom non sono stanziali: «Il nostro progetto – riflette don Marco Pagniello -, ci ha fatto capire che il popolo rom vuole mettere radici, ma a tempo determinato. Vuole stare in un luogo, finché da esso può trarne qualcosa. Bisogna partire da questo da di realtà per costruire percorsi d’inclusione. A noi spetta il compito di sfruttare il tempo per conoscersi, come abbiamo fatto in 7 anni di attività, e avere risultati perché non si potrà mai raggiungere integrazione ed inclusione senza una conoscenza dell’altro. Questo è il nostro obiettivo primario».

Ancora, rivolgendosi ai giornalisti, ha rivolto un appello traendo spunto dall’attualità: «Avrete appreso dalla stampa del giovane investito da rom a Roma e del clamore suscitato – conclude il direttore della Caritas diocesana -. A Canosa Sannita, qui da noi, poco dopo è successo la stessa cosa, ma alla guida non c’era un rom e di questo si è parlato pochissimo. Bisogna far conoscere la verità dei fatti senza pregiudizi».

I relatori del convegno ieri all’Auditorium Petruzzi di Pescara

Quindi una considerazione sul fenomeno migratorio che non smette di suscitare polemiche: «C’è una libertà di partire e di restare nella propria terra – aggiunge il presbitero -, ma se lì non c’è cultura, non c’è cibo, non c’è diritto alla salute o all’istruzione, credo che sia normale assistere alla migrazione».

Comunque, ognuno di noi può fare qualcosa per favorire l’integrazione: «Il negoziante che fa fare la chiamata al rom che chiede l’elemosina davanti al negozio – conclude don Marco – il barista che offre caffè e cornetto, quello che fanno gli operatori sociali e che potrebbe fare ognuno di noi. Questa, secondo me, è l’unica via per poter integrare e costruire questa civiltà nuova che o l’accogliamo e la governiamo, oppure ce l’avremo ugualmente. Forse, quindi, è cosa buona governare questo fenomeno e fare ciascuno la nostra parte».

About Davide De Amicis (4383 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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